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lunedì 11 settembre 2023

Heiner Flassbeck - La recessione tedesca è sempre più profonda

"Fino a quando la situazione dei tassi di interesse elevati e la deflazione dei prezzi a livello dei produttori interni resterà invariata, non ci sarà alcun segnale di ripresa" scrive il grande economista tedesco Heiner Flassbeck, e prosegue: "a meno che i responsabili della BCE non comprendano rapidamente che la loro visione delle cose è inadeguata, non possiamo escludere una crisi economica prolungata". Un articolo molto interessante di Heiner Flassbeck da Relevante Oekonomik



Prosegue il rallentamento dell'economia tedesa. Anche nel primo mese del terzo trimestre, la produzione e gli ordini dell'industria tedesca stanno attraversando una fase recessiva. Gli indicatori di sentimento più recenti, come l'indice ifo e il PMI markit, rilevati ad agosto, sono chiaramente in diminuzione. Non è quindi più possibile escludere che la recessione assuma dimensioni più ampie.

Il Ministro federale dell'Economia definisce la situazione "sfidante", ma non rende giustizia alla realtà quando si limita a parlare di una fase attuale di debolezza economica e ammonisce contro le critiche rivolte alla Germania in quanto luogo di produzione. Sia il governo che l'opposizione continuano a credere che possano affrontare questa enorme sfida, originata dalla politica errata della BCE in materia di tassi di interesse (come recentemente spiegato qui), con una miscela eterogenea di misure (di recente denominate "Patto per la Germania" dal Cancelliere). E questo è un errore fondamentale.

Ulteriore calo nei nuovi ordini e nella produzione

I nuovi ordinativi nell'industria tedesca sono noti per la loro elevata volatilità (Figura 1) a causa dell'incidenza periodica di grandi ordini, presumibilmente legati a contratti governativi nel settore della difesa, che spesso distorcono la tendenza ciclica di base verso il basso.

nuovi ordini andamento germania
Andamento nuovi ordini Germania 

Senza l'influenza dei grandi ordini, è possibile osservare una tendenza più chiara, soprattutto tra le piccole imprese e le PMI (Piccola e Media Impresa) (Figura 2). Attualmente, questo indicatore è inferiore di quasi il 15% rispetto ai picchi registrati nel 2017 e nel 2021. Dal 2022, si osserva una costante tendenza al ribasso. Questo ribasso riguarda sia l'indicatore generale, che riflette l'industria manifatturiera nel suo complesso, che il sottoindicatore dell'industria produttrice di beni strumentali.

Ordinativi senza grandi ordini

Nel caso degli ordini di beni strumentali, escludendo i grandi ordini dal mercato interno (le due curve più scure nella Figura 3), è evidente l'assenza di una tendenza alla stabilizzazione. Considerando che questo indice aveva una base di 100 nel 2015, un valore attuale inferiore al 90 riflette quanto sia in difficoltà l'attività di investimento in Germania, nonostante tutti i programmi istituzionali a livello nazionale e comunitario per promuovere la transizione ecologica dell'economia.

Investimenti nei beni strumentali

La diminuzione della domanda sta iniziando a influire sulla produzione: la stagnazione degli ordini nell'industria e nell'edilizia sta diventando evidente, e a causa della mancanza di nuovi ordini, la produzione sta gradualmente diminuendo. Questa tendenza si riflette chiaramente anche nel settore dei beni strumentali. Tuttavia, poiché questo indicatore non distingue tra grandi ordini e andamento delle vendite, è probabile che l'andamento sia ancora più negativo di quanto sembri, il che è significativo per le prospettive di cambiamento strutturale e di crescita della produttività.

Andamento produzione nell'industria tedesca

Questo scenario deve essere considerato alla luce del fatto che le imprese industriali in Germania e nell'intera area dell'euro si trovano a fronteggiare prezzi che sono pressoché stagnanti o addirittura in calo, mentre i tassi di interesse rimangono relativamente alti. Le differenze nei tassi di crescita dei prezzi alla produzione tra i quattro principali paesi dell'UE sono essenzialmente attribuibili al settore dell'energia, come evidenziato nel confronto tra le figure 5 e 6. Escludendo l'energia, i tassi di crescita dei prezzi alla produzione in Germania, Francia, Italia e Spagna seguono un andamento praticamente parallelo (Figura 6). Le differenze nei dati complessivi (Figura 5) sono principalmente dovute alla variazione dei prezzi nel settore energetico. Inoltre, in questo confronto tra paesi, la Germania non registra l'aumento più significativo dei prezzi durante la crisi energetica.

Figura- Prezzi alla produzione nei principali paesi UE

Prezzi alla produzione senza energia

Il tasso di crescita dei prezzi alla produzione nell'intera area dell'euro (Figura 7) è ora inferiore al due percento, se si esclude il settore energetico, mentre includendo l'energia, la cifra arriva al -7,6 percento. Tuttavia, ciò che è veramente rilevante per le imprese è la variazione dei prezzi da un mese all'altro (Figura 8).

Figura 7

Figura 8

In questo caso, i tassi senza l'energia sono già negativi, e lo sono comunque quando si considera l'energia. Nonostante i responsabili della BCE abbiano sottolineato l'importanza delle aspettative di inflazione dei cittadini per il comportamento futuro, sembrano ignorare la probabilità che attualmente le aspettative di prezzo delle imprese siano negative. In questo contesto, i tassi di interesse appaiono chiaramente troppo elevati per sostenere qualsiasi forma di sentiment positivo per gli investimenti senza un massiccio sostegno pubblico.

Heiner Flassbeck


A meno che i responsabili della BCE non comprendano rapidamente che la loro visione delle cose è inadeguata, non possiamo escludere una crisi economica prolungata. Come mostra il grafico 9, un'analisi basata sul trend mensile non suggerisce alcuna minaccia inflazionistica nell'area dell'euro.

Figura 9

Infine, vale la pena notare che le previsioni per il 2024 dovrebbero essere affrontate con grande cautela. È prassi comune per molti analisti economici presentare cifre positive alla fine del loro orizzonte di previsione, anche se le condizioni iniziali erano sfavorevoli. E questo crea una sorta di effetto "luce alla fine del tunnel". Tuttavia, è importante sottolineare che la direzione attuale dell'economia è chiaramente in discesa. Un'inversione di tendenza richiede impulsi, dato che un'economia di mercato non può stabilizzarsi autonomamente solo grazie all'azione parallela dei singoli attori economici privati. Questo è stato dimostrato dalla "recessione invernale leggera" che si è verificata a partire dal quarto trimestre del 2022, la quale ha mostrato che non esiste un meccanismo automatico che riporti l'economia sulla via della crescita. Rimanere inattivi nella speranza che tutto si risolva da solo, seguendo l'idea che "ciò che scende, prima o poi risale" o che "alti e bassi sono parte integrante del ciclo economico", rappresenta una strategia economica errata basata su una comprensione distorta dei processi economici globali e delle relative dinamiche.

Le recenti previsioni di vari istituti (IfW a Kiel, IWH a Halle e ifo a Monaco) condividono tutte una prospettiva di ripresa rapida delle esportazioni tedesche, con un aumento del surplus della bilancia commerciale al di sopra del 6% per l'anno in corso, dopo il 4,2% del 2022, e una previsione di superare addirittura il 7% nel 2024 (IfW e ifo). Tutti e tre gli istituti prevedono che l'attività di investimento privato in attrezzature non sarà frenata nell'anno in corso, nonostante l'alto livello dei tassi di interesse e la contrazione dell'attività economica. Tuttavia, come dimostrano gli indicatori precedentemente menzionati nel settore dei beni strumentali in Germania, questa prospettiva sembra basarsi su un'ottimismo infondato. È ancora incerto se l'estero, in particolare l'Europa, soggetta alla stessa politica dei tassi di interesse della Germania, sarà in grado di generare una domanda sufficientemente robusta da consentire ai produttori tedeschi di esportare nei volumi previsti.

Fino a quando la situazione di tassi di interesse elevati e la deflazione dei prezzi a livello di produttori interni rimarrà invariata, non ci sarà alcun segnale di una ripresa. Gli uomini politici saggi farebbero bene a coordinarsi con i loro colleghi europei e ad interrogare la BCE all'interno dell'Eurogruppo.


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mercoledì 23 agosto 2023

Flassbeck - La BCE deve agire prima che tutta Europa finisca in recessione

"Alla luce della recessione in Germania e dell'incombente recessione in tutta Europa, è imperativo che i leader della politica tedesca ed europea si siedano immediatamente al tavolo con il presidente della BCE per affrontare i pericoli deflazionistici e per sollecitare una rapida inversione di rotta nella politica monetaria" scrive il grande economista tedesco Heiner Flassbeck.

Heiner Flassbeck crisi economica germania

Anche in Germania i prezzi alla produzione sono ormai in caduta libera. Dopo che nei mesi precedenti erano stati registrati elevati tassi di crescita negativi sia in Spagna che in Italia, le statistiche di luglio mostrano un meno sei per cento anche per la Germania. E questo è solo l'inizio. Anche se questo indicatore non dovesse continuare a scendere mese dopo mese fino a settembre (cosa che ha fatto regolarmente negli ultimi mesi), il dato per agosto e settembre si aggirerà intorno al meno 15 per cento. 

E questo è quasi esattamente lo scenario che Friederike Spiecker e io abbiamo descritto nel marzo di quest'anno. Il che non significa altro che già in primavera era facile capire che in Germania e in Europa non c'era una vera inflazione, ma solo aumenti temporanei dei prezzi il cui chiaro livellamento era già da tempo evidente a qualsiasi osservatore obiettivo.

Ora, al più tardi, è chiaro che la BCE e tutti gli allarmisti dell'inflazione avevano fondamentalmente torto quando sostenevano che dall'estate scorsa fosse in atto un pericoloso processo di inflazione che poteva essere fermato solo da un rallentamento dell'economia orchestrato dalla BCE. I successivi aumenti dei tassi di interesse da parte della BCE hanno già causato danni enormi. 

Alla luce della recessione in Germania e dell'incombente recessione in tutta Europa, è imperativo che i leader della politica tedesca ed europea si siedano immediatamente al tavolo con il presidente della BCE per affrontare i pericoli deflazionistici e per sollecitare una rapida inversione di rotta nella politica monetaria. 

Se la BCE aspetta fino a settembre e poi eventualmente non prende ancora una decisione in direzione di un taglio significativo dei tassi d'interesse, il resto della politica non potrà più evitare che l'economia venga gravemente colpita non solo quest'anno, ma anche l'anno prossimo. Chi tace ora è direttamente responsabile degli enormi danni causati da questa politica sbagliata.


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lunedì 14 agosto 2023

Heiner Flassbeck - Inutile combattere la recessione senza aver capito le vere cause della crisi economica della Germania

Intervento molto interessante del grande economista tedesco Heiner Flassbeck il quale dalle pagine di Relevante Oekonomik ci spiega perchè non ha senso combattere la recessione tedesca senza prima aver compreso le vere cause della crisi economica. Se da un lato il governo è ostaggio dei dogmi rigoristi di Lindner, dall'altro la politica monetaria restrittiva della BCE sta portando l'economia tedesca ed europea verso la recessione. Per Flassbeck in Europa non ci sarà un soft landing, anzi, senza un drastico cambio di rotta della BCE ci andremo a schiantare. Ne scrive Heiner Flassbeck e Friederieke Spiecker su relevante-oekonomik.com/


Heiner Flassbeck
Heiner Flassbeck

Il lungo dibattito sulla "recessione invernale", la recessione "tecnica" o "lieve" in Germania, che sarebbe stata superata nel corso dell'anno, è giunto al termine. Nel frattempo, gli indicatori sono diventati troppo opprimenti e le critiche da parte degli imprenditori troppo forti, perché il declino dell'economia tedesca possa ancora essere derubricato dalle autorità responsabili della politica economica e dai media.

Questa tendenza negativa si profilava già da oltre sei mesi, come si può leggere in un articolo di inizio dicembre 2022. La recessione è basata su una carenza di domanda: la maggior parte dei cittadini - sia in Germania che in mezzo mondo - quest'anno hanno avuto meno potere d'acquisto rispetto all'anno scorso; i redditi reali sono diminuiti a causa dell'incremento dei prezzi dell'energia e di molti altri prodotti alimentari.

La perdita di potere d'acquisto è avvenuta proprio nel momento in cui l'economia aveva appena iniziato a riprendersi dagli effetti della pandemia da COVID-19. Molte aziende in diversi settori, infatti, così come la forza lavoro, avevano già attraversato un periodo difficile e non avevano accumulato riserve da un precedente boom, come invece di solito accade alla fine di un ciclo congiunturale "normale" dopo un periodo di crescita.

Tra l'inizio della flessione e l'ammissione da parte del governo che la congiuntura è debole, è trascorso molto tempo prezioso che avrebbe potuto e dovuto essere utilizzato per stimolare positivamente l'economia. Ciò che pesa particolarmente è il fatto che la politica monetaria europea sta amplificando in modo massiccio la carenza di domanda causata principalmente da fattori in gran parte esogeni legati all'aumento dei prezzi. Inoltre, in Germania si sta attuando una politica fiscale prociclica, vale a dire il tentativo dello Stato di risparmiare e spendere meno proprio quando la domanda complessiva è insufficiente. L'interazione di questi fattori ha il potenziale di trasformare una debolezza economica in una recessione duratura.

Questi due gravi errori nella politica economica devono essere identificati e corretti rapidamente se nel breve termine si vuole invertire il trend congiunturale e prevenire una spirale potenzialmente negativa. L'attuale dottrina economica mainstream, tuttavia, sembra puntare nella direzione errata.  Handelsblatt ha intervistato dieci economisti tedeschi per chiedere loro quali misure dovrebbero essere prese con urgenza. Le risposte, ad eccezione di una, non rivelano nemmeno un tentativo di analisi macroeconomica completa. Gli intervistati ignorano le ragioni centrali del peggioramento della congiuntura economica. Ciò che viene menzionato essenzialmente nei loro consigli riguarda le condizioni quadro, il cui cambiamento potrebbe non essere un errore, ma che non affrontano davvero le cause della situazione attuale e quindi non promettono una soluzione adeguata e tempestiva ai problemi.

domenica 6 agosto 2023

Heiner Flassbeck - La crisi dell'economia tedesca è grave mentre la BCE sta portando l'Europa verso il baratro

"IL FATTO CHE I POLITICI DEMOCRATICAMENTE ELETTI IN TUTTA EUROPA OSSERVINO SENZA COMMENTARE E IMPOTENTI IL MODO IN CUI I TECNOCRATI DELLA BCE CONTINUANO A MUOVERSI NELLA DIREZIONE SBAGLIATA CAUSANDO DANNI ENORMI, È INSPIEGABILE. TUTTAVIA, QUESTA È LA DIRETTA CONSEGUENZA DEL MANDATO SBAGLIATO CHE LA GERMANIA HA IMPOSTO ALLA BCE" SCRIVE IL GRANDE ECONOMISTA TEDESCO HEINER FLASSBECK. SECONDO FLASSBECK LA CRISI ECONOMICA TEDESCA STA ACCELERANDO MENTRE LA BCE CON LA SUA POLITICA MONETERIA RESTRITTIVA CI STA PORTANDO VERSO IL BARATRO. DA RELEVANTE-OEKONOMIK.COM

Heiner Flassbeck
Heiner Flassbeck

La situazione economica in Germania è pessima, anzi, estremamente critica. Indicatori come il cosiddetto Markit PMI (reperibile qui) ipotizzano per l'industria tedesca uno scenario altrettanto catastrofico simile a quanto accadde durante la grande crisi finanziaria globale del 2008/2009 o durante lo shock causato dal coronavirus nel 2020. A luglio, l'indice Ifo è crollato in modo massiccio. Il recente bank lending survey della Banca Centrale Europea (BCE) dimostra l'impatto significativo della stretta monetaria: la concessione di credito alle imprese sta calando rapidamente. Tuttavia, i responsabili del governo e della banca centrale sembrano voler ignorare la realtà. Non vogliono vedere ciò che sta accadendo, perché rifiutano di ammettere quanto siano state errate le loro stime e previsioni.

Si inizia con il Ministro dell'Economia federale, il quale continua a negare la realtà. Nel suo ultimo rapporto mensile, infatti, scrive che i dati attuali sugli indicatori congiunturali indicano solo una "moderata dinamica di tipo congiunturale" dopo una netta flessione alla fine del primo trimestre e una "graduale ripresa dell'industria nei prossimi mesi". Questo non è ottimismo sfrenato, ma un rifiuto ostinato della realtà, simile ai bambini che credono di poter respingere una minaccia acuta semplicemente chiudendo gli occhi.

Ma ci sono anche altre figure di responsabilità che mancano della competenza necessaria per effettuare una valutazione realistica della situazione e per adottare misure adeguate. La BCE, che ha un impatto significativo sulla situazione economica dei paesi membri, sembra essere bloccata dai suoi errori del passato, come dimostrato in numerose occasioni insieme a Friederike Spiecker (l'ultima volta qui).

A causa di un'errata convinzione collettiva, la BCE si è convinta di dover combattere l'inflazione" a prescindere dalla situazione economica e dalle cause dell'aumento dei prezzi. Ma questo ha trasformato lo shock da domanda causato dal massiccio aumento dei prezzi delle materie prime in una spirale negativa per l'economia europea: l'attività di investimento delle aziende nel settore delle costruzioni e dell'industria, infatti, ora sta soppiantando la debolezza originaria dei consumi come principale causa di avvitamento dell'economia.

Nonostante sia ormai evidente che non vi è stata alcuna pressione inflazionistica significativa dall'inizio dell'anno in corso, ma una tendenza deflazionistica globale, i sostenitori di una rigida lotta all'inflazione all'interno della BCE e nelle banche centrali nazionali continuano a lanciare allarmi riguardo una presunta inflazione dei prezzi al consumo. Di fatto ignorano deliberatamente gli indicatori chiaramente anticipatori, come i prezzi alla produzione o all'ingrosso, che segnalano già la deflazione, perché non vogliono ammettere i propri errori. La BCE, che a marzo di quest'anno considerava i prezzi alla produzione del settore industriale come un indicatore chiave per comprendere la pressione sui prezzi al consumo, ora però non menziona più questi dati.

Prezzi alla produzione in Germania

Nonostante non ci sia stata alcuna pericolosa accelerazione dei salari in Europa e nonostante le evidenti perdite in termini di potere d'acquisto reale, la BCE continua a insistere sulla minaccia degli "aumenti salariali". Questo è ingiusto, poiché è stata proprio la BCE a dichiarare prematuramente come "inflazione" quegli aumenti temporanei dei prezzi provenienti dall'esterno. Nonostante questa grave valutazione errata, la maggior parte dei sindacati europei non è stata abbastanza forte da evitare significative perdite in termini di salario reale. L'uso di pagamenti una tantum è stato un modo ragionevole per limitare le perdite in termini di salario reale (soprattutto per le fasce salariali più basse) senza adeguare i salari all'"inflazione". Ora, enfatizzare lo sviluppo salariale come una vera minaccia inflazionistica è solo un tentativo disperato di distogliere l'attenzione dai propri fallimenti.

Inoltre, il responsabile dell'FMI per l'Europa, Alfred Kammer, ha rilasciato affermazioni fuorvianti. 

In un post sul blog, infatti scrive che "le pressioni inflazionistiche probabilmente persisteranno per un po'. I lavoratori cercheranno di recuperare il potere d'acquisto attraverso salari più alti, mentre le aziende cercheranno di proteggere i profitti adeguando i prezzi al dettaglio all'aumento del costo del lavoro. Non prevediamo un ritorno dell'inflazione al target prima della metà del 2025, e l'inflazione potrebbe dimostrarsi più persistente se, ad esempio, le aspettative inflazionistiche aumentassero o la percentuale di contratti salariali con clausole di indicizzazione retroattive aumentasse."

Pertanto, è normale che in un'economia di mercato le aziende cerchino di proteggere i loro profitti quando i salari aumentano. Se la concorrenza tra i produttori funziona, le aziende in media trasferiranno gli aumenti dei costi unitari del lavoro nei prezzi, quindi la parte degli aumenti salariali che non viene compensata dal miglioramento della produttività. Questa evidenza empirica è chiara per quasi tutti i paesi del mondo (come dimostrato qui): negli ultimi quarant'anni non ci sono stati aumenti dei margini dei prezzi a piacere per le aziende, e non c'è nulla che suggerisca che ciò sia cambiato dal 2021. Almeno l'FMI dovrebbe saperlo.

Tuttavia, non è affatto chiaro perché dovrebbero essere proprio le aziende al dettaglio a trasferire gli aumenti del costo del lavoro. Nei settori all'ingrosso e alla produzione, i prezzi stanno scendendo, sebbene anche in questi settori vengano pagati salari normali. Se la pressione salariale fosse generalizzata, non avremmo una deflazione nei settori non legati al consumo. Le preoccupazioni riguardo alle aspettative di inflazione, che sono sempre presenti, si verificherebbero a tutti i livelli di produzione e vendita, non solo al dettaglio. Questa non è un'analisi teorica, ma una speculazione ingiustificata, il cui unico scopo è giustificare il comportamento degli economisti della banca centrale europea. Se l'FMI non ha nulla di utile da dire, sarebbe meglio che stesse zitto.

Il fatto che i politici democraticamente eletti in tutta Europa osservino senza commentare e impotenti come i tecnocrati della BCE continuano a muoversi nella direzione sbagliata causando danni enomri, è inspiegabile. Tuttavia, questa è la diretta conseguenza del mandato sbagliato che la Germania ha imposto alla BCE. Chi sostiene che il suo mandato riguardi esclusivamente la stabilità dei prezzi si sbaglia, e inoltre sta offrendo una scusa a buon mercato. Così la recessione viene spiegata come un prezzo inevitabile da pagare per garantire la stabilità dei prezzi. E l'affermazione secondo la quale la stabilità dei prezzi è un beneficio sociale indispensabile per il quale la banca centrale sta combattendo, viene presentata senza spiegare di cosa si tratta effettivamente la stabilità dei prezzi in un periodo di grandi shock dei prezzi provenienti dall'esterno.

La BCE quindi continuerà con la sua politica errata e alzerà nuovamente i tassi di interesse. Se nessuno si assumerà la responsabilità personale delle decisioni sbagliate, gran parte della popolazione perderà definitivamente fiducia nella democrazia. Anche se le connessioni non sono chiare nel dettaglio, è giusto presumere che la "gente in alto" stia fallendo e, tuttavia, non stia affrontando le conseguenze dei propri errori, ma che alla fine saranno invece le "persone comuni" a pagare il prezzo delle loro azioni.


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lunedì 24 luglio 2023

Heiner Flassbeck - I gravi errori del governo di Berlino che stanno spingendo l'economia tedesca ed europea verso la recessione

Il grande economista tedesco Heiner Flassbeck ci spiega perché il governo di Berlino sta commettendo dei gravi errori che presto porteranno l'economia tedesca ed europea verso la recessione. Ne scrive Heiner Flassbeck su Relevante Oekonomik

Heiner Flassbeck
Heiner Flassbeck


Nel mondo civilizzato chiunque voglia guidare un'auto deve dimostrare di saper valutare correttamente la direzione di marcia e la velocità del proprio veicolo, di padroneggiare gli ausili per la stabilizzazione e di avere una certa visione d'insieme della situazione del traffico. Questo obbligo di prova incontra il favore generale della popolazione, poiché chi desidera guidare può mettere in grave pericolo non solo se stesso, ma anche gli altri, se non possiede le competenze e le conoscenze necessarie.

Coloro che guidano l'economia nazionale, tuttavia, non devono dimostrare nulla del genere, anche se i loro errori di giudizio e di condotta potrebbero comportare un pericolo generale per la vita e il benessere della popolazione, un pericolo enorme.

Questi paragoni emergono quando si descrive il modo in cui il governo federale tedesco sta gestendo l'economia del Paese. In generale, sembra non comprendere quanto pericolose possano essere le dinamiche una volta che l'economia si trova su di una china scivolosa. Ciò deriva direttamente dalla fiducia nei presunti poteri di auto-guarigione dei mercati, una visione condivisa almeno da un partner della coalizione. Concretamente, il governo sta trascurando i segnali che indicano che l'economia continuerà a scivolare e che non si riprenderà da sola. Di conseguenza, i responsabili della politica economica non sembrano essere disposti a utilizzare le leve disponibili per stabilizzare in tempo il sistema.

Una volta che l'economia si muove in una direzione o nell'altra, il comportamento microeconomico degli attori economici privati tende a rafforzare tale direzione, sia che si tratti di un rialzo o di un ribasso. Per scongiurare o addirittura invertire un movimento verso il basso, è sempre necessaria una politica economica che disponga di strumenti forti per frenare la discesa e invertire la direzione. Ad esempio, se l'economia sta precipitando a causa di fattori esterni come la guerra in Ucraina o una crisi energetica, è indispensabile prestare particolare attenzione e avere il coraggio di affrontare le situazioni di fronte alla realtà e agire di conseguenza.

La Germania e l'Europa proprio in questa fase stanno affrontando una spirale negativa causata da fattori esterni. A peggiorare la situazione, c'è anche il fatto che l'ambito politico più influente che potrebbe contrastare questa tendenza, si è già schierato dalla parte sbagliata: la politica monetaria, infatti, sta aumentando i tassi di interesse, accelerando così il declino economico. Sebbene sia probabile che la politica monetaria prevarrà, c'è la preoccupazione che la politica fiscale possa ulteriormente esacerbare la spirale negativa. Infatti, il progetto di bilancio per il 2024 del governo tedesco prevede una significativa riduzione dell'indebitamento netto, che di fatto agirebbe da ulteriore stimolo nei confronti della tendenza al ribasso. La giustificazione dietro questa scelta è il rispetto dello Schuldenbremse presente nella Costituzione. Ma cosa prevede la Costituzione se l'economia tedesca dovesse collassare a causa del tentativo di aderire a questa misura finalizzata alla restrizione del debito? E cosa ne sarebbe della stabilità politica se una recessione rafforzasse gli estremismi politici?

Ma dove il governo vede un forte stimolo del settore privato?

Chiunque persegua una linea di politica economica prociclica dovrebbe avere almeno qualche argomento in favore del fatto che l'economia privata non andrà in ginocchio, nemmeno sotto la pressione di questa politica economica. Ma se si studiano i pronunciamenti ufficiali, non si trova alcun concetto plausibile in questo senso.

Secondo il rapporto mensile di giugno della Bundesbank tedesca, il PIL quest'anno dovrebbe registrare una contrazione dello 0,3%. Nonostante ciò, il presidente della Bundesbank afferma che: "[L'economia tedesca] si trovava in una cosiddetta recessione "tecnica" all'inizio dell'anno. Ciò accade quando il prodotto interno lordo reale diminuisce per due trimestri consecutivi. In questo caso, l'elevata inflazione ha pesato soprattutto sui consumi privati. A partire dalla primavera, tuttavia, l'economia tedesca dovrebbe essere tornata a crescere, seppur in modo contenuto. Pertanto, i forti aumenti salariali dovrebbero aver stabilizzato la spesa dei consumatori nonostante l'elevata inflazione."

Nel suo progetto di bilancio per il 2024, il governo tedesco si basava sulle sue proiezioni di primavera, in cui si ipotizzava ancora una lieve crescita economica. Il Ministero federale delle Finanze, concentrato sul rispetto del freno al debito per l'anno prossimo, scrive nella bozza introduttiva:

"Per il resto del 2023, il declino dell'inflazione, l'aumento dei salari, l'allentamento delle restrizioni dell'offerta e la ripresa dell'economia globale suggeriscono una ripresa economica." Tuttavia, gli ultimi indicatori del sentiment indicano anche l'esistenza di rischi al ribasso. Complessivamente, nella proiezione di primavera, il governo federale ipotizza un aumento del PIL reale dello 0,4% nel 2023.


Il Ministero Federale dell'Economia tuttavia condivide un cauto ottimismo quando scrive:


"Al momento non si osserva una recessione "economica" nel senso di un crollo prolungato e profondo della produzione economica con capacità sottoutilizzate, calo degli investimenti, diminuzione dell'occupazione e aumento della disoccupazione. ... Tuttavia, gli attuali indicatori economici non lasciano presagire una ripresa significativa nel secondo trimestre ... La prevista ripresa economica in Germania sembra quindi essere ulteriormente ritardata. Considerando il calo dei prezzi sui mercati energetici globali, tuttavia, un ulteriore rallentamento dell'inflazione, un aumento dei salari e la prevista ripresa economica globale, ci si aspetta una moderata ripresa economica anche nell'economia tedesca nel corso dell'anno."

L'aumento dei salari sembra essere il fattore decisivo su cui si basa la fiducia del governo e della Bundesbank. Con i prezzi dell'energia in calo e gli ultimi aumenti salariali nominali limitati nel breve termine a dei pagamenti una tantum, ci si aspetta un significativo aumento dei salari reali, che finora invece erano diminuiti drasticamente, e questo dovrebbe determinare una svolta nell'economia. Questo è sorprendente, considerando che in passato la politica era maggiormente orientata a mantenere la competitività tedesca e a sostenere i profitti attraverso il contenimento dei salari. Anche la politica del governo in merito al salario minimo non sembra aver compreso quanto sia importante che i lavoratori partecipino pienamente al progresso generale della produttività.

La politica fiscale tedesca - come un'astronave da sola nello spazio

Nella proiezione a medio termine del bilancio federale (Figura 1), il ministro delle Finanze illustra come affrontare le preoccupazioni riguardanti il crollo dell'economia. "Il ritorno alla normalità fiscale" è rappresentato da una freccia diretta dal 2019 verso il 2027, indicando che, secondo la sua pianificazione, la spesa federale totale tornerà approssimativamente al livello del 2014. Tuttavia, sembra che il ministro non stia tenendo conto del fatto che il calo della spesa, passata dai 573 miliardi di euro nel 2021 ai 476 miliardi nell'anno in corso, potrebbe aver già contribuito o addirittura intensificato la recessione del 2023, soprattutto con una politica monetaria restrittiva.



La presenza di un grafico con dati nominali (!) in un periodo di andamento dei prezzi estremo, posizionato in modo centrale sul sito web del Ministero delle Finanze, dimostra o la loro ingenuità o la loro considerazione nei confronti dei lettori ingenui, compresi i professionisti dei media.

Il grafico illustra l'idea che lo Stato possa agire in conformità con le opinioni in materia di politica economica dei leader, i quali si fidano della capacità di auto-guarigione dei mercati da realizzare attraverso un sempre minore coinvolgimento dello Stato nell'economia.

Tuttavia, anche se potrebbe essere sensato semplificare i requisiti di rendicontazione, le procedure di autorizzazione o le norme fiscali e tributarie, questi cambiamenti non eliminerebbero il meccanismo di base sopra menzionato, previsto in ogni economia di mercato: il comportamento parallelo e razionale dei privati.

Come si presenta la situazione effettivamente?

L'andamento dei settori industriali rimane il miglior indicatore dell'attività economica tedesca nel suo complesso. In questo contesto, l'indicatore anticipatore più importante, vale a dire i nuovi ordini, hanno mostrato una chiara tendenza al ribasso dall'inizio del 2022 (Figura 2 e 3). È importante notare la sincronizzazione della domanda, sia dalla Germania che dall'estero. Coloro che si aspettano che l'economia globale presto possa trainare l'economia tedesca, come sostenuto dal Ministro federale dell'Economia, dovrebbero prestare attenzione a queste serie temporali. Escludendo gli ordini di grandi dimensioni, che al momento riguardano principalmente l'industria della difesa, la domanda interna, nella media a tre mesi, è inferiore di quasi dieci punti percentuali rispetto ai valori di otto anni fa.

Figura 2

Fugura 3



Ma il Ministero dell'Economia spera ancora in un'inversione di tendenza nel momento in cui commenta i dati come segue:

"Complessivamente, gli ordini in entrata, recentemente soggetti a forti fluttuazioni, si stanno stabilizzando. Nel confronto a due mesi, tuttavia, sono ancora in calo (-2,6%). Il portafoglio ordini nel settore manifatturiero è ancora a un livello storicamente elevato, nonostante una progressiva riduzione, mentre la domanda di beni strumentali è aumentata sensibilmente a maggio sia a livello nazionale che estero. Anche il fatturato nel settore industriale è di nuovo in crescita. Alla luce di un clima aziendale smorzato nel settore manifatturiero, ciò suggerisce una leggera, anche se contenuta, espansione della produzione industriale nel prosieguo".

Tuttavia, il motivo per cui il ministero punta in particolare sulla domanda di investimenti interni per giustificare le sue speranze di inversione di tendenza rimane un segreto. Una rapida occhiata alla domanda interna di beni strumentali, esclusi i grandi ordini (difesa) (la linea rossa nella Figura 4), mostra quanto poco gli investitori nazionali si aspettino un aumento dell'utilizzo della capacità produttiva esistente. Altrimenti, perché avrebbero ordinato circa il 10% in meno rispetto a un anno fa o addirittura otto anni fa?

Figura 4

La situazione è ancora peggiore nel settore delle costruzioni tedesco (Figura 5), dove la domanda di abitazioni è fondamentalmente crollata. Tuttavia, questo calo massiccio non si è ancora riflesso nella produzione edilizia, perché le aziende stanno ancora lavorando sul portafoglio ordini esistente.

Figura 5


Questi fattori hanno contribuito all'aumento della disoccupazione in Germania di quasi 20.000 unità al mese dall'inizio dell'anno, e il numero di posti di lavoro vacanti è diminuito di circa 9.000 unità al mese (Figura 6). Anche questo è un chiaro segnale del fatto che molte aziende non si aspettano un'espansione nel breve periodo seguendo un normale ciclo economico.

disoccupazione Germania 2023
Figura 6



La Banca Centrale Europea (BCE) deve tener conto anche del mercato del lavoro.

In effetti, il tasso di disoccupazione in Europa è diminuito costantemente dal picco raggiunto durante la crisi dell'euro nel 2013 ed è attualmente al livello più basso degli ultimi quattro decenni. Questo ha portato alcuni responsabili della politica economica europea a ipotizzare che ci troviamo di fronte a un mercato del lavoro "svuotato" e a una carenza di manodopera. Di conseguenza, si mostrano ottimisti riguardo a futuri aumenti salariali, sperando che questi compensino le perdite precedenti in termini di salario reale causate dall'aumento dei prezzi. Queste previsioni positive sulla crescita dei consumi privati la considerano un pilastro fondamentale dell'economia.

Al contrario, i banchieri centrali, tra i quali c'è il presidente della Bundesbank tedesca, temono una spirale salari-prezzi. Utilizzano questa preoccupazione per giustificare un corso rigido in materia di politica monetaria e ritengono che ulteriori aumenti dei tassi di interesse siano la scelta appropriata. Fanno riferimento all'esperienza delle due crisi del prezzo del petrolio degli anni '70, crisi che hanno dimostrato dove una politica salariale eccessiva può portare. Vogliono evitare che si perda il controllo sull'infazione. Il presidente della Bundesbank tedesca mette in guardia in merito alla Germania:

"Nel breve periodo, ad esempio, i salari potrebbero aumentare più del previsto. Ciò prolungherebbe l'ondata inflazionistica attraverso alcuni effetti di secondo impatto. ... Uno sguardo alla storia può aiutare a trarre le giuste lezioni. La fase di alta inflazione degli anni '70 era stata accompagnata anche da turbolenze geopolitiche e da problemi di approvvigionamento energetico. Con le conoscenze di oggi, possiamo dire che le aspettative di inflazione sono state una ragione importante che ha fatto restare l'inflazione così ostinatamente alta all'epoca. Le lezioni importanti di quel periodo sono: non lasciare che le aspettative di inflazione si sgancino, non reagire troppo debolmente in termini di politica monetaria e non allentare troppo presto".

Questo punto di vista è condiviso anche da Isabel Schnabel, rappresentante tedesca nel Comitato esecutivo della BCE, come si evince dalla sua intervista con Andreas Sator (dal minuto 23). Come già analizzato nell'articolo "Come la BCE smaschera involontariamente il monetarismo" del 9 giugno, la preoccupazione per i forti aumenti salariali è esplicitamente giustificata dal confronto tra la situazione del mercato del lavoro in Europa di allora e quella di oggi.

Tuttavia, uno sguardo ai tassi di disoccupazione in Europa mostra che la politica europea è soggetta a un'idea sbagliata sul livello di disoccupazione e sulla "solidità" del mercato del lavoro (Figura 7).

Figura 7

Durante la prima crisi dei prezzi del petrolio negli anni '70, la disoccupazione in Europa era intorno al 3%, meno della metà di quella attuale. In quel periodo, i sindacati spingevano per aumenti salariali a due cifre. Oggi, l'Europa è ben lontana da quei livelli di piena occupazione. Inoltre, bisogna considerare che la definizione e la copertura di ciò che conta come disoccupazione sono cambiate più volte dagli anni '60 a oggi, spesso in favore di statistiche più indulgenti sul concetto di disoccupazione. Questa differenza tra i tassi di allora e di oggi diventa ancora più significativa. L'assertività dei sindacati è molto minore oggi rispetto al passato. Quindi, il confronto sul quale i funzionari della BCE basano la giustificazione della loro politica dimostra l'opposto di ciò che dovrebbe: dimostra infatti che l'attuale politica monetaria europea non può essere giustificata dalle preoccupazioni per salari eccessivamente alti.

La situazione è diversa negli Stati Uniti. Grazie ai massicci programmi governativi dopo lo shock pandemico, i tassi di disoccupazione ora sono bassi come negli anni '60, giustificando così la percezione in merito al fatto che il mercato del lavoro sia stato svuotato. Questa differenza è ciò che distingue la politica monetaria della Federal Reserve (FED) da quella della BCE: negli Stati Uniti ci sono valide ragioni per aumentare i tassi di interesse, mentre nell'Eurozona no.

Se l'andamento dei salari e dell'occupazione in Germania è sopravvalutato, come si teme, non possiamo aspettarci un sufficiente sostegno al sistema da parte dei consumi privati. Inoltre, se la politica monetaria europea e quella fiscale tedesca continuano a gravare sull'economia tedesca, la recessione economica, che il Ministero federale dell'Economia non vuole riconoscere, è imminente. I responsabili della politica economica dovrebbero evitare questa situazione.


giovedì 22 giugno 2023

Heiner Flassbeck - Mancanza di lavoratori qualificati e inflazione, le bugie e i gravi errori della BCE

"Quello che veramente ci interessa è mantenere le nostre gerarchie salariali. Dove saremmo se un operaio guadagnasse un quarto di quello che porta a casa il direttore del personale di un'azienda automobilistica? O se un capotreno guadagnasse la metà di un direttore di cassa di risparmio? O un'infermiera tre quarti dello stipendio di un insegnante? Sarebbe davvero insopportabile. Non vogliamo davvero spingere l'economia di mercato a tanto...". Il grande economista tedesco Heiner Flassbeck ci spiega perché il dibattito sui tassi di interesse e sulla presunta mancanza di lavoratori qualificati serve piu' che altro a nascondere gli interessi delle classi dominanti. Da Telepolis

Heiner Flassbeck


A volte un'affermazione molto semplice può dirci in che modo una società mente a se stessa per nascondere delle relazioni alquanto spiacevoli. Così accade anche per l'inflazione e così accade per la disoccupazione.

Un anno di forte aumento dei prezzi, solitamente chiamato "inflazione", ha fatto tremare la società e la politica; quarant'anni di disoccupazione, invece, vengono semplicemente messi da parte perché non rientrano nella propria visione del mondo.

In una intervista straordinaria, il membro del Comitato esecutivo della BCE Isabel Schnabel ha offerto un punto di vista approfondito della sua visione del mondo economico.

Il risultato è scioccante. La signora Schnabel non solo difende la dottrina totalmente fallimentare del cosiddetto monetarismo, ma la sua visione storica della disoccupazione è anche caratterizzata da una grande ignoranza. Entrambi i fatti sono fatali, perché le false lezioni che si traggono dalla storia spesso ci spiegano in maniera diretta gli errori che si commettono nel presente.

È più che sorprendente il modo in cui la signora Schnabel vede la situazione sul mercato del lavoro negli anni '70 rispetto a quella odierna. E dice:

"Soprattutto, abbiamo un mercato del lavoro insolitamente forte. La disoccupazione - e questa è un'enorme differenza rispetto agli anni '70 - è ai minimi storici nell'area dell'euro. Abbiamo una grande carenza di manodopera. Allo stesso tempo, naturalmente, ciò significa che in questo processo negoziale i lavoratori hanno un maggiore potere contrattuale (...)"

Isabel Schnabel, BCE

Questo è più che problematico per il suo giudizio sulla reazione dei lavoratori agli attuali aumenti temporanei dei prezzi. Se questo punto di vista (completamente errato) dovesse prevalere in tutto il Comitato esecutivo della BCE, ciò spiegherebbe anche l'errata valutazione della durata e della pericolosità degli aumenti temporanei dei prezzi.


Ora la BCE ha addirittura aumentato un'altra volta i tassi di interesse, anche se il pericolo di un'inflazione reale nel frattempo è stato ampiamente scongiurato (come mostrato qui di recente).

La denuncia di una carenza di lavoratori qualificati

La BCE non è affatto sola in questo errore di valutazione. Si sente spesso dire, soprattutto in Germania, che attualmente si registra una carenza particolarmente grave di lavoratori qualificati e che anche i posti di lavoro che richiedono solo basse qualifiche sono difficili da occupare.

Questo può essere vero agli occhi delle aziende da tempo abituate ad essere "rifornite" alla svelta delle qualifiche di cui avevano bisogno dall'ufficio di collocamento. Agli occhi di un imprenditore che ha vissuto gli anni '70, però, l'affermazione secondo la quale oggi ci sarebbe carenza di manodopera è uno scherzo di cattivo gusto.

Il mercato del lavoro: la differenza elementare rispetto agli anni '70

Prima dell'esplosione del prezzo del petrolio nel 1973, la Germania e mezzo mondo avevano attraversato 20 anni di super boom che, come l'Ufficio federale di statistica ha appena mostrato nelle statistiche storiche, la Germania aveva ripreso a crescere all'inizio degli anni Settanta.

La situazione sul mercato del lavoro era molto chiara. In Germania c'erano circa 100.000 disoccupati e circa un milione di posti vacanti, un rapporto di uno a dieci. Non c'era praticamente lavoro da cercare o trovare, perché la maggior parte delle 100.000 persone registrate come disoccupate si era appena iscritta all'ufficio di collocamento, poco prima di trovare un nuovo lavoro.



Oggi ci sono circa 2,5 milioni di disoccupati secondo le statistiche ufficiali e circa 800.000 posti di lavoro (anch'essi secondo il conteggio ufficiale) vacanti. Si tratta di un rapporto di tre a uno. Chiunque paragoni un rapporto di uno a dieci con un rapporto di tre a uno giungendo alla conclusione che nel secondo caso vi sia una carenza "storica" di manodopera e che quindi i lavoratori oggi abbiano un maggiore potere contrattuale si sta fondamentalmente sbagliando.

Il timore di una spirale salari-prezzi viene fomentato in maniera artificiale

Sulla base di questa diagnosi errata, la BCE arriva addirittura a fomentare la paura di una spirale salari-prezzi, che invece è completamente infondata. Non solo a causa del rapporto inverso tra posti di lavoro e disoccupati, ma anche a causa di molte azioni politiche deliberate durante i decenni del neoliberismo: il movimento sindacale in Germania e in tutta Europa è stato massicciamente indebolito.

Non da ultimo, all'inizio di questo secolo, sotto i rosso-verdi, con la legislazione Hartz IV, il movimento sindacale e la capacità dei sindacati di mobilitare i propri iscritti in occasione di uno sciopero, proprio nel più grande Paese dell'Unione monetaria, hanno subito un duro colpo.


Tutto questo è passato inosservato a Isabel Schnabel? Se fosse così, allora non ha nulla a che fare con il luogo in cui siede.

Ci si chiede, tuttavia, come abbia fatto l'economia all'inizio degli anni Settanta a crescere in modo così sostenuto, quando a differenza di oggi non c'era la possibilità di reclutare manodopera dall'esterno

La risposta è semplice.

Vale e dire: le aziende hanno dovuto trasformare internamente tutti i lavoratori disponibili in lavoratori qualificati con l'aiuto di una formazione intensiva.

Chi non riusciva a trovare dipendenti doveva rassegnarsi alla possibilità di espandere il business solo alle attività che potevano essere realizzate escllusivamente con la forza lavoro esistente. E c'erano tutte le ragioni per investire in attività fisse, più in quelle che aumentavano la produttività che in quelle che aumentavano la capacità.


Le lamentele dei datori di lavoro sulla carenza di competenze, che vengono lanciate nel dibattito pubblico ogni pochi mesi, sono piu' che altro l'espressione di una mentalità dell'offerta da parte dei datori di lavoro che non può essere giustificata da nulla e che ha potuto emergere nei decenni passati perché la disoccupazione è rimasta costantemente alta.

Coloro che nei loro discorsi domenicali invocano l'auto-guarigione dell'economia attraverso le sole forze di mercato diventano improvvisamente sostenitori dell'interventismo statale quando si tratta di disponibilità di manodopera. Lo Stato tuttavia non ha alcun obbligo di garantire un'offerta regolare di manodopera.

La mentalità orientata all'offerta dei datori di lavoro è particolarmente evidente quando suppongono che questa offerta di manodopera debba avvenire sempre alle stesse condizioni salariali.

Se si ha urgente bisogno di manodopera, si deve fare quello che si è sempre fatto quando non si riesce a procurarsi facilmente un bene scarso: spendere più soldi. E questo è l'unico modo per sfruttare le potenzialità del mercato del lavoro non altrimenti disponibili.

Ma quando si tratta di aumentare i salari, i datori di lavoro dimenticano volentieri che si trovano in un'economia di mercato e non in un'istituzione statale.


La colpa è solo dei politici. Quando i ministri federali viaggiano dall'altra parte del mondo per reclutare lavoratori in un Paese in via di sviluppo, devono avere l'impressione che si tratti di una questione squisitamente politica.

Risolvere la carenza di lavoratori qualificati con l'immigrazione è tuttavia di un cinismo senza pari in una società che fa di tutto per chiudere quanto piu' possibile le proprie frontiere all'immigrazione in fuga dalla povertà, anche in barba ai diritti umani.

Va da sé che ci è permesso, per "nostre ragioni economiche", sottrarre ai Paesi in via di sviluppo i lavoratori qualificati di cui hanno urgente bisogno. Allo stesso tempo, però, facciamo tutto il possibile per fermare o impedire l'immigrazione per ragioni economiche.

Difficilmente si può essere più schizofrenici di così. Gli immigrati possono anche essere istruiti, ma ovviamente costano di più che andare a caccia di lavoratori già formati nei loro Paesi a spese dei contribuenti.

La soluzione al problema è semplice: in un Paese ci sono tanti lavoratori quanti sono gli abitanti.

Da dove arriva l'arroganza di dire che dobbiamo crescere più di quanto siamo effettivamente in grado di fare e che il divario deve essere colmato dall'immigrazione di lavoratori qualificati e ben istruiti?


Se la società è in grado di aumentare la propria prosperità attraverso l'aumento della produttività, tutto bene. Se non ci riesce, deve adattarsi a ciò che ha. Dovrebbe essere un tabù assoluto, soprattutto per le nazioni "basate sui valori", quello di manomettere il potenziale lavorativo di altri Paesi.

Cosa ci interessa davvero

Quello che ci interessa veramente è mantenere le nostre gerarchie salariali. Dove saremmo se un operaio stipendiato guadagnasse un quarto di quello che porta a casa il direttore del personale di un'azienda automobilistica?

O se un capotreno guadagnasse la metà di un direttore di cassa di risparmio? O un'infermiera tre quarti dello stipendio di un insegnante? Sarebbe davvero insopportabile.

Non vogliamo davvero spingere l'economia di mercato a tanto. I lavoratori qualificati devono semplicemente essere disponibili in abbondanza e a basso costo, in modo che il quinto superiore della gerarchia dei redditi possa continuare a vivere nel lusso non solo in termini assoluti, ma anche in termini relativi.


Articoli precedenti di Heiner Flassbeck:


La fine dell'inflazione in Germania 


Le gravi responsabilità della BCE nel crollo del settore immobilare tedesco


Perché la politica monetaria della BCE è sbagliata