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mercoledì 2 agosto 2023

"Heil Selenskij" - Come un video satirico ha fatto impazzire la stampa mainstream tedesca

IL VIDEO SATIRICO HEIL SELENSKY HA COLPITO NEL SEGNO: I MEDIA MAINSTREAM TEDESCHI HANNO FATTO A GARA PER DELEGITTIMARLO ETICHETTANDOLO COME UN PRODOTTO DELLA PROPAGANDA RUSSA IN OCCIDENTE. MA IL MESTIERE DELLA SATIRA E' ANCHE QUESTO: FAR RIFLETTERE E ANCHE FAR MALE. PER CHI SE LO FOSSE PERSO LO TROVATE QUI SOTTO. NE SCRIVE DAGMAR HENN SU RT DEUTSCH




Cari colleghi dei media mainstream tedeschi, pare che abbiate dimenticato il corso base sulla satira. Quello che avete fatto ieri è stato un completo fallimento. Accettate semplicemente quando qualcuno vi prende in giro, che a volte conviene evitare di commentare.

È doloroso leggere come la ZDF e diversi altri mezzi di comunicazione abbiano utilizzato il video della Bundeswehr che sgombera la casa di una famiglia per l'Ucraina, come se fosse una fonte di notizie. Coloro che hanno sostenuto che gli attori erano russi, basandosi su Radio Liberty, l'emittente della CIA, sembrano essere troppo giovani per ricordare quando la satira riusciva ancora a sfidare il potere statale nella Repubblica Federale.

Viene in mente un episodio del 1986 del classico programma Scheibenwischer con Dieter Hildebrandt, che fu interrotto in Baviera dopo il disastro di Chernobyl. Mentre i ministri bavaresi bevevano latte davanti alle telecamere per dimostrare che lo iodio radioattivo contenuto non aveva alcuna importanza, Scheibenwischer ironizzava su questa situazione e la Bayerischer Rundfunk gli spegneva la trasmissione. Alla fine, il potere statale ne è uscito ridicolizzato.

Ora, la ZDF cerca di minimizzare la cifra di 22 miliardi di aiuti all'Ucraina mostrata nel video, alla fine bisogna considerare che 14 miliardi sono rimasti in Germania, destinati ai comuni e ai rifugiati ucraini. 

Si può anche discutere sul valore dei carri armati tedeschi Leopard consegnati all'Ucraina, sul loro valore di rottamazione, sul valore di mercato attuale (prima o dopo essere andati in in fiamme a causa del loro abbattimento?) o sul prezzo di acquisto. Infine, ci sono tutti gli aiuti finanziari che passano attraverso l'UE. E poi ci sono le perdite di ricchezza e benessere dei tedeschi a causa delle sanzioni...

Ma il punto chiave è un altro. Colleghi, non avete afferrato il principio. Ci sarebbe solo una contro-argomentazione, ovvero: nessun flusso di denaro dalla Germania all'Ucraina. Perché non si può iniziare un dibattito sui dettagli quando c'è la satira di mezzo. O colpisce o non colpisce. L'affermazione secondo la quale in Germania non viene tolto o tagliato nulla perché dobbiamo sostenere "l'Ucraina" (in realtà stiamo contribuendo a distruggerla), o perché ora molti più soldi devono essere destinati agli armamenti a causa dell'Ucraina, non è semplicemente sostenibile.

L'"Heil Selenskij" nel video è certamente un riassunto potente e diretto sul tema del nazismo ucraino. Ma dobbiamo anche ammettere che molti politici tedeschi concludono i loro discorsi con "Heil Ukraine" senza battere ciglio. Questo dimostra quanto sia delicata la questione.

Gli attori del video, tedeschi, russi o paraguaiani che siano, hanno fatto un ottimo lavoro. La recitazione dell'attrice dell'ufficiale della Bundeswehr, dal tedesco privo di accento, è notevole e sfida la narrativa della Russia. Comunque sia, non è importante chi abbia prodotto questo video. Ciò che conta è che sia un'opera che fa riflettere e ciò che rappresenta fa male.

Siamo di fronte a una situazione complessa e delicata riguardante l'Ucraina. La satira può essere un potente strumento per esprimere il dissenso, ma certi argomenti richiedono una discussione seria e ponderata. Dobbiamo cercare di andare oltre la superficialità e affrontare i problemi in modo approfondito e rispettoso. Solo così possiamo sperare di comprendere appieno la realtà e contribuire a un dibattito informato e costruttivo.

Tra l'altro, anche il governo statale bavarese tentò di reprimere la trovata dello Scheibenwischer all'epoca, sostenendo che ciò che raccontavano fosse antistatale. Tuttavia, fu tutto inutile. È inoltre degno di nota il vostro errore nel citare prima come testimone il "giornalista investigativo Lars Wienand", un uomo il cui vero cliente, come per Bellingcat, è qualche servizio segreto di qualche paese e la cui attività principale è la denuncia, e poi nel chiamare in causa l'Ufficio federale per la protezione della Costituzione a causa di un video satirico.

L'Ufficio federale per la protezione della Costituzione (BfV) ha riconosciuto il video come parte degli sforzi di disinformazione in corso da parte di attori filorussi, volto a fomentare sentimenti contro il governo federale e il sostegno all'Ucraina nella sua difesa contro l'aggressore russo, come riportato in risposta a una domanda di ZDF heute.

Quale sarà la prossima tappa di questa storia? Saranno pubblicate liste di barzellette proibite? O si arriverà persino a vietare la risata stessa, temendo di offendere qualcuno? Potrebbe coinvolgere persone come Baerbock o Joe Biden?

Se andiamo negli archivi e scopriamo cosa è accaduto dopo lo "Scheibenwischer", scopriremo che innumerevoli persone in Baviera hanno lottato per ottenere il video del passaggio in cui lo schermo diventa nero. La satira è stata spesso usata per criticare comportamenti ridicoli, ma a quanto pare oggi si è perso il senso di cosa sia davvero la satira, soprattutto da quando anche personaggi come Böhmermann e Bosetti sono stati etichettati come satiristi.

Per ricordare una citazione di Tucholsky, una volta rispose alla domanda su cosa fosse permesso fare con la satira: "Tutto".

Per quanto riguarda il video di origine russa, questa ipotesi rischia di rovinare una delle mie barzellette preferite: "Due soldati dell'Armata Rossa si incontrano davanti al Reichstag nell'estate del 1945. Uno di loro guarda a terra. L'altro gli dice: 'Compagno, perché sei così triste?' Lui risponde: 'Penso che sia così brutto che abbiamo perso la guerra dell'informazione contro Goebbels...'"












sabato 24 settembre 2022

Cosa potrebbe accadere se la Germania fornisse i suoi panzer Leopard 2 all'Ucraina

"Come è noto, non esiste ancora un trattato di pace tra Germania e Russia. Ciò significa che non appena la parte russa dovesse valutare un'azione come partecipazione tedesca alla guerra - non lo si ripeterà mai abbastanza - qualsiasi tipo di azione bellica contro la Germania sarebbe legale. Perché l'ultima guerra è ancora in uno stato di cessate il fuoco, che verrebbe quindi interrotto." scrive Dagmar Henn su RT Deutsch. Per questo il governo tedesco non vuole e non può inviare i Panzer tedeschi agli ucraini, rischierebbe di essere considerato paese belligerante. Da RT Deutsch, la voce del Cremlino in lingua tedesca.

Panzer Leopard 2


Quello che i rappresentanti del governo tedesco, che si tratti di Scholz o del ministro degli Esteri Annalena Baerbock, non dicono e che la stampa tradizionale non domanda, è perché per loro sia così importante non essere gli unici a fornire questi carri armati. Né spiegano perché la reazione russa all'ipotesi di fornire dei carri armati moderni sia tutt'altro che amichevole. Il motivo è tecnico e la sua conseguenza è il coinvolgimento diretto nella guerra.

Un Leopard 2 ha un equipaggio di quattro persone: comandante, artigliere, caricatore e pilota. Nessuno di questi compiti può essere svolto senza preparazione; il tempo di addestramento, anche per il solo equipaggio è di almeno 6 mesi. Per un comandante di un carro armato di questo tipo il periodo è ancora più lungo. E ciò ha delle conseguenze. L'addestramento di un comandante ucraino di un Leopard 2 sarebbe dovuto iniziare l'anno scorso.


E anche questo non lo si può escludere, ma probabilmente non sarebbe stato possibile tenerlo segreto e sarebbe stata una prova tangibile della responsabilità della NATO nel conflitto. Ma se così non fosse, ci sarebbe solo una possibilità per fare in modo che questi carri armati svolgano una qualsiasi funzione in un periodo di tempo breve: è necessario fornire almeno il comandante.

Esistono già congetture simili per quanto riguarda i cannoni HIMARS, che sono dispositivi anche più complicati; sono stati osservati molti polacchi e britannici apparentemente coinvolti nell'"offensiva" ucraina a Isjum. C'è anche una ripresa fatta ad Isjum di diverse persone di lingua inglese con accento statunitense che tolgono una bandiera russa da un edificio; e ci sono dichiarazioni secondo cui alcuni mercenari britannici e polacchi sarebbero stati catturati. La veridicità di queste affermazioni sarà chiarita nelle prossime settimane, perché è probabile che finiscano davanti al tribunale nella Repubblica Popolare di Donetsk proprio come i loro colleghi.

Un punto estremamente delicato è capire se si tratta davvero di mercenari o di membri degli eserciti regolari di Polonia e Gran Bretagna temporaneamente "mandati in licenza" per poter fornire all'Ucraina il personale necessario a far funzionare carri armati e cannoni.

Ed è proprio questa la ragione politica dei processi ai mercenari finora svoltisi a Donetsk: i loro Paesi d'origine potrebbero salvarli in qualsiasi momento se solo ammettessero di trovarsi in Ucraina per un incarico. Questo infatti cambierebbe il loro status giuridico: da mercenari, non protetti dalle Convenzioni di Ginevra, a combattenti; ma allo stesso tempo renderebbe lo Stato di partenza un paese partecipante alla guerra. Finora però in nessun paese la pressione pubblica per il salvataggio dei prigionieri è stata abbastanza forte da costringere a questo passo.

Ma è una questione di numeri. Quando non si tratta più di soli tre imputati, ma di una dozzina o addirittura di un centinaio, è probabile che la reazione nei loro Paesi d'origine si faccia più forte. Il gioco di aumentare le forze armate ucraine in una sorta di "illegalità tollerata" è un gioco inequivocabilmente temporaneo.

Quanto più complessa è l'attrezzatura tecnica in questione, tanto meno sarà probabile che gli ex soldati professionisti siano credibili come mercenari. I mercenari accusati finora non erano specialisti, ed è più probabile che abbiano lavorato per conto dell'MI6 in Ucraina. Sarebbe davvero possibile nascondere se la Bundeswehr "mandasse in licenza" una manciata di comandanti di carri armati? Se venissero uccisi durante la loro "licenza"? Nell'era dei social network, è difficile che ciò accada.

Quindi non si tratta solo di riempire i serbatoi. Si tratta di una partecipazione diretta alla guerra con la fornitura di personale. Il motivo per cui il governo tedesco su questo punto sta esitando (a parte la riduzione del valore di mercato di questo carro armato una volta che qualche foto di un esemplare bruciato sarà diffusa in rete) è la sua convinzione: se diversi paesi corressero contemporaneamente questo rischio, sarebbe meno probabile una reazione russa nei confronti della Germania.


Perché ovviamente questi problemi tecnici sono noti ai militari russi. Non è difficile trovare queste informazioni. Di conseguenza, le reazioni della stampa russa ai mercenari polacchi e britannici sono state simili.

Tuttavia, né la Polonia né la Gran Bretagna hanno il problema della Germania. Come è noto, infatti, non esiste ancora un trattato di pace tra Germania e Russia. Ciò significa che non appena la parte russa dovesse valutare un'azione come partecipazione tedesca alla guerra - non lo si ripeterà mai abbastanza - qualsiasi tipo di azione bellica contro la Germania è legale. Perché l'ultima guerra è ancora in uno stato di cessate il fuoco, che verrebbe quindi interrotto.

La soglia per una risposta militare nei confronti della Germania è quindi molto più bassa; e la parteciazione di altri Paesi con materiale bellico non cambierebbe questo fatto. Sarebbe una mossa piuttosto sciocca fare affidamento sul fatto che anche in quel caso non accadrebbe nulla. La riluttanza della Russia finora si è basata soprattutto sulla necessità di convincere i suoi partner più importanti della necessità di questa missione militare. Nel caso della partecipazione tedesca, questa limitazione non dovrebbe essere necessaria. Infatti, a differenza della politica tedesca, ci sono molti paesi che ancora non hanno dimenticato la Seconda Guerra Mondiale.

Anche la consegna dell'obice semovente 2000 è stata una danza su una linea molto sottile. I politici e i media dovrebbero portare avanti il dibattito sull'invio dei Leopard 2 in modo aperto, chiarendo tutte le possibili conseguenze. Invece di mostrare un'esitazione in qualche modo inspiegabile, da un lato, e di chiedere costantemente più armi per l'Ucraina, dall'altro. Se la Germania viene considerata o meno dalla Russia come parte in causa nella guerra, in fondo, è una questione che riguarda tutti gli abitanti del Paese. Ma abbiamo già capito quale è il grande rispetto che i rappresentanti di questa Repubblica hanno per i loro sudditi; farli precipitare in una guerra con disinvoltura - senza nemmeno permettere la percezione delle possibili conseguenze o prendere in qualche modo in considerazione la volontà del popolo - corrisponderebbe di fatto solo al loro comportamento precedente. Una volta si chiamava "gestione a fungo": tenere il popolo all'oscuro di tutto, gettandogli addosso del letame per poi tagliare ogni testa che spuntava fuori....

venerdì 8 gennaio 2021

Quo vadis Deutschland? (parte seconda)

Se lo chiede il giornalista e scrittore tedesco Gert Ewen Ungar in un commento pubblicato nei giorni scorsi su RT Deutsch. Per Ungar il dibattito interno sul pericolo rappresentato dai populisti di AfD in realtà servirebbe piu' che altro a nascondere lo spostamento a destra di tutta la politica estera ed europea della Repubblica Federale. Una riflessione molto interessante e preoccupata del grande intellettuale tedesco Gert Ewen Ungar su RT Deutsch. (seconda parte)



E' sbagliato quindi scagliarsi solo contro AfD, i Reichsbuerger e i complottisti. AfD non può fare nulla contro questa palese deriva verso destra; non ha nessuna voce in capitolo nella politica governativa. Sono invece i partiti consolidati a praticare da anni e in maniera coerente questa politica imperiale di destra e ad applicarla nelle più diverse costellazioni. La CDU, la SPD, i Verdi e la FDP incarnano la svolta a destra dalla quale Margaret Thatcher ci aveva messi in guardia circa trent'anni fa. Anche l'obiezione secondo la quale, la maggior parte delle sanzioni sarebbero imposte dall'UE, ignora il fatto che la Germania è palesemente la forza trainante dietro questo regime sanzionatorio europeo. 

Se si sposta lo sguardo sull'Europa e l'UE, le cose non si fanno più piacevoli, solo gli strumenti politici e di potenza applicati sono diversi. 



L'euro, originariamente pensato dopo la riunificazione per prevenire la rinascita della grande Germania grazie al suo D-Mark, è diventato, al più tardi con la crisi finanziaria del 2009, uno strumento in mani tedesche per una politica di potenza intraeuropea. L'euro è disfunzionale. Sembra una moneta unica, ma in realtà i paesi riuniti nell'euro devono finanziarsi sui mercati a dei tassi d'interesse diversi. Gli Stati nazionali hanno rinunciato alla loro sovranità monetaria e si sono sottoposti a un complesso insieme di regole, molte delle quali ampiamente discutibili. La Germania ha dominato la scrittura delle norme e dei trattati. Ogni tentativo di successiva correzione di alcuni regolamenti arbitrari fallisce regolarmente a causa della resistenza tedesca. In linea di principio, la Cancelliera Merkel ha chiarito che non ci saranno bond comuni emessi insieme alla Germania - come invece sarebbe consuetudine e ragionevole all'interno di un'area valutaria. La Germania insiste sull'austerità e obbliga gli Stati membri dell'eurozona ad applicare il pareggio di bilancio, una politica dal punto di vista economico alquanto discutibile. Il paradosso tedesco nell'euro: nella moneta comune ognuno fa per sé. Nessuno sa come tutto questo potrà funzionare nel lungo periodo, ma questa disfunzionalità apre lo spazio per una politica di potenza che la Germania sta usando per estendere il suo dominio all'interno dell'UE.

Il rifiuto da parte della Germania di emettere obbligazioni congiunte è pertanto comprensibile; dopo tutto, i diversi tassi d'interesse e la conseguente pressione sul debito dei paesi europei sono lo strumento per continuare ad esercitare il potere tedesco nell'eurozona - ma ad un prezzo elevato. L'Unione Europea con il regime tedesco al suo interno non sarà mai un'unione pacifica, perché la competizione politica sta spingendo gli Stati nazionali ad una competizione fra Stati - una corsa verso il basso. La competizione viene combattuta, tra l'altro, tramite i salari e l'abbassamento degli standard sociali. I lavoratori tedeschi hanno rinunciato per molto tempo a degli aumenti salariali adeguati per favorire le esportazioni tedesche. Queste esportazioni a loro volta generano disoccupazione negli altri paesi dell'eurozona. Il modello tedesco fondato sulle esportazioni spinge verso distorsioni insanabili. Allo stesso tempo, le infrastrutture interne continuano a deteriorarsi, si stanno operando tagli all'istruzione e nel settore sociale, mentre la disuguaglianza economica aumenta rapidamente. Le fratture all'interno della società sono sempre piu' visibili. L'eurozona nel complesso è rimasta indietro rispetto al resto del mondo in termini di sviluppo, mentre il risentimento tra i paesi riuniti sotto la moneta unica si fa sempre piu' forte. Continuerà ad aumentare, perché si trovano fra loro in competizione per ottenere dei bassi tassi d'interesse, pagare bassi salari e godere del favore mistico dei mercati. 



Le regole tedesche per l'euro implicano una guerra economica permanente all'interno dell'eurozona. E questi piu' o meno sono i costi che la Germania è disposta a pagare per mantenere la sua posizione di potere, o meglio a far pagare ai cittadini dell'UE. 

Nel suo discorso inaugurale in occasione dell'avvio della presidenza tedesca del Consiglio europeo, Merkel ha chiarito che, a suo avviso, e senza alcun dubbio dovrà continuare ad esserci una concorrenza fra le nazioni. Eccolo, il momento tedesco. La Germania non si considera un partner solidale, ma un concorrente all'interno di una competizione tra nazioni che deve essere vinta. Nel suo discorso la Cancelliera ha riassunto la lotta tedesca per il potere. Questo concetto della Cancelliera è tanto folle quanto pericoloso, perché da un lato gli Stati nazionali fondamentalmente non sono imprese, e dall'altro l'idea della concorrenza fra nazioni porta inevitabilmente alla guerra economica o a condizioni simili e danneggia tutti. L'unione monetaria stessa ne è un esempio negativo: elevata disoccupazione giovanile, alto tasso di disoccupazione, sottoinvestimenti in infrastrutture, impoverimento diffuso - soprattutto nei paesi della periferia. La superiorità tedesca costringe le altre nazioni ad una competizione che non possono vincere. Ogni forma di equità viene meno.

Uno degli strumenti per ottenere questo risultato è il meccanismo europeo di stabilità (MES), alla cui guida siede un estremista di mercato, il tedesco Klaus Regling. Costruita secondo il diritto privato, questa potentissima organizzazione dell'UE è al di fuori di ogni controllo democratico. Nasce per finanziare gli Stati dell'UE in difficoltà. Ma se questo sostegno venisse concesso, i parlamenti nazionali sarebbero di fatto privati di ogni potere e l'ideologia dell'austerità tedesca verrebbe attuata con tutta la sua forza e in tutta la sua idiozia. Il fondo gode di scarsa popolarità e per paesi come Spagna e Italia somiglia piu' ad una minaccia, che ad una risposta solidale alla crisi, come invece viene descritto entusiasticamente dai media tedeschi, i quali tuttavia ignorano i fatti. 



Non si può certo negare che le élite tedesche sia nel mondo degli affari, che nella politica, ancora una volta si stiano dando da fare per dominare l'Europa. Allo stesso tempo sta diventando chiaro che l'attività tedesca in Europa e nel mondo non sta facendo nulla di buono, e non contribuisce a migliorare il mondo. Al contrario, è aggressiva, suscita e alimenta conflitti, crea e approfondisce le disuguaglianze - il tutto con l'obiettivo di espandere la posizione tedesca e la sua politica di potenza. Margaret Thatcher aveva ragione. Anche se è stata profondamente neoliberista e molto dura quando si trattava dei diritti dei lavoratori e di questioni redistributive, aveva visto in maniera chiara il problema della costante ricerca di potere da parte della Germania. La Germania pratica un neoliberismo di per sé paradossale. In realtà l'obiettivo dell'ideologia neoliberale dovrebbe essere quello di arginare lo Stato. La Germania invece utilizza strumenti neoliberisti per espandere l'egemonia tedesca. Oltre al radicalismo di mercato, i tedeschi cercano di ottenere una egemonia fondata sulla politica di potenza. La Thatcher lo aveva capito. 

Ciò che la Lady di ferro tuttavia non aveva previsto, è il modo in cui questo collegamento della politica con l'economia e la continua ricerca dell'egemonia vengano supportati dai media tedeschi. In effetti, essi oscurano la visione dell'attività tedesca nel mondo e ne legittimano l'aggressività e, in ultima analisi, le aggressioni. La deriva verso destra della politica estera ed europea della Germania, che minaccia gli altri paesi nella loro sovranità, in molti media tedeschi non viene nemmeno menzionata . 

Al contrario, viene tracciato il quadro di una minaccia interna proveniente da destra, che invece ignora completamente la minaccia reale rappresentata dalla politica ufficiale del governo tedesco in carica. Negli ultimi anni la Germania si è trasformata in un paese che, secondo tutti gli standard esistenti, può essere considerato di destra e imperialista, e che ancora una volta rappresenta una minaccia per la pace e la stabilità. 

La Germania deve essere fermata - questa è un'altra delle richieste fatte all'epoca della Thatcher, oggi più che mai attuale. La Germania ancora una volta cerca la supremazia in Europa. Non si concepisce come un partner cooperativo e rispettoso, ma come un leader autoritario e disciplinatore. 

La Germania sta ripetendo i suoi errori storici. 

Il risultato di questa ripetizione, tuttavia, difficilmente cambierà. L'azione tedesca sta distruggendo l'Europa, perché alla Germania manca la saggezza politica necessaria per dare una forma a tale compito. Spingere il radicalismo di mercato a tutti i livelli contro ogni ragione e contro ogni lezione della storia, è una forma di totalitarismo. C'è da sperare che le altre nazioni europee rinsaviscano e formino un'ampia alleanza in grado di frenare la battaglia tedesca per raggiungere il potere. La Germania ha bisogno di un correttivo dall'esterno. La Germania da sola non sarà mai un membro solidale della comunità internazionale, perché non è in grado di imparare alcuna lezione dalla propria storia. Anche Margaret Thatcher lo aveva capito.


Quo vadis Deutschland?

Se lo chiede il giornalista e scrittore tedesco Gert Ewen Ungar in un commento molto duro pubblicato nei giorni scorsi su RT Deutsch. Per Ungar il dibattito interno sul pericolo rappresentato dai populisti di AfD in realtà servirebbe piu' che altro a nascondere lo spostamento a destra di tutta la politica estera ed europea della Repubblica Federale. Una riflessione molto interessante e preoccupata del grande intellettuale tedesco Gert Ewen Ungar su RT Deutsch. (prima parte)


"We beat the Germans twice, and now they’re back." Abbiamo battuto i tedeschi per due volte e ora sono tornati, aveva detto l'allora primo ministro britannico Margaret Thatcher in occasione della riunificazione tedesca. Non era per niente contenta della fortuna tedesca - credeva che una Germania rinvigorita avrebbe continuato la sua tradizione imperialista e sarebbe tornata ad imporre la sua supremazia in Europa. 

La citazione ha trent'anni, come la riunificazione. Con il senno di poi però dobbiamo sforzarci di capire se la Thatcher avesse davvero ragione. 

Questa riprova è importante, anche perché le preoccupazioni per un ritorno della destra, in Germania oggi sembrano occupare un posto centrale all'interno del discorso politico tedesco. Lo schema sinistra-destra, di conseguenza, domina gran parte del dibattito. Chi si considera "di sinistra" guarda ad AfD, ai complottisti e ai Reichsbürger, e  attribuisce loro ogni sorta di connotazione di destra. Tuttavia ciò non rende giustizia allo spostamento a destra che l'intera Repubblica Federale sta subendo, perché lo sguardo ai soli sviluppi di politica interna è decisamente limitato. I termini "sinistra" e "destra", inoltre, nel dibattito tedesco hanno semplicemente sostituito un'altra coppia di termini: buono Vs. cattivo. Sinistra e destra sono diventate categorie morali. In questo processo sono state completamente svuotate del loro contenuto politico e socio-economico. "La mascherina è di sinistra" titolava recentemente Der Freitag, ad esempio. Leggendo l'articolo, diventa immediatamente chiaro il totale cambiamento di senso della terminologia. Dopo quarant'anni di neoliberismo e di cambio di significato alle parole da parte dei grandi Think tank, la gente ovviamente non sa più cosa significhi essere di destra o di sinistra, conservatore o progressista. Le persone di conseguenza ignorano la deriva a destra dell'intero paese. Questa tendenza è molto più ampia, perché anche coloro che si considerano di sinistra la promuovono e la sostengono, e anzi, ora sono arrivati a considerare le politiche di destra come efficaci o addirittura prive di alternativa. 



La frase della Thatcher era uno sguardo dall'esterno: per comprendere la sua preoccupazione è necessario guardare nella direzione opposta e osservare la politica estera tedesca ed europea. 

In materia di politica estera, nel 2020 la Germania ha nuovamente attirato su di sé l'attenzione a causa delle numerose violazioni delle norme giuridiche internazionali e delle consuetudini diplomatiche. Continua a crescere l'aggressività con cui la Germania trasgredisce queste regole. Nella sua ricerca di potenza, del resto, si sente incoraggiata anche dal vuoto di potere lasciato dal ritiro degli Stati Uniti. 

Nel 2019 c'è stato, ad esempio, il riconoscimento del leader dei golpisti in Venezuela, Guaidó, come presidente ad interim, sulla cui leadership il governo tedesco ancora oggi fa affidamento - anche se poi non si è ripresentato alle elezioni parlamentari di dicembre. Analogamente la Germania non riconosce il presidente bielorusso Lukashenko, ma sostiene invece Svetlana Tikhanovskaya, che da molto tempo ormai si trova in esilio, e che rivendica la presidenza in Bielorussia. Anche il sostegno ufficiale della Germania al colpo di stato del 2019 in Bolivia rientra in questo quadro. Tutti questi eventi ci mostrano quanto la Germania non si curi piu' di tanto dei principi del diritto internazionale, come ad esempio quello della non ingerenza negli affari interni degli altri Stati. 

Un principio fondamentale del diritto internazionale, infatti, prevede che non siano i governi a dover essere riconosciuti, ma la sovranità dei Paesi. L'attuale politica estera tedesca, invece, si concentra sui governi in carica. Tutti gli esempi citati, che ovviamente potrebbero essere anche molti di piu', indicano un modello di interventismo tedesco. Gli Stati che proteggono i loro mercati dall'invasione straniera, soprattutto occidentale, vengono presi di mira dagli attacchi aggressivi della politica estera tedesca. È evidente: tutte le preoccupazioni sui diritti umani e sulla democrazia sollevate dal governo tedesco possono essere considerate dei pretesti. L'impegno del governo tedesco in politica estera si concentra sul garantire alla Germania l'acccesso ai mercati e alle risorse. La tipica arroganza e superiorità morale dei tedeschi è solo un mezzo per legittimare l'aggressività della propria azione politica. La politica tedesca non è eticamente responsabile. Anzi, ha spesso un effetto destabilizzante e corrosivo. L'attuale politica estera tedesca non mostra alcun successo nella conciliazione, nella pacificazione o in qualsiasi altro ambito finalizzato a migliorare la situazione. Non si tratta di un fallimento, ma riguarda piuttosto l'obiettivo centrale dell'impegno tedesco in politica estera. La Germania cerca il confronto; la politica estera tedesca non è al servizio della pace.  

Dopo l'assassinio del generale iraniano Soleimani, il quale si trovava in missione di pace sul suolo iracheno, da parte di un attacco terroristico di Stato guidato dagli USA, il Parlamento iracheno ha ritirato a tutte le forze armate straniere l'autorizzazione alla loro permanenza in Iraq. Questo, naturalmente, vale anche per i soldati della Bundeswehr di stanza in Iraq. La Bundeswehr, tuttavia, è ancora attiva in Iraq. Il mandato del Bundestag per la missione in Iraq recentemente è stato persino prorogato fino al 2022. La Germania è quindi un paese occupante, e con la sua presenza viola la volontà degli iracheni e il diritto internazionale. Sui media tedeschi non si trova praticamente nulla su questo argomento. Il silenzio può essere interpretato anche con il fatto che su questo tema non è possibile volare alti, anche ricorrendo ai soliti concetti moralistici. La Bundeswehr si trova in un altro paese contro la volontà di uno Stato sovrano, e vi si mantiene con la forza.  

Il regime delle sanzioni previsto dal governo tedesco viola anche il diritto internazionale e le regole internazionali. Il governo tedesco, infatti, impone e partecipa alle sanzioni extraterritoriali nei confronti di altri paesi. Siria, Venezuela e numerosi altri Stati ne sono colpiti. L'obiettivo in Siria, ad esempio, è quello di scatenare una rivolta causata dalla fame e dalla carenza di beni e innescata dalle sanzioni, per facilitare un cambiamento di regime, dopo che gli occupanti occidentali sono usciti sconfitti dallo scontro militare sul terreno. Una pratica crudele, a cui tuttavia la Germania ricorre con regolarità. L'ultima minaccia intraeuropea fondata sulla fame e le privazioni era stata rivolta ai greci nell'ambito della crisi finanziaria e mirava anche a forzare un riallineamento di fondo nella politica greca. Wolfgang Schäuble, il ministro delle finanze tedesco dell'epoca, era pronto a tagliare fuori la Grecia dai sistemi di pagamento in euro - con tutte le conseguenze che ciò avrebbe avuto per l'approvvigionamento dei cittadini greci. Nonostante ciò, Schäuble continua ad essere celebrato dal mainstream tedesco come un europeista apparentemente fervente.

Anche la Russia è stata colpita da tale regime di sanzioni. E queste sanzioni rappresentano di fatto un atto di aggressione, unilaterale e incompatibile con il diritto internazionale. La ragione centrale delle sanzioni sono gli accordi di Minsk. Secondo il governo tedesco, infatti, la Russia non eserciterebbe una sufficiente influenza sulle Repubbliche di Donetsk e Lugansk. In questa sede dobbiamo anche notare: la Russia non è affatto parte in causa nel conflitto, semmai è un mediatore. Indipendentemente da ciò viene colpita dalle sanzioni - un atto di cinismo assoluto.  

Al contrario il governo tedesco tace sugli omicidi dei giornalisti in Ucraina, sulla censura di massa operata in quel paese e sugli attacchi ai media. Non si parla nemmeno del progressivo declino economico del paese causato dall'intervento occidentale e accelerato dall'accordo commerciale con l'UE. I parlamentari tedeschi nel migliore dei casi sono cauti nelle loro critiche alla guerra civile in corso nel Paese, e di norma sono assolutamente partigiani. 

L'elenco potrebbe continuare ancora. E qui si dovrebbe chiarire fino a che punto la politica estera tedesca si è spostata verso destra. Perché questa politica estera non è piu' sinonimo di riconoscimento delle leggi, delle regole e delle norme internazionali. Non si basa sulla solidarietà internazionale unita al rispetto delle decisioni prese dai popoli dei rispettivi Paesi. La politica estera tedesca serve ad applicare in maniera aggressiva gli interessi economici e la volontà di potenza delle élite tedesche. Si potrebbe obiettare che la Germania sta semplicemente seguendo il "modello" dettato dalla politica estera statunitense. E questo spesso è vero, ma non viene riconosciuto il fatto che, soprattutto nei confronti della Russia, la Germania resta aggressiva e conflittuale anche quando agisce in maniera sempre piu' indipendente e inoltre, non si sente vincolata dal diritto internazionale. 

Continua-->>>


domenica 17 maggio 2020

Fino a 3 anni di reclusione per chi brucia la bandiera dell'UE

Giovedi' sera il Bundestag ha approvato una nuova legge che prevede fino a 3 anni di reclusione per il reato di vilipendio della bandiera dell'UE oppure dell'inno europeo. Ne scrive RT Deutsch





Chiunque dia fuoco in pubblico alla bandiera dell'UE o alla bandiera di un paese straniero in futuro rischierà fino a tre anni di carcere. Il Bundestag giovedì sera ha approvato una modifica della legge corrispondente. Grazie a questa nuova legge anche l'inno dell'UE avrà una maggiore tutela.

Finora solo i simboli di stato della Repubblica Federale Tedesca erano protetti contro il vilipendio. Per gli emblemi nazionali degli altri paesi o dell'Unione Europea, una simile protezione era possibile solo a determinate condizioni

Con l'introduzione di un ulteriore passaggio nel codice penale, questa scappatoia legale in futuro non ci sarà piu'. D'ora in poi, infatti, le violazioni della nuova legge potranno essere punite con un massimo fino a tre anni di carcere o con una multa. Oltre al vilipendio della bandiera dell'UE e degli altri paesi, viene inclusa anche la loro distruzione, il danneggiamento o la deturpazione. Anche il solo tentativo è considerato punibile. I nuovi regolamenti hanno anche lo scopo di migliorare la protezione dell'inno dell'UE dagli insulti e dalle ingiurie. (...)

Il cambiamento introdotto era stato deciso in seguito agli incidenti del 2017 quando a Berlino dei manifestanti avevano fatto a pezzi delle bandiere israeliane. Christine Lambrecht, ministro federale della giustizia, sull'argomento ha commentato:

"Il rogo di una bandiera in pubblico non ha nulla a che fare con la protesta pacifica. Le bandiere in fiamme feriscono i sentimenti di molte persone."

Secondo il ministro tali atti alimenterebbero invece "l'odio, la rabbia e l'aggressività". Con l'estensione del reato appena approvata, d'ora in poi "per le bandiere straniere e i simboli dell'Unione europea dal punto di vista penale ci sarà una protezione uniforme", ha affermato il ministro.


mercoledì 25 marzo 2020

Uno smacco per il governo di Berlino

Mentre il governo di Berlino fino ad ora ha rifiutato ogni offerta di aiuto proveniente dalla Cina, dimostrando in questo modo le proprie ambizioni geo-politiche, il presidente del distretto di Heinsberg in NRW, zona gravemente colpita dall'epidemia, nei giorni scorsi ha compiuto un passo drammatico scrivendo una lettera aperta al presidente cinese Xi Jinping per chiedere l'aiuto della Cina e l'invio di materiale sanitario e di esperti. Un grave smacco per il governo di Berlino. Ne scrive RT Deutsch


L'amministratore distrettuale di Heinsberg, Stephan Pusch (CDU), ha inviato una lettera aperta al Presidente della Repubblica popolare cinese, Xi Jinping, come riportato dalla Deutsche Presse-Agentur. Heinsberg è considerato un "hotspot corona". In questa regione, infatti, è stato registrato un numero particolarmente elevato di casi. Nella sua lettera, che ha indirizzato all'ambasciata della Repubblica popolare a Berlino, il politico conservatore ha fatto appello al paese asiatico chiedendo di fornire a Heinsberg i beni medici urgentemente necessari. Secondo Pusch, l'inventario delle mascherine e degli abiti protettivi del distretto potrebbe esaurirsi in pochi giorni.

La Cina recentemente si era offerta per fornire sostegno al governo tedesco nel caso in cui fosse stato necessario. Ma Berlino non ha accettato l'offerta, a differenza di numerosi altri paesi europei.

"Fino a quando il comitato anti-crisi e gli ospedali della zona non possono fornire materiale protettivo a sufficienza - molto difficile - ciò avrà delle conseguenze gravi e di vasta portata per il sistema sanitario distrettuale di Heinsberg e per le persone qui residenti. Nella mia funzione di amministratore distrettuale, pertanto, chiedo supporto alla Repubblica popolare cinese", afferma la lettera dell'amministratore distrettuale, scritta nella forma di una lettera aperta.



Secondo Pusch i funzionari sanitari cinesi avrebbero una maggiore esperienza nella lotta contro il coronavirus. La sua amministrazione distrettuale, sarebbe quindi anche interessata a uno scambio professionale con le autorità cinesi. Inoltre, l'amministratore distrettuale può ben immaginare una partnership con l'epicentro della pandemia di corona in Cina, nella provincia di Wuhan.

Il distretto di Heinsberg, situato nel Nord Reno-Westfalia, finora ha registrato 21 morti e oltre 1.000 persone infette. La causa della massiccia infezione è stata una festa di carnevale durante la quale in molti sono stati contagiati.

Secondo Pusch, i funzionari sanitari cinesi senza dubbio hanno una maggiore esperienza nella lotta contro il coronavirus. La sua amministrazione distrettuale è quindi interessata a uno scambio professionale con le autorità cinesi. L'amministratore del distretto, inoltre, può facilmente immaginarsi una partnership con l'epicentro della pandemia di coronavirus in Cina, nella provincia di Wuhan.

Il distretto di Heinsberg, situato nel Nord Reno-Westfalia, finora ha avuto 21 morti e oltre 1.000 persone infette. La causa della infezione di massa è stata una festa di carnevale durante la quale in molti  sono stati infettati.

Il drammatico appello a Pechino rappresenta una vergogna per il governo tedesco, il quale ha sempre sottolineato di avere la situazione sotto controllo. Pusch questo fine settimana su Der Spiegel aveva già fortemente criticato la condotta del suo collega di partito Armin Laschet, Presidente del Land Nord Reno-Westfalia:

"Abbiamo immediatamente chiuso le scuole e gli asili nido e mi sarei aspettato di vedere immediatamente lo stesso passo anche nel resto della regione", si è lamentato l'amministratore distrettuale. "Abbiamo avuto l'impressione che qualcuno pensasse: okay, questo è un problema solo del distretto di Heinsberg".

È discutibile, inoltre, fino a che punto le altre aree della Germania possano esssere effettivamente preparate per l'epidemia di coronavirus. Ad esempio, il presidente del consiglio di amministrazione della Kassenärztliche Vereinigung di Amburgo, Walter Plassmann, ha riferito al servizio di informazione del settore medico:

"Per settimane abbiamo cercato disperatamente di acquistare equipaggiamento protettivo in ogni parte del mondo, il che è quasi impossibile"

Sebbene il governo federale gli avesse assicurato aiuto, nulla nel frattempo si sarebbe concretizzato.

martedì 14 maggio 2019

Hartz IV: obbligati a stare a casa

Fra le assurdità di Hartz IV c'è anche l'obbligo di dimora che impedisce ai sussidiati, come accade anche ai richiedenti asilo, di assentarsi per piu' di 3 settimane all'anno dalla loro abitazione o dalla zona in cui risiedono abitualmente. Si tratta di un criterio non definito in maniera chiara dalla legge e quindi per il disoccupato è concreto il rischio di essere vessato dal Jobcenter. Ne scrive Susan Bonath su RT Deutsch



L’obbligo di dimora non riguarda solo i richiedenti asilo, ma anche i destinatari di Hartz IV, i quali in caso di violazione devono temere delle sanzioni. La zona "di prossimità alla residenza" viene interpretata in maniera diversa dai singoli Jobcenter. La norma doveva essere già modificata con un emendamento del 2011 che tuttavia il Ministero del lavoro non ritiene necessario. 


di Susan Bonath 

Si parla molto della libertà senza confini, soprattutto si parla molto della libertà di movimento nel sistema capitalista. Sfortunatamente questo vale soprattutto per il capitale e per i profitti arraffati in questo modo, non certo per la maggior parte della classe lavoratrice sfruttata. Quello che in molti tuttavia non sanno è che per milioni di persone in Germania vige un rigido obbligo di dimora. Fra questi ci sono i richiedenti asilo, ma anche sei milioni di destinatari di Hartz IV. Se vengono beccati al di fuori della loro "zona di prossimità alla residenza", rischiano il blocco totale dell'unica entrata in grado di assicurare loro la sopravvivenza, il sussidio appunto. 


Ogni assenza dal luogo di residenza deve essere approvata 

Mentre la libertà di movimento dei richiedenti asilo è limitata al distretto (Landkreis) in cui si trova il loro centro di accoglienza, la legge per i disoccupati e gli Aufstocker è formulata in maniera alquanto vaga. Si parla solo di "un'area temporalmente e geograficamente vicina". Purché "l'integrazione nel mondo del lavoro" delle persone oggetto delle misure - per quanto improbabile essa sia - non venga "compromessa". E i centri per l'impiego, su richiesta, possono concedere fino a tre settimane all'anno lontano da casa, sempre che l'inserimento nel mondo del lavoro non sia a rischio. L'enfasi è su "richiesta", "possono" e "sempre che". 

Il risultato: tutti i Jobcenter interpretano la legge in maniera diversa. Dove finisce esattamente la zona di prossimità alla residenza? In caso di visita alla madre malata residente nella città vicina c’è un rischio di interruzione della prestazione? Inoltre, gli uffici del lavoro autorizzano a proprio piacimento le richieste di allontanamento dal luogo di residenza - oppure le rifiutano, spiano e controllano in tutti i modi possibili i loro clienti, oppure effettuano controlli via posta, e a volte anche telefonici - senza considerare il fatto che l'obbligo di residenza esorta e incoraggia ogni forma di delazione. 

Nonostante la denuncia della Corte dei conti: il ministero non vede alcun problema 

In realtà, proprio per questa ragione, la legge sin dal 2011 avrebbe avuto bisogno di un chiarimento interpretativo. Ma l’emendamento non è mai entrato in vigore. Il motivo: il Ministero del lavoro e degli affari sociali (BMAS) non ha presentato alcuna ordinanza, ad esempio, per definire con piu’ precisione l'area di prossimità, oppure per limitare la durata oltre la quale le persone interessate dalle misure dei Jobcenter devono richiedere un permesso di congedo. 

La corrispondente richiesta con la quale la Corte dei conti federale ha chiesto al Ministero di prendere in considerazione questi elementi viene ignorata sin dal 2017. Il BMAS ipotizza che i singoli centri per l'impiego in materia abbiano stabilito degli standard diversi, accusa la Corte dei conti federale. Il BMAS "non vede alcuna necessità", ha recentemente spiegato una portavoce del ministero ad una domanda specifica. 

Carta bianca ai Jobcenter per vessazioni arbitrarie 

Ai Jobcenter piu’ che altro interessa garantire la raggiungibilità per posta, spiega Harald Thomé dell'associazione sociale Tacheles. Per questo motivo l’obbligo di residenza in realtà è totalmente superfluo. La corrispondenza infatti può essere trasmessa digitalmente, ci sono i telefoni cellulari e le e-mail, critica Thomé. La nuova legge non eliminerebbe affatto il divieto di allontanamento. Ma almeno potrebbe contenere l'arbitrarietà dei Jobcenter, secondo Thomé: "con la vecchia legge, infatti, per i centri per l’impiego è molto piu’ facile vessare i percettori di un sussidio Hartz IV". 

Il fatto che i Jobcenter puniscano solo sulla base di un puro sospetto è mostrato anche da un catalogo che fa parte di una direttiva dell'Agenzia federale per l'impiego (BA) e al quale la portavoce del BMAS gentilmente rinvia. Nella lista degli indizi di un allontanamento dalla residenza, sufficienti per giustificare delle "misure" punitive ci sono: addebiti sul conto corrente da parte di agenzie di viaggio, addebiti per pagamenti su stazioni di servizio fuori zona, non presentarsi agli appuntamenti, non raggiungibilità telefonica, posticipo continuo di un appuntamento, cassetta della posta permanentemente piena, serrande di casa sempre abbassate, delazioni anonime, avvisi da terze parti, chiamate da località fuori zona o mancata reazione all’offerta di una misura di integrazione.



giovedì 15 novembre 2018

Il documento segreto del ministero degli interni: nel 2015 il governo tedesco avrebbe potuto chiudere i confini

Dal ministero degli interni spunta un documento segreto redatto all'epoca da funzionari di alto livello secondo il quale la chiusura delle frontiere nell'estate del 2015 sarebbe stata perfettamente legale, a differenza di quanto Merkel sin da allora ha sempre sostenuto.  Ne parlano RT Deutsch e Die Welt



Il governo tedesco ha sempre motivato la scelta di non aver voluto chiudere i confini prima dell'arrivo in massa dei rifugiati nell'autunno del 2015 adducendo presunte "preoccupazioni legali". Ora invece si viene a sapere: in un documento segreto alti funzionari ministeriali dichiaravano il contrario.

Le frontiere tedesche nell'autunno 2015 potevano essere chiuse senza alcuna preoccupazione di carattare legale. Lo riporta la "Welt am Sonntag" sulla base di un documento segreto del Ministero degli Interni in suo possesso. Il documento includeva un piano elaborato dagli alti funzionari del ministero per chiudere i confini durante l’ondata migratoria innescatasi nel settembre 2015.

Nel documento dal titolo "Possibilità di respingere coloro che cercano protezione alle frontiere tedesche", i funzionari discutevano le modalità per chiudere i confini e impedire ai rifugiati di attraversare il confine fra Austria e Germania. In alcuni atti non destinati alla pubblicazione i funzionari ministeriali erano arrivati alla conclusione: il respingimento sarebbe stato possibile e perfettamente legale.

A partire dal 2015 il governo tedesco ha sempre parlato di "preoccupazioni legali" come elemento cruciale per motivare la sua decisione di mantenere i confini aperti ai rifugiati. La rivelazione della WamS dimostra che si è trattato piuttosto di una decisione puramente politica. Ciò dovrebbe rendere ancora più difficile lo sforzo dell'Unione di lasciarsi definitivamente alle spalle la questione dei rifugiati. Ancora in ottobre, prima di dare l'annuncio del suo ritiro dalla corsa per la segreteria del partito, Merkel durante il congresso CDU della Turingia aveva detto:

"Se vogliamo passare il resto del decennio ad occuparci di cosa è accaduto nel 2015 e di come sono andate le cose, e a sprecare il tempo in questo modo, allora finiremo per non essere piu’ un partito di massa".


La pubblicazione del documento del Ministero dell'Interno spinge almeno una parte dell'opposizione a rianalizzare gli eventi del 2015. Il leader della FDP Christian Lindner chiede "un chiarimento complessivo sul tema":

"Le rivelazioni gettano una luce abbagliante sulle pratiche di governo della signora Merkel. Le questioni centrali per il paese vengono dibattute in circoli chiusi e oscuri. La decisione relativa alla necessità da parte del nostro paese di accogliere rifugiati al di là di quanto previsto dal quadro normativo, tuttavia, doveva essere discussa in pubblico e in parlamento."

Anche Oskar Lafontaine valuta l'argomento in maniera simile a Lindner. Il leader della Linke nel parlamento della Saar ha detto che è necessario discutere quanto accaduto nel 2015:

"Né il Bundestag né gli stati federali, né i vicini europei furono adeguatamente coinvolti in quelle decisioni. Fino ad oggi è mancata la necessaria trasparenza, che è il prerequisito indispensabile per una decisione democratica".



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martedì 4 settembre 2018

Come il neoliberismo di Bruxelles ha distrutto il modello di welfare svedese

Su Makroskop, il sito web di Heiner Flassbeck, è da poco uscita un'analisi molto interessante di Steffen Stierle, economista e giornalista tedesco, in merito al ruolo svolto dalle politiche europee nell'indebolimento del welfare e nella redistribuzione della ricchezza dopo l'ingresso nell'UE della Svezia avvenuto nel 1995. Per Stierle il risultato dello studio è chiaro: negli ultimi venti-trent'anni in Europa le cose sono andate decisamente meglio al di fuori dell'UE che non all'interno. Ne parla RT Deutsch.


La Svezia ha aderito all'UE nel 1995. La Norvegia ne è rimasta fuori. Un recente studio comparato mostra che da allora le economie di entrambi i paesi sono cresciute in egual misura, ma in Norvegia alla gente comune, con il "no" all'UE, è andata decisamente meglio.

(...) Negli stati membri i principi cardine del neoliberismo europeo permeano tutti gli ambiti della vita: dalle massicce privatizzazioni, fino ai servizi pubblici, agli ospedali, alle scuole e alle università; gli stati sono venuti meno alla loro responsabilità sociale; i disoccupati sono considerati responsabili per la loro condizione; ognuno deve prendersi cura di se stesso, se necessario, a spese degli altri; i vincitori, i piu' forti, le banche e le aziende prendono tutto; la redistribuzione nel frattempo è diventata una brutta cosa, etc. etc.

Ma torniamo alla Svezia: come risultato della sua adesione all'UE lo sviluppo nella distribuzione della ricchezza è andato chiaramente a svantaggio di quelle che spesso e volentieri vengono definite le persone "normali" o anche il "popolo" - diversamente da quanto è accaduto in Norvegia. In altre parole, la Svezia sarebbe stata travolta dall'orientamento anti-sociale dell'UE, stretta nella camicia di forza neo-liberista, mentre la situazione in Norvegia sarebbe rimasta relativamente stabile e sostanzialmente immutata. Lo afferma  nel suo paper appena pubblicato su Makroskop l'autore dello studio comparato, Steffen Stierle, economista e giornalista specializzato in "Economia politica dell'integrazione europea".

Fino all'ingresso nell'UE, secondo l'autore, la Svezia era considerata il paese modello del welfare scandinavo: distribuzione del reddito elevata e regolare, ampio settore pubblico, forte redistribuzione operata attraverso politiche fiscali e sociali, ecc. Ma da allora l'UE ha avuto più influenza sulla Svezia di quanta non ne abbia avuta la Svezia sull'UE, ad esempio con le regole europee in materia di politica economica e fiscale. Queste direttive UE sono le cosiddette "hard laws", vale a dire quei regolamenti rigidi o leggi che devono essere applicati da tutti i membri e la cui mancata applicazione viene sanzionata con multe significative, cosi' secondo Stierle.

"Dall'altra parte invece", prosegue il critico dell'UE Stierle, "a causa delle dure regole sull'indebitamento, in Svezia è aumentata la pressione per tagliare la spesa sociale e far arretrare il perimetro del settore pubblico". Inoltre, "le norme relative al mercato interno dell'UE e al diritto della concorrenza hanno portato a una liberalizzazione sempre crescente nel mercato delle merci e del lavoro". Gli effetti negativi sono stati percepiti anche in materia di sicurezza sul lavoro.

Vi è inoltre un problema molto svedese legato all'afflusso incontrollato di stranieri. Secondo l'analisi di Stierle "la competizione diretta, tra le altre cose anche con i lavoratori tedeschi altamente qualificati e a basso salario, ha di fatto scardinato il modello ad alto salario della Svezia". Sfortunatamente il massiccio afflusso di migranti e richiedenti asilo provenienti dai paesi extraeuropei e sostenuto dall'UE non viene menzionato. Tuttavia, è probabile che l'afflusso massiccio di migranti eserciti una pressione considerevole sulla spesa pubblica già drasticamente ridimensionata nella sua componente sociale.

Inoltre, la forte concorrenza fra i paesi ha fortemente ridotto le imposte sui profitti, i redditi finanziari e i patrimoni, comprimendo le entrate statali. Per il modello sociale scandinavo, fondato su alte entrate dello stato, questa è stata la campana a morto.

Inoltre, sulla base di ampie statistiche UE disponibili e di altre fonti, Stierle nota ad esempio che la quota dei salari sul Pil della Svezia è passata dal 54,8% del 2000 al 46,9% del 2016, fatto che segnala una forte redistribuzione della torta dai lavoratori a favore dei detentori di capitale. In Norvegia, invece la tendenza si è invertita e la quota dei salari nella torta complessiva è aumentata dalla fine del secolo di 4,5 punti percentuali e ora è superiore a quella svedese.

Un quadro simile emerge dalla distribuzione del reddito: il rapporto fra il 20 % degli svedesi con il reddito più alto e il 20 % con il reddito più basso alla fine del millennio era di 3,3. Vale a dire che il 20 % più ricco guadagnava 3,3 volte il 20 % più basso. Nel 2016 - l'ultimo anno per il quale sono disponibili statistiche - questo rapporto è salito a 4.3. "Un enorme aumento della disuguaglianza", afferma l'autore Stierle.

Anche in Norvegia, il divario di reddito fra il 20% più alto e quello più basso nello stesso periodo ha continuato ad aumentare, tuttavia in maniera molto piu' debole, passando da 3,4 a solo 3,7. "Anche qui i norvegesi sono riusciti a superare i loro vicini svedesi dopo che questi ultimi sono entrati nell'UE", scrive Stierle.

Ma queste differenze non hanno forse a che fare con le divergenze nello sviluppo dei livelli salariali generali dei due paesi? L'autore ha risposto anche a questa domanda e ha rilevato che i lavoratori norvegesi hanno goduto di un forte aumento delle retribuzioni medie passate dai  35.800 dollari di fine millennio ai 46.400 dollari del 2016, con un aumento del 31%. In Svezia, invece, l'aumento delle retribuzioni è stato molto più modesto, nello stesso periodo sono passate da 29.800 dollari a 31.600 dollari, un aumento solo del 6%.

"È probabile che l'andamento salariale e redistribuivo in Svezia, relativamente piu' modesto, abbia a che fare con il fatto che dopo l'adesione all'UE il livello di sindacalizzazione svedese è passato da oltre l'80% della forza lavoro al 66,8% del 2015. Sebbene questa cifra in Norvegia a causa di un diverso sistema di contrattazione collettiva sia intorno al 55% e quindi  significativamente piu' bassa, negli ultimi due decenni è rimasta costante. Ciò suggerisce che i lavoratori di quel paese non abbiano subito una perdita di potere contrattuale degna di nota, mentre in Svezia c'è stata una certa frammentazione", prosegue lo studio comparativo.

Le statistiche fornite come esempio dallo studio mostrano che "la forza lavoro norvegese è riuscita a garantirsi una fetta della torta molto più ampia rispetto alla controparte svedese", in quanto la dimensione della torta per entrambi i paesi a partire dall'ingresso della Svezia nell'UE è cresciuta all'incirca allo stesso modo. Ma questo significa anche - secondo l'autore - che "i detentori di capitali e i redditi più alti in Svezia sono diventati relativamente piu' forti e possono quindi rivendicare per sé una parte sempre maggiore della ricchezza creata".

In altre parole, questa analisi dimostra che fondamentalmente l'adesione all'UE è stata la causa per la quale la Svezia è caduta dal suo decennale piedistallo di paese modello in materia di welfare scandinavo e che invece la Norvegia, paese non membro dell'UE, ha preso il suo posto. "Potrebbero essere citati anche altri indicatori relativi ad esempio alla protezione dei dipendenti, alla diffusione dei contratti collettivi, alla distribuzione dei patrimoni o al grado di controllo e indirizzo dello stato nell'economia. Si potrebbero includere nell'analisi anche altri paesi simili come l'Islanda e la Finlandia. Ma il quadro generale non cambierebbe", cosi' secondo Stierle.

"Per le "persone normali", per coloro che non dispongono di un patrimonio significativo e devono guadagnarsi un reddito con il lavoro e/o l'aiuto del governo, negli ultimi venti-trent'anni in Europa le cose sono andate meglio al di fuori dell'UE che non all'interno".

E questo dovrebbe essere un insegnamento per i sostenitori della Brexit.

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venerdì 17 agosto 2018

Sahra Wagenknecht: "le autostrade tedesche saranno la mucca da mungere per i profitti dei privati"

Qual'è il legame fra la crisi dell'euro e la futura privatizzazione delle autostrade tedesche? A causa dei bassi tassi di interesse le assicurazioni sulla vita tedesche sono alla ricerca di un business semplice e pulito con il quale garantirsi una certa redditività per far fronte agli impegni nei confronti degli assicurati. Le autostrade in Germania sono ancora pubbliche e la loro privatizzazione al momento non è politicamente sostenibile, tuttavia con la riforma costituzionale del giugno 2017 di fatto il governo della Große Koalition è andato in soccorso del settore finanziario dando avvio al processo di privatizzazione delle autostrade. Ad opporsi al progetto di riforma costituzionale al Bundestag nel giugno 2017 c'era una battagliera Sahra Wagenknecht, con un discorso di grande impatto. Ne parlava RT Deutsch


Il Bundestag ha dato luce verde alla riforma costituzionale che secondo i critici darà avvio alla privatizzazione delle autostrade. Fra gli oppositori della riforma c'è anche Sarah Wagenknecht della Linke che nel suo discorso al Bundestag non le manda a dire.

Giovedi' il Bundestag ha approvato 13 emendamenti costituzionali con la necessaria maggioranza dei due terzi. Fra gli emendamenti approvati c'è anche la riforma delle autostrade con la quale si trasferiscono le competenze dalle regioni al governo federale e che di fatto apre la strada alla privatizzazione delle autostrade. Su un totale di 603 deputati, 455 hanno votato a favore del pacchetto di leggi, ne servivano almeno 420. Mentre 61 parlamentari si sono astenuti, 87 hanno votato contro. Nei partiti di governo 47 deputati non hanno votato a favore dell'iniziativa di legge della Grosse Koalition. 

Il dibattito che ha preceduto il voto si è fatto vivace quando Sarah Wagenknecht della Linke si è presentata davanti al leggio. Invano il suo partito aveva chiesto con un emendamento di escludere la privatizzazione delle autostrade dalla modifica della legge costituzionale. Con il pacchetto dei 13 emendamenti costituzionali, secondo la Linke, il federalismo sarà minato alla base e si aprirà la strada a una "nuova privatizzazione su larga scala delle funzioni pubbliche". Wagenknecht ha definito il pacchetto legislativo come un "regalo d'addio avvelenato" della Grosse Koalition. Ha anche espresso l'augurio che quanti piu' elettori possibili "possano almeno assistere a questo gioco falsato".

Il discorso del capogruppo della Linke è stato accompagnato da interruzioni, commenti per niente qualificati e risate di derisione dalle fila dei partiti di governo - sembrava come se alcuni parlamentari avessero confuso il Parlamento con un tavolo da osteria. Queste le parole a loro indirizzate:

"Il fatto che l'aula sia cosi' rumorosa mostra quanto siete toccati dall'argomento. Lo sapete bene, state ingannando l'opinione pubblica"

Con la riforma costituzionale, la rete autostradale in futuro diventerà "la mucca da mungere per i profitti dei privati". Con l'inserimento in Costituzione dei partenariati pubblico-privati (ÖPP) le banche e le assicurazioni otterranno delle opportunità di investimento "lucrose e prive di rischio".

Con i sostenitori di questa legge di privatizzazione mascherata, la leader dell'opposizione è stata molto dura:

"Ovviamente i desideri di redditività di Allianz e degli altri gruppi finanziari sono molto piu' importanti degli interessi dei cittadini - non si puo' trarre altra conclusione. Cio' accade in un quadro in cui queste imprese nel nostro paese hanno un potere enorme. Imprese che vi fanno avere con regolarità delle generose somme di denaro a titolo di donazione e che da molto tempo fanno pressione affinché lo stato possa sovvenzionare i loro profitti".

Per questo sempre piu' cittadini ritengono che la politica sia "una manifestazione sempre piu' corrotta". Wagenknecht ha parlato di "contratti vessatori per saccheggiare i contribuenti" e di un "pantano fatto di lobby, facili truffe e inganni senza freni nei confronti dell'opinione pubblica". Ha anche accusato la SPD di volersi dedicare all'inganno con una "particolare intensità". 

Per il trasferimento delle competenze al governo federale i Laender avrebbero ricevuto "tangenti" per un valore complessivo di 9 miliardi di euro. Il gruppo parlamentare della Linke non intende partecipare "all'aggressione nei confronti del portafoglio degli automobilisti e dei contribuenti", cosi' Wagenkneckt verso la fine del suo discorso. "Per questo votiamo no alla legge".

Il Discorso completo:

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