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martedì 26 maggio 2020

Perché i tedeschi temono l'unione di trasferimento

Dopo l'accordo tra Francia e Germania sul recovery fund la stampa conservatrice prende di mira la Cancelliera tedesca accusandola di aver aperto la strada alla temutissima unione di trasferimento con il sud-Europa e di non aver tenuto conto dei veri interessi tedeschi. Se Merkel sul Recovery fund fa sul serio allora è anche probabile che non abbia nessuna intenzione di ricandidarsi, perché dalla stampa popolare e conservatrice le arrivano attacchi molto duri. Per una volta, forse, il governo tedesco ha preferito i libri di storia ai sondaggi sugli ultimi trend elettorali. Quattro riflessioni sull'accordo franco-tedesco dalla FAZ, da Tichys Einblick, da WirtschaftsWoche, e da Focus.


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Anche sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, quotidiano con una linea spesso filo-merkeliana, il condirettore Berthold Kohler esprime dei forti dubbi sulla sostenibilità politica dell'unione di trasferimento:

(...) Perché anche quelli che vorrebbero svuotare gli stati nazionali dall'oggi al domani privando di ogni potere i loro organi fino anche alle corti supreme, in realtà stanno solo danneggiando l'ideale europeo. Si può anche andare in estasi per il fatto che il piano Merkel-Macron ha posto la "prima pietra di una nuova Europa" - ma i popoli europei vivono ancora molto volentieri nelle loro splendide e antiche costruzioni, gli stati nazionali. Che poi sono anche la patria della democrazia. Lì, il popolo sovrano ha ancora un'influenza maggiore e più diretta sulle decisioni politiche rispetto a quanto accade a Bruxelles. Anche il sentimento di appartenenza a un destino comune, per il quale sacrificarsi quando le circostanze lo rendono necessario, resta molto piu' forte negli stati nazionali.

Il più grande difetto del processo di unificazione

Non esiste ancora a livello europeo un simile sentimento di unità. E questa è la piu' grande mancanza del processo di integrazione. I tedeschi non sono certo felici di dover pagare sin dai tempi della riunificazione il "Soli" (imposta di solidarietà con l'est), ma continuano comunque a pagarlo con diligenza. Se un politico tedesco chiedesse un simile contributo di solidarietà per la Spagna o l'Italia sperimenterebbe un perfetto "shitstorm", anche se a dire il vero molti tedeschi preferirebbero vivere in Toscana piuttosto che in Sachsen-Anhalt.

L'identità europea tuttavia non può in alcun modo competere con il senso di comunità che esiste negli stati nazionali, che non è emerso solo ai tempi del nazionalismo, ma è nato come una forma di netta demarcazione dagli altri popoli. In un mondo di risorse limitate, pertanto, ogni atto di aiuto finanziario che comporta una rinuncia da parte del donatore, deve avere una giustificazione persino maggiore, ad esempio, della perequazione finanziaria fra le regioni tedesche. 

Perché anche in un paese ben disposto nei confronti dell'integrazione, come lo è la Germania, se i cittadini avessero la sensazione di essere relegati in eterno nel ruolo dell'ufficiale pagatore, l'umore potrebbe cambiare alla svelta. Sarebbe sciocco pensare che in nome dei vantaggi economici e politici offerti dall'integrazione europea, i tedeschi non possano fare altro che dichiararsi "solidali" a suon di miliardi di euro. Anche se il valore della pace e della prosperità garantiti da un'Europa senza confini potesse essere trasformato in numeri, la solidarietà non è il risultato di un conto fra profitti e perdite, ma una questione di atteggiamento e di sentimenti. E in Italia, Francia, Spagna e in altri paesi europei non dovrebbero dimentichare che i sentimenti, specialmente quando si infiamma l'indignazione nei confronti dei presunti teutonici non solidali, li hanno anche i tedeschi.


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Su WirtschaftsWoche invece Malte Fischer spera, come molti milioni di tedeschi, che i paesi frugalisti, guidati da Austria e Olanda, alla fine riescano ad imporsi sul duo franco-tedesco:


(...) Con il fondo per la ricostruzione, Macron si è ulteriormente avvicinato al suo obiettivo di trasformare l'UE, grazie a una propaganda sulla solidarietà molto efficace in termini di presa sull'opione pubblica, spingendola nella direzione sempre voluta e ricercata dalla Francia: da una comunità di Stati auto-responsabili a un'unione di trasferimento che sviluppa un potere statale determinato dalle ambizioni di potere dei francesi e finanziato dalla Germania in quanto principale fonte dei trasferimenti. L'emissione di obbligazioni proprie, tramite le quali l'UE per la prima volta può prendere denaro in prestito come se fosse uno stato, è anche un passo verso quella statalità sovranazionale che le élite europee hanno sempre sognato.

I contribuenti tedeschi dovranno pagare a caro prezzo il fatto che Merkel ha deciso di dare il via libera ad una trasformazione dell'UE in una unione di trasferimento. L'argomento secondo il quale i trasferimenti dalla Germania verso "Italia e Co." servirebbero a garantire dal punto di vista economico degli importanti mercati di esportazione e sarebbero quindi nell'interesse della Germania non ci deve ingannare. Se l'argomento fosse vero, allora la Germania dovrebbe trasferire risorse anche verso gli Stati Uniti e la Cina. Decisamente folle. In ogni caso, l'argomento dal punto di vista economico è simile al tentativo di un proprietario di un chiosco di panini di aumentare le vendite regalando ai suoi clienti delle banconote in modo che questi poi possano acquistare le sue salsicce.

Una simile economia vudù negli ambienti politici di Berlino potrebbe anche abbagliare qualcuno. I contribuenti tedeschi tuttavia non devono farsi ingannare. Gli resta solo la speranza dell'opposizione di Vienna o dell'Aia. Lì non sono certo entusiasti per l'iniziativa di Macron e Merkel. Il primo ministro austriaco Sebastian Kurz, infatti, dopo aver consultato il suo collega olandese ha immediatamente annunciato l'opposizione al piano di Macron. Insieme a Danimarca e Svezia, entrambi i paesi insistono affinché il denaro proveniente dal fondo per la ricostruzione venga concesso solo sotto forma di prestiti. Entrambi i paesi pertanto a breve presenteranno una proposta alternativa.

Gli epigoni di Machiavelli dell'Europa del sud non hanno ancora raggiunto il loro obiettivo. Soprattutto dal momento in cui l'istituzione di un fondo per la ricostruzione dovrà essere deciso all'unanimità da tutti i 27 paesi dell'UE. Per i contribuenti tedeschi, quindi, incrociamo le dita sperando che Austria e Paesi Bassi restino a rappresentare gli interessi dei contributori netti, per i quali apparentemente a Berlino non ci sono sostenitori.


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Anche su Tichys Einblick, il grande intellettuale e pubblicista tedesco Klaus-Rüdiger Mai ci va giu' duro e attacca Merkel accusandola di aver ignorato i veri interessi tedeschi:

(...) In parole povere, questo significa che i paesi del nord, in particolare la Germania, finanzieranno Spagna, Italia e Francia, e questo perché una situazione di grave difficolta finanziaria sarebbe un disastro per le banche francesi, fortemente investite in Italia. A questo punto va ricordato che la ricchezza media dei cittadini della "ricca" Germania, secondo un'analisi di WELT, è inferiore alla ricchezza media dei cittadini di Italia e Francia, ma saranno i cittadini della "ricca" Germania a dover pagare per la  voglia di spendere soldi di Merkel.


Ma se sai che Macron proviene dal settore finanziario francese, allora sai anche quali interessi sta rappresentando. Sarà però il contribuente tedesco a dover sborsare soldi per coprire la crisi del settore finanziario francese nei decenni a venire. La Cancelliera tedesca ha accettato questo piano - e nient'altro - in un vertice con il presidente francese.

Mai fino ad ora nella storia della Repubblica Federale un Cancelliere aveva ignorato in questo modo gli interessi tedeschi, aveva mostrato così poca empatia per la vita dei cittadini, per la prosperità della nazione e per la felicità e il futuro dei nostri figli, come invece sta facendo ora Angela Merkel. Mai prima d'ora nella storia tedesca un Cancelliere aveva rinunciato alla sovranità della Germania  indebitandosi tanto da pesare gravemente sul paese e sui suoi cittadini per generazioni, portandoci solo alla rovina economica e all'impoverimento. Il sogno di Macron dei campioni europei, che saranno i campioni francesi, spezzerà la spina dorsale delle piccole e medie imprese tedesche. Le quali però saranno chiamate a finanziare questo sogno.

Al momento, i cittadini tedeschi possono solo sperare in una resistenza a oltranza da parte dei capi di governo di Finlandia, Paesi Bassi e Austria. Ma forse anche questa speranza è solo un'illusione, perché potrebbe anche essere che questi stati rinuncino alle loro riserve se la Cancelliera dichiarasse che la Germania si assumerà la responsabilità e la quota del rimborso per i tre stati. Certo, è un'idea assurda, ma negli ultimi anni l'assurdità non è forse diventata realtà e la realtà non é diventata un'assurdità?



Non poteva mancare ovviamente Focus, che con un commento di Hugo Müller-Vogg si schiera decisamente contro ogni forma di unione di trasferimento a danno degli operosi e diligenti contribuenti tedeschi:


(...) L'Italia, d'altra parte, ha lasciato trascorrere gli ultimi anni molto positivi senza aver fatto nulla per risanare le sue finanze publiche disastrate. Allo stesso tempo, la ricchezza privata in Italia ha raggiunto nuovi massimi. Secondo i calcoli del Credit Suisse, la ricchezza privata italiana è 5,5 volte il PIL. In Germania, invece la ricchezza privata è solo 3,8 volte il PIL. Ciò ha anche a che fare con il fatto che nessun governo italiano cerca seriamente di riscuotere le tasse con la stessa meticolosità con la quale lo fanno le autorità fiscali tedesche.

E il risultato è grottesco: i tedeschi sono più poveri degli italiani - in base alla loro ricchezza pro capite - mentre lo stato tedesco finanziariamente  è molto più forte di quello italiano. Di conseguenza i "poveri" contribuenti tedeschi dovrebbero sostenere il "povero" stato italiano. Mentre i ricchi italiani preferiscono investire le proprie attività finanziarie al di fuori dei loro confini.

Merkel e Macron posano la "pietra angolare per una nuova Europa"

Emanuel Macron e Angela Merkel ritengono che il fondo per la ricostruzione rappresenti "la pietra angolare per una nuova Europa". La loro nuova Europa sarà come la precedente, e dovrà fare affidamento sulla solidarietà intergovernativa. La solidarietà tuttavia non dovrebbe essere vista come un affare unilaterale, cioè come l'impegno dei paesi economicamente più forti in favore di quelli più deboli. La solidarietà, se correttamente interpretata, riguarda anche gli sforzi di coloro che si aspettano di ricevere l'aiuto. Altrimenti tra coloro che devono aiutare cresce l'insoddisfazione, che potrebbe anche trasformarsi rapidamente in risentimento.

L'UE sosterrà i paesi in difficoltà, indipendentemente dal nome che lo strumento di finanziamento porta. Se negli altri paesi non dovesse cambiare nulla, accadrà che il contribuente tedesco cofinanzierà indirettamente delle prestazioni sociali che la Germania stessa non si può permettere. La Spagna ad esempio vuole introdurre un reddito di base incondizionato che invece noi non abbiamo. L'Italia si fa sfuggire miliardi di euro di gettito fiscale e lascia l'età pensionabile a 65 anni (donne: 60), mentre le autorità fiscali tedesche intervengono senza pietà e i tedeschi si stanno muovendo verso la pensione a 67 anni.

La Francia a sua volta garantisce ai lavoratori dipendenti il ​​secondo salario minimo più alto dell'UE con 10,14 euro l'ora, che molte aziende possono pagare solo grazie a dei sussidi statali. I lavoratori a basso reddito tedeschi, invece, devono accontentarsi di 9,35 euro lordi l'ora. Macron  inoltre vorrebbe ottenere l'approvazione della sua riforma delle pensioni, di cui c'è urgente bisogno, garantendo una pensione minima di 1.000 euro al mese. La nostra pensione di base minima non può tenere il passo.

I cittadini dei paesi donatori hanno il diritto di avere la solidarietà dei destinatari degli aiuti

Su una cosa non c'è dubbio: il mercato comune non va a svantaggio della Germania. In cambio, però la Repubblica federale finora è stato l'ufficiale pagatore d'Europa. I contribuenti tedeschi hanno ampiamente accettato questo "scambio". Alla luce  degli sconvolgimenti economici causati dal coronavirus, degli imminenti fallimenti e dei modelli di business in pericolo, potrebbe però venire meno la volontà di mostrare solidarietà con gli altri paesi, soprattutto se ai beneficiari dovesse mancare il "contegno di chi riceve solidarietà".

L'Europa non può funzionare senza solidarietà. Ma anche i cittadini dei paesi donatori hanno il diritto di avere la solidarietà dei destinatari.


martedì 11 giugno 2019

Wirtschaftswoche - Perchè la procedura d'infrazione contro l'Italia è una farsa

Su Wirtschaftswoche, il piu' importante settimanale economico tedesco, mai tenero con l'Italia, l'ottimo Ferdinand Knauß ci spiega in maniera semplice, ma non banale, perché la procedura di infrazione per eccesso di debito contro l'Italia è solo l'ennesima farsa. Da Wirtschaftswoche


La Commissione Europea la scorsa settimana ha raccomandato l'apertura di una procedura per eccesso di debito nei confronti dell'Italia. I governanti a Roma stanno già tremando al solo pensiero? Non esattamente. In Italia, a Bruxelles e in tutto il resto del mondo, è ben noto che le sanzioni previste dai trattati, vale a dire una multa dello 0,2% del prodotto interno lordo e il taglio dei fondi UE, non si trasformeranno mai in realtà.

Non solo lo si può dedurre dalla recente esperienza fatta con il deficit pubblico francese, tedesco e greco, ma anche perché l'intero costrutto della procedura per eccesso di deficit non era stato pensato con questo obiettivo. Non viene utilizzato perché fin dall'inizio era chiaro che si trattava di un'assurdità fuori dalla realtà. Tutte le parti coinvolte lo sanno: la procedura può trasformarsi solo in una farsa - specialmente se sarà portata avanti in maniera coerente.

Le sanzioni previste dalla procedura sono il vero punto debole dell'unione monetaria. Al più tardi quando saranno effettivamente applicate, la loro assurdità sarà evidente: uno stato che si indebita sempre di piu' perché spende troppi soldi sarebbe quindi condannato a dover spendere ancora di più - questa volta non a favore dei cittadini del paese e degli elettori dei governanti in carica, ma per le casse di Bruxelles.

E l'Italia dove dovrebbe andare a prendere i soldi per queste sanzioni? Dove, se non prendendo a prestito altro denaro? La multa non avrebbe altro effetto se non il rafforzamento delle conseguenze dell'infrazione. Dopo il procedimento per eccesso di debito, l'Italia si troverebbe ad avere un debito ancora più alto - e il resto dell'Eurozona un problema ancora più grande. O qualcuno può seriamente credere che un governo possa condannare i suoi cittadini a tirare la cinghia solo per fare un favore a Bruxelles? Una cosa del genere non potrebbe aspettarsela nemmeno un ipotetico cancelliere Robert Habeck (Verdi) dai suoi elettori post-materialisti ed eurofili a Berlino, Stoccarda e Hannover. Un Salvini non arriverebbe mai ad avere un'idea simile.

Nei fatti la Commissione europea non dispone di uno strumento di pressione che vada oltre la condanna morale. Questa condanna tuttavia verrà inscenata nel modo più evidente possibile. Certo a Bruxelles per molti è fin troppo facile accusare il governo italiano di essere un peccatore del debito, dato che l'Italia attualmente è governata da populisti. Soprattutto in Germania sarebbero poche le mani pronte ad agitarsi per difendere il governo Conte (che di fatto sembra sempre più un governo Salvini). A Roma alla fine governano gli alleati di AFD. Al di là di ciò per il momento non accadrà nulla - perché diversamente si tratterebbe solo di una farsa per l'intera unione (monetaria).

Le sanzioni non funzionano a meno che non vadano a colpire direttamente e personalmente gli agenti coinvolti. L'UE tuttavia non è un impero europeo e la Commissione non è un potere centrale sovrano che può entrare in azione per punire i vassalli. I fondatori dell'unione monetaria, evidentemente, si erano arresi a questa illusione. 

I governanti dipendono dal consenso dei propri elettori. Se condannare moralmente Salvini e i suoi seguaci accusandoli di essere dei delinquenti del debito possa avere un ruolo decisivo, è discutibile. Egli sa bene che a Bruxelles, Berlino e Parigi non lo amano. Per quale motivo dovrebbe essere preoccupato da una procedura di disavanzo più di quanto abbiano fatto all'epoca i governanti in Francia o in Grecia oppure in Germania ai tempi di Gerhard Schroeder?

In ogni caso Salvini, data l'esperienza fatta con la Grecia a partire dal 2010, evidentemente ritiene che nessuno possa avere la volontà e la forza politica per tenere fede ai principi, almeno fino a quando sarà possibile chiudere tutti e due gli occhi con la pia speranza di cavarsela rimandando tutto al giorno di poi nell'anno di mai. Cosa potrà diventare l'unione monetaria nel medio-lungo termine in tali circostanze? Nessuna idea.


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sabato 24 marzo 2018

La Germania fra la peste dell'unione di trasferimento e il colera della fine dell'euro

Le élite politiche ed economiche tedesche sono di fronte ad un bivio: da un lato la peste dell'unione di trasferimento dall'altro il colera delle conseguenze politiche e geo-strategiche della fine della moneta unica. Ne parla in 140 pagine uno studio appena pubblicato dal Feri Cognitive Finance Institute di Francoforte e rilanciato da WirtschaftsWoche in un articolo le cui conclusioni sono alquanto chiare: l'equilibrio della moneta unica è molto precario, la fine dell'euro non è da escludere. Da wiwo.de


Fino al 2015, almeno fino all'escalation della crisi dei migranti, non c'era una domanda che occupasse la politica europea piu' di questa: l'unione monetaria può' essere tenuta in piedi senza che i membri vacillanti, la Grecia in primo luogo, debbano lasciare l'eurozona? La questione sembrava aver ricevuto una risposta definitva: la fine dell'unione monetaria non è piu' all'ordine del giorno. O almeno questo è il messaggio che da allora i governanti di Bruxelles e delle capitali dell'eurozona e della BCE di Francoforte continuano a proclamare in maniera piu' o meno credibile. Anche al prossimo vertice UE di giovedì e in quello dell'eurozona di venerdi' nessun capo di governo esprimerà dei dubbi ad alta voce.

Dall'inizio della crisi greca nel 2010 il rimedio è sempre stato lo stesso, come ha recentemente spiegato Hans-Werner Sinn al presentatore televisivo Markus Lanz: "la crisi è sempre stata superata mettendo sul tavolo il portafogli del contribuente, essenzialmente di quello tedesco. E nel farlo è stato detto: non abbiate paura investitori, mettete pure i soldi sulla Grecia & Co., nel dubbio saranno i tedeschi a ridarveli  indietro". Insieme alla politica di enorme espansione monetaria della BCE, si è trattato più' che altro di una sospensione o di un tentativo di gestione della crisi, ma non c'è stata una reale rimozione delle cause sottostanti.

Un recente studio del Feri Cognitive Finance Institute di Francoforte accompagna in circa 140 pagine le profezie della Cassandra Sinn verso il vertice UE di questa settimana. La conclusione di questa indagine argomentativa basata sulla teoria dei giochi è la seguente: "Il crollo della moneta unica non è affatto da escludere".

Le proposte di riforma fatte dal Presidente francese Macron, tanto celebrate anche in Germania, secondo l'autore dello studio nonché presidente del Feri-Instituts, Heinz-Werner Rapp, non sono affatto risolutive: l'unione monetaria è un "cantiere incompleto" i cui principali "difetti di costruzione" e "il rischio incidente" non possono in alcun modo essere rimossi, al massimo nascosti. Anche nelle attuali proposte di Parigi si tratterebbe piu' che altro di reperire nuove risorse finanziarie per continuare a spingere l'attuale politica "sia attraverso nuove opportunità per la creazione di debito pubblico, oppure piu' pericolosamente - attraverso la socializzazione dei rischi". Nel grande discorso alla Sorbona di Macron del settembre scorso si diceva letteralmente: "abbiamo il dovere di finanziare i beni comuni, al cui vertice c'è la moneta unica. Abbiamo quindi bisogno di maggiori investimenti e di mezzi per la stabilizzazione in caso di crisi economiche". Investimenti, risorse - quindi denaro.

I motivi principali per "la fragilità concettuale, istituzionale ed economica" dell'euro sono fondamentalmente i conflitti di interesse, le incomprensioni e le contraddizioni "concettuali e filosofiche" fra Germania e Francia, in quanto principali paesi dell'eurozona. Queste contraddizioni, accettate con garbo e leggerezza nell'ambito del primato della politica nella fase iniziale della moneta unica costituiscono ora un "terreno pericoloso denso di fratture e complessi fattori di rischio", che mettono a repentaglio l'esistenza stessa dell'unione monetaria.

Rapp individua diverse linee di rottura. Prima di tutto morali - nel caso estremo, l'inganno deliberato in merito alla situazione delle finanze greche al momento dell'ingresso nell'unione monetaria. Ancora piu' profonda: l'eterogeneità economica degli stati membri in relazione alla competitività, all'indebitamento e alla flessibilità delle istituzioni e delle strutture. E ancora strettamente collegata è la linea di rottura concettuale che è stata aperta dal sistema dei saldi Target: originariamente inteso come un sistema di compensazione interno per i flussi di pagamento, in seguito si è trasformato in un sistema di lettere di credito senza controllo. Un sistema fatto "di prestiti per la creazione di denaro", come indica lo studio citando Hans-Werner Sinn. Ed è altamente improbabile che la Bundesbank tedesca, di fatto il principale creditore, sarà mai in grado di incassare questi prestiti vantati nei confronti del sud-europa.

A ciò' si aggiungono le "linee di faglia sistemiche". Sono diventate evidenti durante l'eurocrisi, soprattutto nelle misure di aggiustamento e con le evidenti tracce lasciate nella struttura istituzionale dell'unione monetaria (non ultimo il pacchetto di salvataggio ESM). Queste misure svalutano l'insieme originale delle regole del trattato di Maastricht - soprattutto la clausola centrale del "No-bail-out" che proibiva esattamente tali misure di salvataggio.

Al di là delle proteste ufficiali, queste misure hanno liberato i governi dei paesi in crisi dalla pressione immediata di dover agire. In termini di teoria dei giochi: l'esperienza di un giocatore, le cui violazioni aperte delle regole non gli procurano nessuna punizione, ma al contrario, gli garantiscono il supporto degli altri giocatori, conduce direttamente all'azzardo morale, in altre parole al free-riding. 

La prospettiva di forti sconvolgimenti economici e soprattutto politici, che potrebbero esserci in caso di totale rottura della zona euro, potrebbero tuttavia non essere un motivo sufficiente per spingere i politici al governo, soprattutto in Germania, "a fare almeno quei passi minimi che potrebbero ancora evitare una rottura della zona euro".

La prospettiva futura piu' probabile per l'unione monetaria "è una graduale transizione verso una costosa ed inefficiente unione di trasferimento". In considerazione di queste riflessioni legate alla teoria dei giochi, Rapp ipotizza che nel frattempo una riforma di fondo che introduca trasferimenti crescenti e dalla durata incondizionata diventi sempre piu' improbabile, poiché gli incentivi per gli attori nazionali tendono a ridursi. Le conseguenze implicite sarebbero: "un significativo aumento dei trasferimenti e un aumento costante dei rischi futuri, soprattutto per la Germania".

La via verso l'unione di trasferimento perciò' secondo Rapp "non è solo una dichiarazione di bancarotta nei confronti di tutte le precedenti promesse di voler creare un'unione monetaria stabile; l'unione di trasferimento porta con sé ulteriori perturbazioni nella zona euro". I trasferimenti non potrebbero stabilizzare in maniera definitiva e a lungo termine l'unione monetaria, ma causerebbero sempre nuove crisi, generate da violazioni delle regole rimaste impunite. Risultato: una unione di trasferimento fragile. 

L'alternativa all'unione di trasferimento permanente, non necessariamente impossibile, sarebbe l'uscita dei singoli stati membri. A poterlo fare sarebbero, secondo Rapp, i membri piu' piccoli ed economicamente forti come l'Austria o la Finlandia, perché per loro a un certo punto l'incentivo a lasciare l'unione potrebbe diventare piu' forte rispetto al vantaggio di rimanere, che invece imporrebbe obblighi crescenti.

Una tale riduzione di perimetro oppure il completo collasso dell'eurozona è ipotizzabile anche come uno scenario di lungo periodo all'interno di una unione monetaria da tempo sempre infruttuosa e sempre piu' costosa. Per la Germania, economicamente forte, ma per ragioni politiche senza opzioni di uscita - l'unione monetaria in futuro significherà sempre piu' una scelta fra la peste e il colera - oppure entrambe le malattie uno dietro l'altra.

Alla peste dell'unione di trasferimento e al colera dei possibili sconvoglimenti causati dal crollo dell'euro, per la Germania, ma alla fine anche per il resto d'Europa, si aggiunge un'altra malattia, che temporaneamente potrebbe coincidere con le altre due, come chiarito da Hans-Werner Sinn nella trasmissione di Markus Lanz: cosa succederà fra 15 anni in Germania quando i babyboomer andranno in pensione e vorranno ricevere una pensione finanziata da quei figli che non hanno mai avuto? Le richieste di trasferimento dei beneficiari interni si troveranno a concorrere con quelle degli altri paesi europei. E entrambi dovranno affrontare gli interessi del gruppo sempre piu' debole, che invece dovrà finanziare tutti: il contribuente.

giovedì 25 maggio 2017

Hans Werner Sinn: nessun debito comune!

Hans Werner Sinn su WirtschaftsWoche commenta i progetti europei del neoeletto Macron. Le proposte francesi sono pericolose e dividono l'Europa, i tedeschi non devono fidarsi perché alla fine l'obiettivo dei francesi e dei sud-europei è sempre lo stesso: l'unione di trasferimento a spese dei tedeschi. Da WirtschaftsWoche


C'è grande gioia in Europa per il risultato delle elezioni francesi - ma cio' non dovrebbe autorizzare gli europei, specialmente i tedeschi, a spegnere il cervello. Il nuovo presidente Macron vorrebbe un parlamento ed un bilancio autonomo dell'Eurozona con una propria capacità di tassazione e la possibilità di emettere obbligazioni coperte da una garanzia comune. Inoltre, tramite un'assicurazione comune sui depositi bancari e un'indennità di disoccupazione europea vorrebbe creare un flusso di cassa dal nord verso il sud Europa. Questo ovviamente nel peculiare interesse dell'economia francese, visto che molti clienti delle industrie e delle banche francesi si trovano nel sud-Europa.

Il Ministro degli Esteri tedesco Sigmar Gabriel e il candidato alla Cancelleria della SPD Martin Schulz si sono accodati a queste richieste, la Cancelliera e il suo Ministro delle Finanze sembrano un po' meno entusiasti. Sottolineano giustamente che tali cambiamenti sono possibili solo con una modifica dei trattati UE. In questo pero' sottostimano le difficoltà giuridiche connesse. Si tratterebbe niente di meno che del trasferimento a un'organizzazione internazionale di una parte dei poteri di bilancio detenuti dal Bundestag. Si tratta di una violazione della Costituzione della Repubblica Federale.

L'articolo 110 della Costituzione tedesca indica infatti che la legge finanziaria appartiene ai diritti democratici inalienabili del Bundestag, ed è una di quelle "garanzie eterne" che non possono essere modificate dal Bundestag stesso. Una tale modifica richiederebbe una fondamentale rifondazione della Repubblica Tedesca, realizzabile solo attraverso una nuova assemblea costituente oppure con un referendum popolare.

Ci sono anche molti aspetti economici che giocano a sfavore delle richieste di Macron. Una unione bancaria "à la française" implicherebbe una garanza dei paesi del nord, primo fra tutti ovviamente la Germania, su di una considerevole parte dei depositi nei paesi in crisi del sud e in Irlanda, che ammontano a circa 3.690 miliardi di euro. Non solo scaricherebbe sulle banche e sui contribuenti tedeschi un'enorme mole di rischi, per i quali ovviamente non riceverebbero nulla in cambio, ma metterebbe le banche del sud in condizione di raccogliere depositi a tassi molto bassi, che poi sarebbero investiti in progetti rischiosi, ma in ultima analisi non redditizi: i profitti finirebbero per essere privatizzati mentre le perdite sarebbero scaricate sulla garanzia europea comune. La crisi americana delle banche di deposito e prestito ("Savings & Loan"), scoppiata negli anni '80 a causa dell'attrattività esercitata dall'assicurazione comune dei depositi, e che tra il 1986 e il 1995 ha provocato il fallimento di oltre 1000 istituti bancari, potrebbe facilmente ripetersi in Europa. 

Le proposte di Macron dividono l'Europa

Un'assicurazione comune contro la disoccupazione costerebbe molto denaro e aprirebbe porte e cancelli ad ogni forma di manipolazione. Per la politica sarebbe molto forte l'incentivo a scaricare su quest'assicurazione il costo del supporto economico alle aree svantaggiate, nella misura in cui i criteri per l'assegnazione dell'indennità, da stabilire necessariamente a livello europeo, sarebbero interpretati a livello nazionale in maniera molto blanda o addirittura fraudolenta. Per far percepire il piu' a lungo possibile l'indennità di disoccupazione, si potrebbe perfino scegliere di posticipare l'età di pensionamento dei lavoratori.

Un altro possibile abuso da temere sarebbe quello sulle tasse comuni. Se a livello nazionale dovesse affermarsi una politica tollerante con l'evasione fiscale, allora sarebbe il governo comune dell'Eurozona a dover istituire dei propri uffici per la riscossione dei tributi nei singoli paesi membri. Ma anche in questo caso non ci sarebbe nessuna garanzia contro una gestione dei funzionari secondo le usanze nazionali. 

Nessun debito comune!

Sarebbe particolarmente problematico se il Ministro delle Finanze europeo potesse finanziare in anticipo il proprio bilancio tramite l'emissione di titoli di debito coperti da una garanzia comune. Si tratterebbe di un aumento della pressione fiscale anticipato, estremamente pericoloso, perché incontrerebbe poca resistenza presso i contribuenti, in quanto inizialmente non ne percepirebbero il peso fiscale. La creazione di un debito comune europeo, come mostra la terribile esperienza degli Stati Uniti d'America nei primi decenni della loro esistenza, è un modo sicuro per arrivare ad una duro conflitto sulla responsabilità per una montagna di debito ormai fuori controllo.

No, in questo modo non si puo' costruire l'Europa. Chi non riesce a convivere con la moneta unica deve poter uscire, lasciar svalutare la propria valuta e in questo modo ripristinare la propria competitività. La grande opera di riunificazione del dopoguerra a cui si deve la pace e la prosperità non è l'Euro, ma l'Unione Europea.

Le proposte di Macron dividono l'Europa, e lo fanno al suono dell'inno europeo.

venerdì 14 aprile 2017

Hans Werner Sinn: 4 riforme indispensabili per far funzionare l'UE

Hans Werner Sinn torna a parlare delle 4 riforme necessarie per far funzionare l'UE, ovviamente dal punto di vista tedesco: meno welfare per gli immigrati, uscita temporanea dall'Euro, default sul debito pubblico e rimborso annuale dei saldi Target da farsi con l'oro. Da WirtschaftsWoche

Hans werner sinn

Se vogliamo che l'UE sopravviva, dobbiamo fare le riforme necessarie. Soprattutto per l'Euro abbiamo bisogno di nuove regole. Chi non le rispetta, in caso di dubbio, dovrà uscire. Anche il fallimento degli stati non deve essere piu' un tabù.

Nessun dubbio: il Trattato di Roma firmato il 25 marzo 1957 ha garantito all'Europa decenni di pace e prosperità. La politica in seguito si è fatta arrogante: con il Trattato di Maastricht (1992) e il Trattato di Lisbona (2007), piu' concretamente con l'Euro, con le regole per la libera circolazione e l'integrazione sociale, con i sistemi di redistribuzione e la garanzia comune sui debiti e con i rischi connessi di un abuso. E' emerso uno squilibrio che puo' distruggere l'UE. L'uscita dall'UE dei britannici e la deindustrializzazione del sud-Europa sono le conseguenze tangibili di questa avventatezza. Per stabilizzare l'unione è necessaria una modifica urgente dei trattati. Si tratta prima di tutto di fare  4 riforme chiave:

Primo: impedire l'immigrazione nei sistemi sociali

Libertà di movimento, stato sociale e inclusione dei migranti nel welfare formano un trilemma indissolubile. Lo stato sociale ha un effetto magnetico, in grado di distruggerlo, se la politica non limita la libertà di movimento delle persone oppure i diritti di inclusione. E questo sarebbe il male minore. Sarebbe quindi ragionevole distinguere fra le prestazioni sociali acquisite, che devono essere erogate dai paesi ospitanti, e le prestazioni sociali ereditate, per le quali sono responsabili i relativi paesi di origine UE. Fra le prestazioni acquisite ci sarebbero le indennità di disoccupazione e l'erogazione di una pensione. Le prestazioni sociali finanziate con il denaro dei contribuenti, come ad esempio le indennità sociali, l'assistenza sociale oppure gli assegni familiari, sarebbero al contrario prestazioni ereditate. Questa separazione impedirebbe la fuga dei migranti verso i paesi con un sistema assistenziale piu' sviluppato, garantirebbe l'assistenza dei piu' bisognosi e manterrebbe la libertà di movimento delle persone.

Secondo: permettere un'uscita temporanea dall'Euro!

Alcuni paesi dell'unione monetaria hanno chiaramente dei problemi con l'Euro, proprio perché non possono piu' svalutare. Ormai sono afflitti da anni da una disoccupazione di massa e dalla crisi cronica delle loro industrie. A questi paesi dovrebbe essere consentita la possibilità di uscire in maniera ordinata dall'Euro con annessa svalutazione - collegata al diritto, dopo un adeguato risanamento dell'economia, di rientrare nell'unione monetaria.

Terzo: creare un quadro normativo per la gestione dei default pubblici

Gli acquirenti dei titoli di stato non devono poter fare affidamento sul fatto che in caso di crisi saranno i contribuenti degli altri paesi a dover intervenire. Si tratta fondamentalmente di una implicazione naturale della clausola di No-Bail-Out prevista dai trattati europei, clausola che esclude la garanzia pubblica degli altri stati per la cattiva gestione delle finanze in un altro paese. Con un tale quadro normativo gli investitori avrebbero concesso molto meno credito ai paesi oggi in crisi. I loro tassi di interesse sarebbero stati molto piu' alti, e le bolle creditizie e inflattive, che dopo la loro esplosione nel 2008 hanno lasciato dietro di sé delle economie inflazionate e non competitive, non ci sarebbero mai state. Il secondo e il terzo punto sono fra loro collegati, nella misura in cui il fallimento degli stati richiede necessariamente un'uscita dall'Euro per poter recuperare la competitività perduta con la svalutazione.

Quarto: rimborsare i saldi Target annualmente

I saldi Target all'interno dell'Eurosistema continuano a crescere. I crediti della sola Bundesbank, accreditati agli altri paesi europei senza alcuna garanzia, ammontano a circa 814 miliardi di Euro netti. Vale a dire circa la metà della posizione patrimoniale  netta tedesca sull'estero. I saldi Target hanno finanziato e finanziano i precedenti e gli attuali deficit delle partite correnti dei diversi paesi europei. Hanno trasformato la Germania nel "negozio della cuccagna", un negozio dove si puo' tranquillamente comprare e segnare tutto sul conto, senza dover mai pagare la fattura al proprietario. Attualmente i paesi debitori hanno addirittura imposto che il tasso di interesse sui saldi Target sia pari a zero. I tedeschi non sono ancora insorti contro questo stato di cose perché ancora non hanno percepito la perdita in conto capitale; e questo accadrà solo quando vorranno tornare in possesso del loro denaro.

Si tratta di una bomba a orologeria che deve essere disinnescata al piu' presto. Il sistema dei trasferimenti sovietico, fondato sul Rublo, a suo tempo è crollato proprio per questa ragione: mancava un meccanismo per il rimborso e un limite ai trasferimenti. Per riformare l'Eurosistema ci si dovrebbe ispirare al funzionamento dei 12 distretti della FED americana e creare un meccanismo che preveda un rimborso annuale dei saldi Target. Questa compensazione potrebbe essere fatta ad esempio con l'oro - come accadeva fino al 1975 negli Stati Uniti.

domenica 27 novembre 2016

WirtschaftsWoche: il referendum del 4 dicembre fa paura e gli italiani stanno comprando oro in Svizzera

Secondo WirtschaftsWoche gli italiani temono il referendum del 4 dicembre e per questa ragione stanno acquistando oro da mettere al sicuro in Svizzera. 


A causa dell'incertezza sul risultato del referendum e sulla conseguente uscita dell'Italia dall'Euro gli italiani stanno comprando sempre più' oro da mettere al sicuro in Svizzera.

L'incertezza sull'esito del referendum costituzionale e sulla permanenza dell'Italia nell'Euro viene percepita anche dal commerciante di metalli preziosi di Monaco Pro Aurum. Nella sua filiale di Lugano nel Canton Ticino, a pochi kilometri dal confine italiano, da alcune settimane sono cresciuti gli ordini italiani di lingotti e monete.

La maggior parte dei clienti fa custodire l'oro nel magazzino doganale del commerciante a Zurigo. "Normalmente a Lugano abbiamo un 20% di clienti italiani e un 80% di clienti svizzeri. Ora pero' questo rapporto si è invertito", ha dichiarato a WirtschaftsWoche l'amministratore di Pro Aurum Robert Hartmann. 

Il 4 Dicembre gli italiani voteranno su di una riforma costituzionale a cui è legato il destino politico del Presidente Renzi. Se non dovesse superare questo test elettorale, probabile secondo gli ultimi sondaggi, potrebbe essere l'inizio della fine dell'Italia nell'Unione Europea e nell'Euro. Questa paura è condivisa da un numero sempre maggiore di investitori italiani. Che infatti chiudono i conti nelle banche nazionali e depositano il loro denaro in via precauzionale all'estero.

I compratori d'oro provenienti dall'Italia tuttavia non possono attraversare il confine con i pacchi di contante. Non è piu' cosi' facile, ci dice Hartmann. Chi attraversa la frontiera dall'UE verso la Svizzera e porta con sé del denaro, deve dichiarare per scritto a partire dai 10.000 Euro il contante trasportato. 

La sorveglianza ha le maglie strette. Chi non rispetta le regole e viene preso, deve aspettarsi multe draconiane. Inoltre la dogana deve informare le autorità per avviare un'indagine fiscale. I clienti italiani trasferiscono il denaro normalmente ed in maniera legale su di un conto di Pro Aurum presso la filiale di Lugano. Funziona ancora cosi'.

Ma nelle banche italiane i depositi stanno diminuendo. Cosi' i clienti della travagliata Monte dei Paschi negli ultimi 12 mesi hanno ritirato il 14% dei loro depositi. La terza banca italiana, con 28 miliardi di euro di crediti deteriorati in bilancio, deve trovare entro la fine dell'anno cinque miliardi di capitale fresco. Il tempo sta per finire. Il finale di partita italiano è iniziato. 

mercoledì 21 settembre 2016

H. W. Sinn: i tassi a zero impediscono la ripresa

H. W. Sinn, ormai in pensione, non rinuncia ad attaccare la politica delle banche centrali: i tassi a zero sono la vera causa della lunga stagnazione. Da Wirtschaftswoche

Denaro a basso costo e tassi a zero non stimolano la crescita, piuttosto aiutano a difendere i patrimoni dei ricchi. Una ripresa duratura sarà possibile solo con un cambio di paradigma economico. 

Quando John Williams, il presidente del potente distretto FED degli stati della costa ovest, ha recentemente proposto di aumentare l'obiettivo di inflazione della FED dal 2 al 3%, molti investitori hanno tirato un sospiro di sollievo. Hanno interpretato la proposta come un segnale per ulteriori bassi tassi di interesse. Tassi più' alti avrebbero significato azioni ed immobili ad un prezzo più' basso - e quindi bilanci in difficoltà.

Williams ha motivato la sua raccomandazione con il pericolo di una "Stagnazione Secolare", un concetto introdotto nel 1938 da Alvin Hansen, un contemporaneo di Keynes. Stagnazione secolare significa: c'è un duraturo eccesso di risparmio rispetto agli investimenti, che anche con i tassi a zero non scompare, perché le opportunità di investimento redditizie sono esaurite. Hansen intendeva smaltire gli eccessi di risparmio attraverso un permanente deficit di bilancio dello stato.

Williams invece si affida alla politica monetaria. Poiché il tasso di interesse reale naturale, quello con il quale viene realizzata la quantità necessaria di investimenti, è nullo o addirittura negativo, la banca centrale dovrebbe puntare a raggiungere un'inflazione più' alta con un tasso di interesse nominale più' basso.

Con la sua paura di una stagnazione secolare l'autore non è solo. Economisti come Carl Christian von Weizsäcker o Larry Summers hanno espresso timori simili. Anche io nel 2009 ho descritto i pericoli di una stagnazione secolare di tipo giapponese.

Nel frattempo molta acqua è passata sotto i ponti, ed in considerazione degli interventi delle banche centrali, ai limiti del loro mandato, emerge una nuova ipotesi. Io la chiamo "malattia cronica auto-prodotta".

Alla base di questa ipotesi c'è il ciclo economico Schumpeteriano. A causa di aspettative regolarmente errate si formano bolle speculative. Le bolle scoppiano, e dopo si torna alla crescita. Gli investitori in previsione di un aumento dei prezzi e dei redditi acquistano immobili e proprietà commerciali, fondano nuove imprese. I prezzi immobiliari crescono, c'è un boom edilizio. 

Inizia una fase di espansione, che si autoalimenta con l'aumento della domanda interna e che coinvolge anche il settore dei servizi. I redditi crescenti spingono la concessione del credito, e l'economia inizia a surriscaldarsi. La valuta si apprezza, l'import aumenta.

Poi la bolla scoppia. L'economia collassa, i prezzi degli immobili scendono, la valuta si deprezza, le aziende falliscono. Terreni, capannoni e case restano inutilizzati e invenduti, e non meno importante, anche i lavoratori restano senza un impiego. Con prezzi più' bassi, un tasso di cambio più' basso e salari più' bassi ci sono nuovi investitori pronti ad entrare, e a fondare nuove aziende con nuove idee di business. Dopo la "distruzione creatrice" c'è una nuova fase di espansione.

Nella fase attuale la distruzione creatrice, come base per una nuova fase espansiva, viene impedita dalla politica monetaria. Le banche centrali si sono lasciate persuadere dai possessori di patrimoni a superare il ciclo economico di Schumpeter mediante la stampa di denaro su larga scala. Hanno fermato la caduta dei prezzi degli asset ed evitato la dissoluzione di molti patrimoni, ma hanno anche evitato che un numero sufficiente di giovani imprenditori e investitori entrasse in campo.

Ad occupare la scena sono sempre le vecchie imprese che a fatica restano a galla, ma che non hanno le forze necessarie per fare nuovi investimenti. Soprattutto in Europa si tengono in vita aziende e banche zombie, bloccando i concorrenti emergenti, che potrebbero guidare la crescita futura. Cosi' l'economia si irrigidisce in una situazione che assomiglia alla stagnazione secolare di Hansen - ma che in realtà è una stagnazione auto-prodotta.

Poiché i bassi tassi implicano un alto valore dei patrimoni, ma non guadagni in conto capitale, i tassi dovranno essere sempre ulteriormente ridotti al fine di garantire agli investitori finanziari i guadagni e i redditi personali da essi derivanti. Con i tassi calanti l'economia finisce in una situazione di "malattia cronica permanente". Questa potrà terminare solo quando nella politica monetaria ci sarà un cambio di paradigma - se non una vera e propria rivoluzione culturale. 

giovedì 29 agosto 2013

Alternative für Deutschland ha già vinto?

In politica è piu' importante vincere o partecipare? Risponde Bettina Röhl su WirtschaftsWoche, il settimanale economico piu' letto, di orientamento conservatore: AfD avrebbe già vinto la sua battaglia, perché ha fatto capire ai tedeschi che la moneta unica non è piu' un tabu' inviolabile. Da WiWo.de

La campagna elettorale di AfD, nonostante l'ostilità delle altre forze politiche, va avanti. Nel frattempo l'intera classe politica si è messa in moto per appropriarsi delle sue posizioni.

AfD è già riuscita a cambiare la politica, prima del 22 settembre. Non è stata ancora votata, e forse non lo sarà mai. Ma l'influenza di AfD sull'Euro-politica dei partiti tradizionali, sia al governo che all'opposizione, è fondamentale. AfD è riuscita a rompere il tabu' dell'indiscutibilità della moneta unica. E' accaduto in maniera discreta, ed è ancora poco visibile.

La proposta di AfD, tesa ad arginare l'Euro-follia della classe politica, negli ultimi mesi ha dato i suoi frutti. E per aver fatto questo non potrà certo aspettarsi un riconoscimento dagli eurocrati. Al contrario, AfD viene attaccata con forza, ostracizzata e stigmatizzata.

In questo periodo pre-elettorale l'Euro-politica tedesca è caratterizzata da una grande schizofrenia. L'Euro e l’Euro-crisi restano temi politici fondamentali. Ma in campagna elettorale non sembrano avere un ruolo di primo piano. Ce lo ricordiamo bene: solo pochi mesi fa l'Euro-dibattito aveva raggiunto il suo punto piu' alto. Molti media avevano cavalcato l'argomento, e il tema suscitava un grande interesse, anche presso i molti elettori che notoriamente guardano con attenzione al loro portafoglio.

Il feticcio della mancanza di alternative è scomparso

Adesso, poco prima delle elezioni, il tema Euro, almeno come elemento elettorale decisivo, se non è proprio morto, diciamo che è imploso.

In scia al relativo disinteresse degli elettori per la crisi Euro, e per la dilettantesca gestione della crisi da parte dei governi, ma anche delle opposizioni, l'intera classe politica sembra essere scivolata in una nuova dimensione dell’Euro-politica. Improvvisamente l'Euro non è piu' senza alternative. E improvvisamente anche l’Euro-politica di Merkel, fino ad ora considerata l’unica possibile, non è piu' cosi' priva di alternative.

Il feticcio dell’assenza di alternative, e l’ostinata volontà di mantenere l'Euro nel suo perimetro attuale, sembravano scolpiti nel cemento. L'Euro-politica, fino a poco tempo fa, era segnata da una fede illimitata in quella che alla fine resta solo una moneta comune.

La vera crisi Euro riguarda i difetti di nascita e incurabili dell'Euro, e cioè la sua errata progettazione. I trattati Euro non hanno messo insieme, cio' che doveva stare insieme, piuttosto hanno spinto sotto un unico ombrello monetario 17 economie molto diverse fra loro, o addirittura divergenti. E hanno privato le diverse economie nazionali della loro piu' importante valvola di sfogo: la propria politica monetaria.

L'Euro era solo in parte una moneta, vale a dire una unità di pagamento razionale. L'Euro era piuttosto un tema politico privo di speranza e sovraccarico di nazionalismo europeo. Con l'aiuto dell'Euro, la migliore Europa di allora, che da 60 anni continuava a crescere e a svilupparsi, doveva essere forzata in una nuova forma di unità a durata millenaria.

Le intenzioni mai troppo chiarite dei padri dell'Euro, non particolarmente interessati all'economia e alla politica fiscale (ad es. Helmut Kohl e Francois Mitterand), miravano ad eliminare le numerose diversità presenti sul continente, altamente positive, per introdurre un concetto di uguaglianza. Apparentemente convinti che questa nuova uguaglianza potesse essere un miglioramento qualitativo dell'Europa politica. L'Europa, secondo le dichiarazioni di allora, con l'aiuto di una nuova moneta unica, doveva diventare la start-up di maggior successo di tutta la storia mondiale. L'Europa, nel giro di pochi anni, grazie all'Euro, sarebbe dovuta diventare la prima potenza economia sul continente. Non proprio modesto.

Fallimento e disorientamento

La classe politica ha cercato sistematicamente di discreditare e soffocare ogni critica alla sua Euro-politica. Chi ad esempio osava parlare pubblicamente di un'uscita della Grecia, era accusato di non capire molto di economia e finanza. Si diceva che un fallimento della Grecia avrebbe significato un fallimento dell'Europa, seguito da quello di tutta l'Europa. Cosi' l'Euro-mania è stata finalmente globalizzata.

La sovrastruttura degli Euro-fanatici è cresciuta all'infinito. Improvvisamente l'Euro non era piu' una moneta, piuttosto un progetto di pace inviolabile, una garanzia contro la guerra, uno strumento per addomesticare la volontà di supremazia teutonica, e la pietra miliare per un'Europa felice. Arrivo' finalmente il momento in cui il dibattito lascia i circoli degli esperti, e conquista spazio sui giornali e nelle discussioni fra la gente comune. 

Fino a qualche mese fa, qualsiasi fantasia sull'abolizione dell'Euro oppure la possibilità di sostenere finanziariamente l'uscita ordinata di alcuni stati, erano un sacrilegio, un mezzo suicidio politico.

E poi apparve un nemico giurato all'orizzonte. Un nuovo partito è entrato in scena nell'aprile di quest'anno, il suo nome è "Alternative für Deutschland." La sua proposta è l'uscita dall'Euro: rinominato partito dei professori, ha introdotto nel dibattito pubblico il tema dello scioglimento della moneta unica. Tutti i partiti, su entrambi gli schieramenti, temevano che il 22 settembre AfD potesse superare la soglia del 5% e affondare i loro sogni di potere.

All'unisono e con un minimo di credibilità, tutti i partiti politici hanno attaccato AfD, privi di conoscenze economiche e fiscali, ma animati da rabbia e intenti moralistici. Nonostante il mobbing rosso-verde, allineato alle forze di governo, abbia disturbato la campagna elettorale di AfD con una violenza eccessiva, la classe politica si è lasciata convincere in maniera silenziosa dall'Euro-critica di AfD, riprendendendone in parte lo scetticismo.

Un cambio di mentalità

Il leader di AfD, Bernd Lucke, ha utilizzato gli spazi offerti dai media per annunciare che AfD sosteneva un taglio del debito greco, affinché tutti i prestiti concessi fossero trasformati in donazioni. Con questo argomento, accettato pubblicamente anche dagli Euro-critici, l'establishment politico di fatto non si è diffenziato dalle posizioni di AfD o di altri partiti euro-critici, si è invece allontanato dalla testardaggine della propria Euro-politica.

A cio' ha contribuito anche il fatto che il leader di AfD, contrariamente alle sue affermazioni, non ha proposto un concetto definitivo per l'uscita ordinata di un paese dall'Euro. Ed allo stesso tempo è riuscito ad argomentare la sua Euro-critica in maniera plausibile e comprensibile a tutti, mettendo a tacere i politici o i giornalisti titolati che cercavano di attaccarlo.

Se la Linke si vanta, falsamente, di aver almeno contribuito ad introdurre il tema del salario minimo nel dibattito politico tedesco, allora la AfD puo' almeno reclamare per se stessa di essere riuscita a scardinare, sul tema Euro, un mentalità altrimenti chiusa e ostinata.

Improvvisamente, come se nulla fosse, Sigmar Gabriel, leader della SPD, il partito a suo tempo impegnato a far entrare la Grecia nell'Euro, ammette: l'ingresso della Grecia nell'Euro è stato un errore. Improvvisamente un barlume di ragione!

Brüderle (FDP) ad esempio pretende di vedere dai greci delle vere riforme, se il Bundestag dopo le elezioni dovesse essere chiamato a pompare altro denaro verso la Grecia. E l'uscita della Grecia dall'Euro, in tutti i partiti, non è piu' un tema cosi' noioso.

Schäuble dice di sfuggita che non ci sarà un nuovo taglio del debito greco. Naturalmente dopo le elezioni con molta probabilità sarà necessario. Ma nessun ulteriore taglio del debito greco, potrebbe anche essere considerato un annuncio: l'anticipo di un'uscita ordinata della Grecia dall'Euro nel 2014 o 2015.

venerdì 3 maggio 2013

Sinn: ma quanto costa salvare Cipro?


Hans Werner Sinn, dalle colonne della conservatrice WirtschaftsWoche, torna a cavalcare i saldi Target dell'Eurosistema: il costo del salvataggio cipriota sarà molto piu' alto delle cifre ufficiali. Da WirtschaftsWoche
Saldi Target ciprioti - www.querschuesse.de
Il salvataggio di Cipro sarà decisamente piu' costoso rispetto ai 10 miliardi di Euro ipotizzati dai politici. A questi dovranno essere aggiunti i 12 miliardi di Euro dei crediti Target ed ELA erogati attraverso il sistema delle banche centrali. Misurato sul PIL del paese, il pacchetto di salvataggio raggiunge dimensioni greche.

La svolta europea nel salvataggio di Cipro è rilevante. Ancora in estate la commissione EU sosteneva la tutela dei creditori delle banche in difficoltà, adesso invece per la prima volta i creditori partecipano al salvataggio. Il leader dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem ha definito Cipro il nuovo modello da seguire, mentre la Commissione EU sta preparando una nuova direttiva sul tema.

In questo modo si darà finalmente ascolto alla petizione degli economisti tedeschi: 480 di loro si erano pronunciati, con 2 appelli simili nei toni, contro una soluzione della crisi bancaria nel sud-europa finanziata con il denaro del contribuente del nord-Europa. Al contrario, la soluzione proposta era il cosiddetto Debt-Equity-Swaps: una ricapitalizzazione delle banche da realizzarsi con la conversione in azioni delle obbligazioni bancarie.

I contribuenti degli stati europei ancora in salute non dovrebbero pero' gioire prima del tempo. Nel caso di Cipro, nonostante la partecipazione dei creditori privati, sono coinvolti molto di piu' di quanto non si voglia ammettere. Le dichiarazioni ufficiali dei politici ci dicono che gli aiuti saranno pari a 10 miliardi di Euro, di cui 9 miliardi dal fondo ESM e un miliardo dal FMI. 

La verità è che Cipro in precedenza aveva già ricevuto 9 miliardi di Euro di crediti Target per finanziare la sua bilancia delle partite correnti. Dall'inizio della crisi del 2008 fino ad oggi, Cipro ha accumulato disavanzi di conto corrente e quindi debito estero per un importo di circa 8 miliardi di Euro. Non si tratta di debiti privati, ma di debiti Target con la BCE, che di fatto durante la crisi è stata il piu' grande finanziatore dello standard di vita dei ciprioti. E' interessante notare che il consiglio BCE dopo i recenti accordi fra la comunità internazionale e Cipro ha messo a disposizione dell'isola altri 3 miliardi di Euro attraverso la "Emergency-Liquidity-Assistance" (ELA). I prestiti ELA sono fondi di emergenza della banca centrale per gli istituti di credito illiquidi. Somma che a breve o a lungo termine potrebbe trasformarsi in crediti Target.  I prestiti esteri per il salvataggio di Cipro allo stato attuale raggiungono i 22 miliardi di Euro.

Il saldo Target negativo di Cipro significa che le banche centrali straniere oppure la BCE hanno onorato i creditori esteri oppure pagato le importazioni cipriote trasferendo denaro per conto delle banche dell'isola. Tali saldi sono stati resi possibili dalla banca centrale di Cipro che ha messo a disposizione delle sue banche private denaro fresco appena uscito dalla stampante elettronica, necessario per poter compensare la riduzione dei depositi a seguito dei trasferimenti internazionali.

Si tratta di una creazione di denaro speciale che non è servita a garantire la fornitura di liquidità sul mercato interno cipriota, piuttosto ha dato la possibilità al paese di acquistare all'estero i beni necessari al mantenimento del suo standard di vita. Se Cipro non sarà in grado di rimborsare i crediti oppure di pagare gli interessi, gli altri stati dell'Eurozona subiranno una perdita pari al valore attuale dei crediti target. Di fatto non c'è alcuna differenza con gli altri crediti.

Molti si sono chiesti perché Cipro non abbia abbandonato l'Euro. Dopo tutto il paese potrebbe tranquillamente uscire visto che il necessario controllo sui movimenti di capitale è già in essere. I crediti Target sono la spiegazione: in caso di uscita Cipro dovrebbe stampare una nuova valuta nazionale, che all'estero pero' non sarebbe scambiata con nulla che abbia un valore. Stampare nuovi Euro, con i quali è possibile pagare le importazioni e rimborsare i debiti, è la sola possibilità di salvare almeno a metà il vecchio modello di business.

Considerando i crediti Target, il salvataggio di Cipro si avvicina alle dimensioni di quello greco. I sopra menzionati 22 miliardi di Euro corrispondono al 123 % del PIL cipriota, che nel 2012 era pari a 18 miliardi di Euro. La Grecia fino ad ora ha ricevuto 320 miliardi di Euro di crediti dalla BCE e dalla comunità internazionale, altri 55 miliardi sono già stati promessi. Si tratta del 193 % del PIL greco, che nel 2012 ha raggiunto i 194 miliardi di Euro.

I salvataggi di Cipro e della Grecia non potranno ripetersi per la Spagna e per l'Italia, se questi paesi dovessero finire in difficoltà simili. Se a loro volessimo concedere gli stessi benefici in relazione al PIL, per poterli tenere in vita all'interno della zona Euro, il resto dei paesi Euro dovrebbe concedere crediti per un valore pari a quasi 5 bilioni di Euro - ai quali la Germania dovrebbe contribuire con almeno il 40 % (due bilioni di Euro). Poiché tutti sanno che questo non è possibile, l'ora delle decisioni in Europa potrebbe avvicinarsi molto piu' velocemente di quanto non si pensi.


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