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giovedì 1 aprile 2021

E se invece la Corte di Karlsruhe stesse preparando la vendetta?

E se invece la Corte di Karlsruhe dopo lo smacco della scorsa estate sugli acquisti di titoli di stato da parte della BCE questa volta stesse cercando una rivincita contro la Corte di Giustizia europea e contro la Commissione? Improbabile ma non impossibile, almeno secondo alcuni economisti di spicco, ne scrive la FAZ.net

Prima di maggio non sarà possibile capire se la Corte costituzionale federale accoglierà il ricorso contro l'emissione di debito da parte dell'UE per finanziare il Fondo per la ricostruzione post-Corona da 750 miliardi di euro. Tanto più che da quando la Corte venerdì scorso ha chiesto al presidente tedesco di non firmare la corrispondente legge tedesca, almeno temporaneamente, la Commissione UE continua a fare il possibile per mantenere una certa compostezza. La ratifica della risoluzione in merito alle risorse proprie necessarie per l'assunzione di debito sta procedendo come previsto, si ripete quasi come se fosse una preghiera. 16 stati hanno ratificato la risoluzione e altri sei vogliono farlo entro la fine di aprile. Quale sarà la data di ratifica non è ancora chiaro per Ungheria, Polonia, Paesi Bassi e Austria. Ma i diplomatici dell'UE sostengono che questa situazione non rappresenti una grave minaccia in termini di ritardo. La Germania potrebbe restare da sola. (...)

Nessuno tuttavia vuole affrontare la questione cruciale e cioè se la Corte Costituzionale voglia effettivamente fermare o meno il Fondo per la ricostruzione. Secondo Guntram Wolff, direttore del think tank Bruegel di Bruxelles,  potrebbe trattarsi di un pericoloso errore. "Dopo le critiche feroci alla decisione azzardata sul programma di acquisto di titoli di stato della Banca centrale europea, i giudici ora potrebbero essere in cerca di una vendetta", avverte l'economista tedesco. Lars Feld, economista ed ex presidente del Consiglio degli esperti economici del governo tedesco,  a sua volta mercoledì su Twitter ha sottolineato che alla fine tutto ruoterà intorno alla questione della garanzia data dalla Germania, almeno teorica, sui debiti degli altri stati nell'ambito del Fondo per la ricostruzione - anche se il default di un altro stato dell'UE alla fine resta alquanto irrealistico.


Leggi anche: Per la politica tedesca è arrivata l'ora della verità




Karlsruhe sta drammatizzando

Lucas Guttenberg del Centro Jacques Delors di Berlino, invece ipotizza che Karlsruhe stia solo drammatizzando e che alla fine eviterà un serio scossone alla politica dell'UE. E un "NO" di Karlsruhe lo sarebbe sotto due aspetti. In primo luogo, il denaro del fondo non sarebbe piu' erogato nei tempi previsti. È vero che l'UE potrebbe spostare il fondo su di una nuova base giuridica, in quel caso probabilmente intergovernativa, come ha già ipotizzato di fare nella disputa con l'Ungheria e la Polonia sul meccanismo dello stato di diritto. Ma questo richiederebbe molto tempo e gli stati membri dovrebbero poi nuovamente ratificare la decisione. In secondo luogo, la capacità complessiva dell'UE nel suo insieme di agire politicamente verrebbe ancora una volta fondamentalmente messa in discussione.

Inoltre, come nel caso della sentenza della BCE, la Corte costituzionale federale fornirebbe a paesi come Polonia e Ungheria un argomento contro il riconoscimento delle decisioni della Corte di giustizia europea (CGCE) - proprio perché Karlsruhe rimetterebbe ancora una volta in discussione il fatto che solo la CGCE è responsabile dell'interpretazione del diritto comunitario. L'intervento dei giudici di Karlsruhe non è problematico, a condizione che entro la fine di giugno si riesca a liberare la strada. La Commissione poi potrà emettere obbligazioni come previsto nella seconda metà dell'anno. Da qui al 2026, infatti, la Commissione vuole raccogliere tra i 150 e i 200 miliardi di euro all'anno con questo scopo. Diventerebbe così il più grande emittente di obbligazioni sul mercato dell'eurozona. Quest'anno, tuttavia, il volume delle obbligazioni emessse inizialmente sarebbe molto più basso. Nel 2021 andrà agli stati solo il 13% del denaro del Fondo per la ricostruzione. Il grosso del denaro rimanente è riservato ai tre anni successivi.



Perchè il ricorso costituzionale contro il Recovery fund in Germania non fa paura

Se questa settimana l'indice Dax di Francoforte ha segnato l'ennesimo record storico è evidente che in Germania il mondo degli affari e della finanza non sta prendendo troppo sul serio il ricorso costituzionale del fondatore di AfD Bernd Lucke contro il Recovery fund. Per Handelsblatt, il quotidiano dell'economia e della finanza, Bernd Lucke sarebbe addirittura un piantagrane in cerca di vendetta e visibilità che in Germania rappresenterebbe al massimo se stesso e il suo piccolo gruppo del "Bündnis Bürgerwille". Ne scrive Handelsblatt.de

Sul tema non è stato deciso ancora nulla. Ma il modo in cui la Corte costituzionale federale venerdì ha messo un freno temporaneo al Fondo per la ricostruzione dell'UE lascia una certa sensazione di disagio. "La motivazione vera sarà presentata in seguito", scrivono i giudici, come se le argomentazioni in una questione così delicata fossero facoltative. 

La Corte costituzionale con la sua ordinanza priva di commenti ha reagito all'adozione della cosiddetta risoluzione sulle risorse proprie da parte del Bundestag e del Bundesrat. Per la prima volta nella sua storia, la risoluzione permetterà all'UE di prendere molto denaro in prestito..

Questi mezzi finanziari a loro volta, serviranno per alimentare il fondo di ricostruzione da 750 miliardi di euro, il quale dovrà curare le cicatrici economiche lasciate dalla pandemia e fornire un importante finanziamento di partenza per la modernizzazione digitale ed ecologica dell'Europa.

Accordandosi sul fondo per la ricostruzione, i capi di stato e di governo dell'UE l'anno scorso hanno voluto inviare un segnale importante: l'Europa, nell'affrontare la peggiore crisi del dopoguerra, è unita. Da allora, il ministro delle finanze tedesco Olaf Scholz parla di "momento Hamilton": come nell'America di 230 anni fa, infatti, l'Europa si sta trasformando in uno stato federale. 

Questa retorica ora però potrebbe tornare a vendicarsi. La base giuridica per un salvataggio una tantum in tempi di emergenza è molto più solida delle basi europee e costituzionali di un'unione fiscale. Per quanto quest'ultima sia auspicabile, non è saggio confondere il dibattito con il Fondo per la ricostruzione. 


Karlsruhe non vuole farsi dettare la linea da Bruxelles

Ma il tempo stringe. Solo se tutti gli stati membri entro maggio avranno ratificato le decisioni sull'allocazione delle risorse proprie, allora l'UE entro luglio potrà iniziare a pagare gli aiuti.

Questo calendario però ora è in pericolo. I giudici di Karlsruhe hanno temporaneamente vietato al presidente federale Frank-Walter Steinmeier di firmare la legge costituzionale. La Corte costituzionale, che tiene molto alla sua indipendenza, non è incline a lasciarsi dettare le decisioni da Bruxelles.

Il gruppo dei querelanti riunito intorno al fondatore di AfD Bernd Lucke si sentirà confermato e vendicato, ma stanno giocando un gioco pericoloso. Se l'Europa economicamente non vuole restare ancora più indietro rispetto a Stati Uniti e Cina ha bisogno di un impegno in termini di solidarietà molto più ampio dei 750 miliardi di euro concordati. 

Insieme al suo "Bündnis Bürgerwille" Lucke vuole presentarsi come il campione di una maggioranza silenziosa ancora presente in Germania. Per fortuna la volontà dei cittadini che Lucke crede di incarnare è un fenomeno minoritario. 

La Corte costituzionale dovrebbe esaminare la decisione sulle risorse proprie con la massima attenzione, ma in fretta. Non deve lasciarsi strumentalizzare da un piantagrane.



sabato 30 maggio 2020

Wolfgang Streeck - Per la politica tedesca è arrivata l'ora della verità

"Chi desidera che l'UE sia sovrana, è libero di chiedere una revisione formale dei trattati, seguita da un referendum laddove questo sia costituzionalmente necessario per rendere efficaci le modifiche ai trattati. Federalismo, perché no - ma per favore alla luce del sole e non come un effetto collaterale delle politiche della BCE, approvate dall'attivismo di un tribunale europeo", scrive il grande intellettuale tedesco Wolfgang Streeck in merito alla sentenza della Corte di Karlsruhe. Per Streeck la sentenza della Corte costituzionale tedesca avrà effetti di vasta portata e per la politica tedesca sta per arrivare l'ora della verità. Un ottimo Wolfgang Streeck da Makroskop

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La sentenza sul PSPP (Public Sector Purchasing Program) della Corte costituzionale federale ha mostrato un'altra frattura nella struttura dell'Unione europea, vale a dire quella fra sistemi giuridici con una diversa concezione della Costituzione. Ci sono dei forti parallelismi con il caso del Regno Unito, dove il modello UE, secondo il quale una costituzione viene modificata passo dopo passo da un tribunale di ultima istanza, si è duramente scontrato con la tradizione radicata in Gran Bretagna di una forte governance parlamentare, fatto che ha contribuito alla Brexit.


Nel conflitto fra la Corte costituzionale tedesca e la Corte di giustizia europea (CGE), assistiamo a una battaglia tra due potenti tribunali di ultima istanza, conflitto che riguarda altro essenzialmente una sola questione di fondo, e cioè: l'UE è un'organizzazione internazionale o uno stato federale?

Una posizione di spicco che fa parte del patrimonio politico del dopoguerra

La posizione di forza della Corte costituzionale federale tedesca è una parte essenziale del patrimonio politico del dopoguerra. È paragonabile alle disposizioni previste dalla Legge fondamentale secondo le quali le truppe tedesche, anche se sono sotto un comando internazionale, non possono essere dispiegate senza un mandato parlamentare strettamente definito. Entrambe le disposizioni limitano fortemente il potere discrezionale dell'esecutivo federale ed entrambe non sono facilmente conciliabili con un altro obbligo costituzionale del governo tedesco, vale a dire: perseguire la cooperazione internazionale come un obiettivo nazionale.

In generale i poteri di vasta portata attribuiti alla Corte costituzionale federale possono rappresentare una restrizione alquanto scomoda per la capacità dei governi tedeschi di agire, sia in politica estera che interna. Ed infatti è proprio cosi', anche se a volte considerare la Corte costituzionale come un potenziale guastafeste può migliorare la posizione negoziale internazionale del nostro paese. D'altra parte, la Corte di solito fa del suo meglio per andare incontro ai governi in carica.

E questo è il caso del PSPP, nell'ambito del quale non è stato impedito alla Bundesbank di partecipare al programma di acquisto di obbligazioni della BCE. Ciò su cui la corte insiste, tuttavia, è il suo potere decisionale, in merito al fatto che gli atti degli organi dello stato tedesco, in particolare della Bundesbank, possano violare i diritti democratici e politici di base dei cittadini tedeschi, in quanto non sono coperti né dalla Legge fondamentale tedesca né dal diritto internazionale attraverso dei trattati legalmente ratificati dallo stato tedesco.

Anche sotto la pressione di una crisi, non è possibile ignorare le costituzioni 

Gli effetti sono di vasta portata. Pur aderendo al proprio mandato costituzionale, la Corte tedesca, infatti, insiste sul fatto che l'UE, la BCE e la Corte di giustizia europea non possano in alcun modo estendere la loro giurisdizione ai diritti dei cittadini tedeschi garantiti dalla Costituzione tedesca. Sebbene possa sembrare un argomento banale, implica che l'Unione europea non è (ancora) uno stato federale, ma dipende ancora dal fatto che i suoi Stati membri le abbiano conferito determinati poteri. (Uno dei giudici pochi giorni dopo il verdetto ha dichiarato in un'intervista ad un giornale: "fino a quando non vivremo in uno stato europeo, l'adesione di un paese è soggetta alla legge costituzionale di quel paese").

La sentenza implica anche che le costituzioni - compresa la costituzione di fatto dell'UE - non possano essere modificate incidentalmente. Né possono essere ignorate sotto la pressione di una crisi, secondo il famigerato detto di Carl Schmitt: "l'emergenza è l'ora dell'esecutivo", per non parlare dell'altrettanto famigerato detto tedesco: "la necessità non conosce comandamenti".

Chiunque desideri che l'UE sia sovrana, afferma la corte, è libero di chiedere una revisione formale dei trattati, seguita da un referendum laddove questo sia costituzionalmente necessario per implementare le modifiche ai trattati. Federalismo, perché no - ma per favore alla luce del sole e non come un effetto collaterale della gestione della crisi da parte della BCE, sanzionato da un tribunale europeo attivista. (Naturalmente una revisione in senso federale dei trattati, in realtà di qualsiasi revisione, può essere esclusa sia oggi che nel prossimo futuro - anche a causa dell'eterogeneità degli interessi degli attuali 27 Stati membri, nessuno dei quali, in particolare i paesi del Mediterraneo, vogliono rinunciare alla loro sovranità).

Domande sulla vera natura e la vera finalità dell'UE

È interessante come i commentatori, sia di destra che di sinistra, non capiscano quanto sia stato grande l'imbarazzo per il governo tedesco dopo la decisione sul PSPP della Corte costituzionale federale, proprio nel momento in cui la Germania si appresta ad assumere la presidenza dell'UE nella seconda metà dell'anno. Cosi' per raffreddare l'eccitazione della retorica internazionale sulla presunta parsimonia della Germania, lo stato tedesco, per confermare la sua egemonia europea, finirà per pagare alle casse dell'UE molto piu' di quanto i suoi elettori alquanto preoccupati avrebbero mai concesso. Ancora peggio, la sentenza ha sollevato la questione di tutte le questioni, la domanda che i governi europei hanno imparato a evitare, vale a dire: qual'è la vera natura e la vera finalità dell'UE?

Deve essere enorme, per la classe politica tedesca, la tentazione di usare le proteste europee contro la Corte costituzionale federale per declassarne il suo rango all'interno della costituzione tedesca. Fatto che amplierebbe enormemente la portata politica dell'esecutivo e sarebbe sicuramente coerente con una tendenza generale presente nelle democrazie capitaliste, con notevoli parallelismi simili agli sviluppi in Polonia e Ungheria, ad esempio. Una riduzione dei poteri della Corte costituzionale federale, tuttavia, non sarebbe facile in quanto la sua reputazione nell'opinione pubblica tedesca resta elevata.

La riforma costituzionale come regalo per il Consiglio europeo?

Una modifica costituzionale che trasformi la Corte costituzionale federale in un tribunale di seconda istanza subordinato alla Corte di giustizia, tuttavia, potrebbe avere delle possibilità. Soprattutto se si riuscisse a dare l'impressione che ciò in qualche modo potrebbe aiutare contro il Coronavirus e la successiva catastrofe economica. La maggioranza dei due terzi richiesta, in parlamento si potrebbe anche trovare, con la SPD e i Verdi che sostituiscono i parlamentari della CDU/CSU che si rifiuterebbero di apportare tale modifica. Non sarebbe forse un bel regalo di Merkel al Consiglio europeo, quando la Germania assumerà la presidenza del Consiglio dell'UE il 1 ° luglio 2010?

Un declassamento della Corte costituzionale tedesca dovrebbe essere benvenuto anche per coloro che - come il filosofo tedesco Jürgen Habermas - chiedono l'istituzione di un esercito europeo come veicolo per la creazione di uno stato europeo. La necessità di ricevere un mandato dal Bundestag spesso si è rivelata essere un problema, soprattutto quando alla Germania è stato chiesto di fornire delle truppe per delle "missioni" in luoghi come Iraq, Libia, Siria, Mali o Afghanistan. Senza la Corte costituzionale, almeno per quanto riguarda la politica estera e la cooperazione internazionale, per il governo tedesco sarebbe stato molto più facile ignorare le preoccupazioni dei parlamentari.

Ursula von der Leyen, attualmente alla presidenza della Commissione europea, nella sua precedente posizione come ministro della Difesa tedesco in più di una occasione si sarà trovata nella impossibilità di fare un favore agli americani o ai francesi a causa delle prevedibili obiezioni del Bundestag. Come presidente della Commissione europea, senza la Corte costituzionale tedesca, sarebbe finalmente in grado di costruire una "cooperazione" militare europea, ad esempio per controllare le ex colonie francesi nell'Africa occidentale.

Violazione della "sovranità europea"?

In ogni caso, subito dopo l'annuncio della decisione della Corte, i deputati dei Verdi al Parlamento europeo hanno chiesto alla Commissione di aprire una procedura formale di infrazione contro la Germania - presumibilmente in nome del patriottismo costituzionale tedesco - sebbene il governo tedesco non abbia fatto nulla per attuare la sentenza, e non è nemmeno chiaro se mai lo farà. Von der Leyen, una lealista di Merkel di lunga data, ha seguito l'esempio esprimendo il timore che diversamente, anche altri paesi dell'Europa orientale come la Polonia, potessero sentirsi incoraggiati a non osservare le decisioni della CGE. In quell'occasione, ha descritto la sentenza PSPP come una violazione della "sovranità europea".

Le procedure di infrazione richiedono tempo e, in ogni caso, alcuni Stati membri si chiederanno cosa ciò significherebbe per la loro sovranità se l'UE dovesse riuscire a rivendicare per sé la sovranità. Forse aspetteranno fino all'ultimo minuto, sperando che i tedeschi si facciano carico delle conseguenze del conflitto. Con ogni probabilità, il processo finirà o addirittura non inizierà se, in cambio, la Germania accettasse di versare piu' soldi nel prossimo bilancio europeo, forse dopo aver massacrato la sua Corte costituzionale come un agnello sacrificale sull'altare dell'europeismo.

Qualunque cosa accada, si può scommettere su due cose. Innanzitutto, il governo tedesco troverà un modo per dare alla BCE la possbilità di continuare a "fare tutto il possibile" per mantenere in vita l'euro. (Se ciò alla fine avrà successo è un'altra questione). L'euro è la miniera d'oro per eccellenza dei tedeschi, mentre non è affatto chiaro perché Italia, Spagna e Francia abbiano così tanta voglia di tenerselo, per la Germania in questa lunga fase di stagnazione capitalista è un'ancora di salvezza.

In secondo luogo, anche se la BCE, il bilancio dell'UE, la Banca europea per gli investimenti e tutti gli altri, grazie a delle iniezioni di soldi europei e alla abile messa in scena di una presunta capitolazione tedesca, per diversi anni ancora continuassero a trovare i mezzi necessari per tenere in piedi e foraggiare le classi politiche della periferia meridionale dell'eurozona ormai in declino, ciò non fermerebbe affatto la devastazione economica dei paesi del Mediterraneo. Perché questa è di natura strutturale, ed è radicata nella rinuncia alla sovranità monetaria dei paesi del Mediterraneo ed è così profonda che non può essere risolta attraverso quei trasferimenti che i governi tedeschi potrebbero permettersi sia economicamente che politicamente.

Il risultato sarà una crescente disuguaglianza fra i paesi dell'Unione monetaria e all'interno dei paesi, e sarà accompagnata da un'ostilità internazionale in crescita costante. Si avvicina l'ora della verità per le vuote promesse fatte dai tedeschi in passato, fatte con la irresponsabile speranza che non dovessero essere mai mantenute. La delusione avvelenerà profondamente la politica europea.

mercoledì 20 maggio 2020

La strada che porta alla fine dell'euro

Martin Höpner, grande intellettuale tedesco e professore di scienze politiche al prestigioso Max-Planck-Institut für Gesellschaftsforschung di Colonia, prova a ipotizzare cosa accadrebbe se la BCE desse ascolto agli unionisti piu' facinorosi e ignorasse la sentenza della Corte di Karlsruhe. Ne scrive Martin Höpner su Makroskop.eu


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Diversi critici della sentenza della Corte costituzionale tedesca chiedono di ignorare il verdetto del 5 maggio. Ma sono consapevoli che alla fine di questa sequenza, con la quale in realtà vorrebbero punire Karlsruhe, potrebbe esserci proprio la fine dell'Eurozona?

Nell'ambito del dibattito sulla recente sentenza della Corte costituzionale federale sull'operato della BCE, i critici chiedono alla Banca centrale europea di ignorare qualsiasi richiesta del Bundestag di presentare una prova della proporzionalità del programma di acquisto delle obbligazioni PSPP: la BCE non dovrebbe ricevere alcuna linea di indirizzo dai parlamenti nazionali.

Gli autori di tali proposte e di altre simili vorrebbero una ulteriore intensificazione del conflitto. È chiaro o meno ai critici (decisamente filo-europeisti) che alla fine di questa sequenza, con la quale vorrebbero punire Karlsruhe, potrebbe esserci la fine dall'Eurozona? È davvero quello che vogliono?

Qui sotto potete leggere come potrebbe andare avanti il conflitto se le parti in causa dovessero persistere senza compromessi sulle loro posizioni:

3 giugno 2020: sulla base dei risultati delle audizioni pubbliche del parlamento tedesco del 25 maggio, il governo federale e il Bundestag rispettano i loro obblighi ai sensi dell'orientamento numero 9 della sentenza di Karlsruhe e pertanto chiedono alla BCE di preparare un'analisi in merito alla proporzionalità degli acquisti di obbligazioni effettuati nell'ambito del PSPP.

9 giugno 2020: il Consiglio della BCE si riunisce e respinge le richieste arrivate da Berlino. Le istruzioni provenienti dagli organi degli Stati membri non sono accettate. Il non dover seguire le indicazioni dei parlamenti e dei governi, è la garanzia ultima dell'autonomia della banca centrale. I fautori della linea morbida restano una minoranza isolata.

5 agosto 2020: il termine stabilito dalla Corte costituzionale federale è scaduto senza che la BCE abbia presentato l'analisi richiesta in merito alla proporzionalità del PSPP.

6 agosto 2020: la Bundesbank interrompe la sua partecipazione alla realizzazione del PSPP.

7 agosto 2020: la Commissione rilascia una dichiarazione in cui invita la Germania ad accettare il primato del diritto europeo sul diritto costituzionale degli Stati membri e ad ordinare alla Bundesbank di riprendere con l'attuazione dei programmi.

10 agosto 2020: data la gravità della crisi costituzionale europea, i membri del governo tedesco annullano le loro vacanze estive.

11 agosto 2020: un vertice anti-crisi a Bruxelles si conclude senza risultati. La Germania afferma di essere vincolata dalle sentenze della Corte costituzionale federale.

12 agosto 2020: la BCE annuncia che d'ora in poi effettuerà autonomamente la parte tedesca degli acquisti di titoli.

1 settembre 2020: dopo che da settimane cresce la pressione sul presidente tedesco della Commissione, la von der Leyen alla fine cede e annuncia una procedura di infrazione contro la Germania.

1 novembre 2020: si apre la procedura.

5 maggio 2021: la Corte di giustizia europea annuncia la sua sentenza sulla causa "Commissione contro Germania". La Commissione vince. La Germania è condannata a pagare una penale per ogni giorno aggiuntivo in cui ha violato i suoi obblighi ai sensi del diritto europeo.

6 maggio 2021: il governo federale annuncia che accetterà la multa con riserva e che lavorerà ad una soluzione politica al conflitto.

13 maggio 2021: un gruppo comprendente Markus Kerber, Peter Gauweiler e Johann Heinrich von Stein fa un ricorso alla Corte costituzionale federale contro il pagamento della penale.

12 marzo 2022: la Corte costituzionale federale accoglie il ricorso e giudica il verdetto del caso "Commissione contro Germania" come "ultra vires". La Corte dà alla BCE un altro periodo di tre mesi per presentare una valutazione della proporzionalità degli acquisti nell'ambito del PSPP. In caso contrario, la partecipazione della Germania all'unione monetaria, mette in chiaro la corte di Karlsruhe, non è compatibile con la Legge fondamentale.

12 giugno 2022: la scadenza fissata viene superata senza che la BCE abbia presentato una prova della proporzionalità.

1 ottobre 2022: la Germania lascia l'euro. Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Finlandia, Austria, Estonia, Lettonia e Slovenia annunciano che seguiranno l'esempio tedesco.


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venerdì 8 maggio 2020

Verso la "Deeskalation"

Nei palazzacci del potere politico e finanziario la parola d'ordine del momento è "depotenziare" il recente verdetto della Corte costituzionale. Perché come scrive la FAZ, alla fine, "nessuna delle istituzioni coinvolte, né la BCE, né la Bundesbank, né il governo federale, ha davvero interesse a ingigantire il caso". Ne scrivono la Faz.net, la Süddeutsche Zeitung e Handelsblatt 



(...) Che succede ora? La BCE farà quello che la Corte costituzionale federale le ha chiesto di fare? Oppure cercherà di trincerarsi dietro il fatto che in linea di principio - come istituzione europea - c'è solo la Corte di giustizia europea a poterle chiedere di dare spiegazioni? Diversamente, d'ora in poi, tutti i tribunali dei singoli paesi si sentirebbero in diritto di esprimersi sulla banca centrale.

"Nessuna delle istituzioni coinvolte, né la BCE, né la Bundesbank, né il governo federale, del resto, hanno un qualche interesse a ingigantire il caso", si diceva mercoledì nei circoli vicini alla banca centrale. La spiegazione richiesta, peraltro, dal punto di vista tecnico è facile da preparare. Inoltre, ciò che la corte di Karlsruhe ha chiesto rientra nel campo delle "responsabilità" della banca centrale, un campo già chiaro, e il caso sollevato non influisce sulla sua indipendenza in termini di spazio di azione. Il presidente della BCE Christine Lagarde, lei stessa un avvocato, ha assunto la "responsabilità del procedimento": cercherà una soluzione accettabile per tutti.

Non è ancora chiaro tuttavia come saranno divisi i ruoli tra Bundesbank e BCE. Sarà la BCE a redarre le spiegazioni richieste, mentre poi sarà la Bundesbank a inoltrarlo al Bundestag e al governo - per evitare un rapporto di comunicazione diretta tra la BCE e il governo?

Anche le grandi banche tedesche sono del parere che la BCE alla fine cederà e presenterà la dichiarazione richiesta. Ad ogni modo, gli economisti di Deutsche Bank e Commerzbank non hanno dubbi. Nella sua prima lettura della sentenza, la banca centrale sembra lasciare aperta la possiblità di presentare la prova della proporzionalità richiesta dalla Corte costituzionale federale, ha dichiarato Jörg Krämer, capo economista della Commerzbank: "Mi aspetto tuttavia che alla fine lo farà". Stefan Schneider, capo economista per la Germania di Deutsche Bank, ha dichiarato: "In definitiva, si tratta solo di un documento formale che certifichi una ponderazione della proporzionalità".

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(...) Ma la vera grande questione è una: chi dovrà rispondere a questa richiesta? Alla BCE sono convinti che la Corte costituzionale tedesca non abbia nulla da dire alle autorità monetarie europee. Cosa accadrebbe se altre corti costituzionali nazionali stabilissero delle linee guida per le autorità monetarie? La Corte di giustizia europea (CGE) è la sola ad avere il diritto di decidere se la BCE sta violando i trattati in vigore.

La BCE di conseguenza ha reagito con una certa freddezza. Ha preso nota della decisione della Corte costituzionale federale, facendo riferimento alla sentenza della Corte di giustizia europea del 2018. I giudici lussemburghesi, infatti, avevano dato il via libera alla banca centrale europea per il suo programma di acquisto di obbligazioni degli anni passati, con il quale finora sono stati acquistati titoli per 2,3 trilioni.

La BCE si trova in mezzo a un guado. Da un lato, non si vuole far cucinare a fuoco lento dai giudici tedeschi, dall'altro, l'Euro-Tower non ha alcun interesse a intensificare il conflitto con l'opinione pubblica tedesca. Ignorare semplicemente la sentenza, pertanto, non sembrerebbe essere un'opzione ragionevole. Allo stesso tempo, la Corte costituzionale federale ha chiarito che la Bundesbank potrà partecipare agli acquisti di obbligazioni solo se la BCE fornisce una giustificazione coerente con le indicazioni di Karlsruhe. Quindi la Bundesbank dovrà fare un'opera di convincimento per spingere la BCE a fornire le informazioni in suo nome? Oppure la Bundesbank lo farà da sola, facendo riferimento alla BCE? La comunicazione a questo punto diventa un esercizio acrobatico.

La Corte di giustizia europea aveva giudicato legittimo il programma di acquisto 

C'è già materiale a sufficienza per soddisfare i desideri dei giudici tedeschi: "Si potrebbe fare riferimento, ad esempio, alle vecchie relazioni mensili, ai discorsi e alle interviste con le quali la BCE spiegava le sue misure", afferma Stefan Bielmeier, capo economista di DZ Bank. E ciò dovrebbe essere possibile entro il termine di tre mesi stabilito dalla Corte costituzionale federale. Questo dossier dovrebbe quindi essere portato a conoscenza anche del Bundestag e del Bundesrat - ma con quali conseguenze? Chi sarà alla fine a dover verificare se il dossier soddisfa i requisiti dei giudici supremi tedeschi? In linea di principio, un simile test di proporzionalità sarebbe di competenza della Corte di giustizia europea, ma naturalmente la Corte costituzionale potrebbe rientrare in gioco se un tale ricorso fosse ripresentato in Germania. Un ricorso, ad esempio, contro una ulteriore partecipazione della Bundesbank agli acquisti di titoli di stato, oppure contro l'attuale programma di emergenza anti-crisi, sulla base del quale la BCE acquisterà titoli di stato per 750 miliardi di euro da qui alla fine dell'anno.

C'è il rischio di fare confusione, soprattutto perché gli effetti della politica monetaria e della politica economica non sono così facili da distinguere, come invece chiede la corte costituzionale nella sentenza. "Non è del tutto chiaro dove finisce la politica monetaria e dove inizia la politica economica", afferma Katharina Utermöhl, economista del gruppo assicurativo Allianz. "Non è possibile tracciare un confine con esattezza". Sulla stessa linea anche il giurista costituzionale Alexander Thiele dell'Università di Gottinga, secondo il quale le normali decisioni di politica monetaria - come i tassi di interesse - hanno degli effetti significativi in termini di politica economica, simili a quelli menzionati dalla Corte costituzionale per quanto riguarda gli acquisti di obbligazioni: a partire da quando una misura è sproporzionata?

"Discorsi, conferenze stampa e saggi per la Corte non sembrano essere sufficienti "

Queste tematiche vengono discusse anche all'interno della BCE. Ce ne è traccia nei documenti di lavoro e di ricerca, nei discorsi dei membri del Consiglio di amministrazione e nelle conferenze stampa settimanali. A tale proposito, si trovano anche queste considerazioni, ma non nelle decisioni contro le quali si è indirizzato il ricorso dei critici della BCE. "Interpreto il giudizio nel modo seguente: è necessario spiegare la proporzionalità delle decisioni pubblicate dal Consiglio direttivo", afferma Volker Wieland, professore di economia monetaria alla Goethe-Universität di Francoforte e membro del Consiglio dei Saggi economici, presente martedi' in aula durante la pronuncia del verdetto. "Discorsi, conferenze stampa e saggi per la corte non sono sufficienti".

Insieme all'economista di Friburgo Lars Feld, anche Wieland è stato uno dei saggi economici ascoltati dalla Corte durante la scorsa estate. I suoi commenti sono stati recentemente pubblicati sotto forma di documento di lavoro. Secondo le sue dichiarazioni, infatti, egli non ritiene che gli acquisti di obbligazioni vadano oltre il mandato della banca centrale. Wieland, che da tempo non considera più appropriata in termini di estensione e durata la politica monetaria ultra-espansiva della BCE, sottolinea la "discrezione" con cui la banca centrale continua ad operare. Gli acquisti di obbligazioni sostanzialmente sarebbero una "misura di politica monetaria adeguata", dato che non vi sarebbe piu' spazio per una ulteriore riduzione dei tassi di interesse.

Il dilemma in cui ora si trovano la Bundesbank e la BCE non è facilmente risolvibile. Per il futuro, tuttavia, la BCE potrebbe semplicemente agire diversamente e documentare le proprie considerazioni emerse durante le riunioni del Consiglio. "Christine Lagarde, come parte della sua revisione della strategia, ha annunciato di voler ascoltare molti piu' pareri", afferma Wieland. In questo processo, la BCE potrebbe includere le richieste formulate nella sentenza e impegnarsi a spiegare esplicitamente le proprie considerazioni sui benefici e sui costi della politica monetaria. "E ciò avrebbe senso", secondo Wieland. "Ci sono anche molte cose che la BCE potrebbe imparare dalle altre banche centrali".

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(...) Il Bundestag discute i doveri di informazione della Bundesbank in merito alla BCE

Al Bundestag nel frattempo, la sentenza della Corte costituzionale sugli acquisti di titoli di Stato da parte della BCE, ha scatenato un dibattito frenetico su come attuare il controllo delle attività della Banca centrale europea richiesto dalla Corte di Karlsruhe. Secondo la Reuters, infatti, i giuristi del Bundestag chiedono una nuova legge che il Parlamento dovrebbe utilizzare per richiedere e ottenere maggiori informazioni dalla Bundesbank in merito alle attività della BCE. Dopo le discussioni delle Commissioni Finanze, Bilancio ed Europa di mercoledì scorso sulla sentenza della Corte costituzionale, è emerso, secondo le informazioni provenienti dagli ambienti parlamentari, che si preferisce cercare un contatto con la Bundesbank come membro dell'eurosistema, invece di puntare direttamente alla BCE.

"Una possibilità potrebbe essere quella di un obbligo di informazione da parte della Bundesbank nei confronti del Bundestag tedesco", ha dichiarato all'agenzia di stampa Reuters Katja Leikert, vice-capogruppo parlamentare della CDU-CSU. "Il governo federale dovrebbe anche coinvolgere maggiormente il Bundestag nelle decisioni di politica monetaria". Grazie alla sentenza, in ogni caso sono, ne escono rafforzati i diritti del Bundestag in materia.

"La BCE è obbligata a fornire informazioni ad un solo parlamento, cioè al Parlamento europeo", ha avvertito il responsabile per la politica europea dei Verdi, Franziska Brantner. Pertanto, anche lei chiede che si passi attraverso la Bundesbank. In ogni caso, l'indipendenza della BCE e della Bundesbank dovrà essere preservata. Brantner ha anche chiesto al Parlamento di rafforzare i suoi diritti di partecipazione in materia di politica europea ai sensi dell'articolo 23 della Legge fondamentale



mercoledì 6 maggio 2020

"Quella strana prova di forza dei giudici di Karlsruhe"

Prime impressioni dalla stampa tedesca dopo la importante sentenza della Corte Costituzionale di Karlsruhe. Per Stefan Kaiser su Der Spiegel si tratterebbe di una inspiegabile prova di forza dei giudici costituzionali tedeschi che intervengono in una disputa di natura politica:


La strana prova di forza dei giudici costituzionali

(...) Perché, ci si potrebbe chiedere, la Corte costituzionale federale proprio ora ha deciso di iniziare a silurare le fondamentali misure di sostegno delle banche centrali?

Ma questa accusa da sola non basta. È compito dei giudici esaminare i ricorsi costituzionali - e il fatto che il verdetto sia  stato pronunciato proprio in questo momento, al culmine di una nuova crisi, potrebbe essere solo un puro caso.

Eppure a prima vista la sentenza non solo è irritante, come dice il giudice Voßkuhle, ma lo è anche ad un secondo sguardo. Soprattutto il ragionamento utilizzato dai giudici per argomentare sembra strano. Accusano i banchieri centrali di aver trascurato gli effetti collaterali del loro programma di acquisto di obbligazioni e di non aver fatto suffcienti previsioni sul loro "impatto economico" - e cioè cosa significano i tassi di interesse a zero per gli azionisti, i proprietari di immobili, i risparmiatori e le aziende.

I giudici intervengono in una disputa politica

Come se questi effetti collaterali non venissero discussi pubblicamente da anni - e anche dai membri del Consiglio direttivo della BCE. In ogni occasione, l'ex presidente della BCE Mario Draghi, ma soprattutto i governatori delle banche centrali nazionali, come il tedesco Jens Weidmann, ne sottolinevano le conseguenze - e su questa base hanno discusso anche violentemente.

Alcuni, tra i quali anche Draghi, ritenevano che l'obiettivo di una politica monetaria funzionante fosse così importante da doverne accettare gli effetti collaterali. Gli altri, come Weidmann, la vedevano in maniera diversa. È stata una lotta lunga e dura. In questo contesto, sembra davvero assurdo che i giudici costituzionali sostengano seriamente che non vi sia stata un'analisi sufficiente degli effetti.

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Per Mark Schieritz su Die Zeit il vero obiettivo della sentenza sarebbe quello di segnalare l'autonomia dei giudici di Karlsruhe nei confronti della Corte Europea, ma soprattutto, per il commentatore dopo questo verdetto emerge con forza un elemento: l'integrazione europea ha raggiunto i suoi limiti naturali, senza una modifica dei trattati non si potranno fare altri passi in avanti.


La Corte costituzionale federale lascia alla BCE una porta sufficientemente aperta affinché possa continuare i suoi tanto discussi acquisti di titoli di stato. Ma questa è l'unica nota positiva di questo verdetto confuso, euroscettico ed economicamente discutibile. (...)

Non c'è internet a Karlsruhe?

Secondo i giudici di Karlsruhe, la BCE non avrebbe dimostrato in maniera sufficientemente chiara se i vantaggi delle misure superano i possibili svantaggi. Il Bundestag ora è chiamato ad intervenire affinché si verifichi un siffatto test di proporzionalità. Ci si chiede pertanto, cosa faranno, secondo la Corte, gli oltre 3000 impiegati della banca centrale nelle loro lunghe giornate? Si girano i pollici? La politica monetaria corrisponde alla costante ricerca di un equilibrio fra vantaggi e svantaggi. Basta fare un clic sul sito web della BCE, per trovare pagine e pagine di interventi, post di blog e articoli dei membri del Comitato esecutivo su questo tema. Non c'è internet a Karlsruhe?

E la sentenza prosegue con lo stesso stile. Al fine di documentare il rischio derivante dai bassi tassi di interesse per i risparmiatori, i giudici citano uno studio dell'Associazione federale delle banche pubbliche, secondo il quale la politica dei bassi tassi di interesse è un pericolo. Sarebbe come fare riferimento a una dichiarazione di Daimler sulle emissioni del diesel. Chi determina effettivamente i tassi di interesse? Certamente non è solo Christine Lagarde. I giudici avrebbero dovuto chiedersi perché il denaro costa cos' poco non solo in Europa, ma perché accade lo stesso in tutto il mondo. Ma evidentemente non lo hanno fatto in maniera sufficientemente approfondita. Né  si sono chiesti cosa accadrebbe alla previdenza integrativa se i tassi di interesse aumentassero e se l'unione monetaria dovesse frantumarsi.

(..) Una spiegazione chiarificatrice sul verdetto appena dato è che i giudici di Karlsruhe stavano cercando una leva che garantisse loro il diritto permanente di avere l'ultima parola. In definitiva, non vogliono sottomettersi alla Corte di giustizia europea. E' una posizione comprensibile in termini di teoria democratica ed è nella tradizione della corte. Ma i giudici dovrebbero essere consapevoli di quello che in questo modo stanno facendo. Se la Germania pensa di potersi sottrarre al primato del diritto europeo, cosa potremmo dire allora ai polacchi o agli ungheresi che per ragioni completamente diverse hanno dei seri problemi con i requisiti europei?

La BCE ora scriverà la sua difesa, e davanti alla corte chiarirà che il nuovo piano di aiuti per il Coronavirus differisce sostanzialmente dal programma di acquisto titoli appena messo in discussione. È probabile che in questo modo possa avere successo. Anche i giudici di Karlsruhe non dovrebbero avere alcun interesse a distruggere l'unione monetaria.

È anche chiara un'altra cosa, e cioè: con una simile Corte sullo sfondo, non si può affrontare una questione che conosciamo già dalla crisi dell'euro e che abbiamo riascoltato durante la crisi del coronavirus. E' la politica fiscale a dover salvare la moneta unica, non la banca centrale. Ma anche qui i trattati europei stabiliscono dei limiti che impediscono agli stati membri di introdurre delle misure di vasta portata come gli eurobond. E in caso di dubbio, anche gli eurobond finirebbero davanti alla corte di Karlsruhe. Questa sentenza mostra che il potenziale della politica di integrazione nel quadro dell'attuale sistema giuridico si è ampiamente esaurito. Se vogliamo piu' Europa, bisogna cambiare i trattati.


Su Die Welt invece Holger Zschäpitz saluta con entusiasmo il verdetto della Corte di Karlsruhe e con una certa soddisfazione annuncia ai suoi lettori: il „Whatever it takes“ potrebbe essere solo un ricordo del passato:



(...) Il verdetto è un colpo di gong. Nessun esperto in materia in realtà si aspetta che le autorità monetarie di Francoforte interrompano immediatamente gli acquisti di titoli di stato. La Corte costituzionale federale, tuttavia, ha voluto chiarire alla BCE che c'è un'autorità che controlla la politica delle istituzioni monetarie. Come del resto stava accadendo durante la crisi del Coronavirus, che con tutti i suoi programmi di salvataggio a molti osservatori aveva dato la sensazione che la BCE si stesse praticamente scrivendo da sola le proprie regole e stesse operando liberamente secondo il motto del "Whatever it takes". Il duro verdetto di Karlsruhe ha notevolmente ridotto gli spazi disponibili per la BCE. Finora, il potere della BCE sui mercati finanziari si basava anche sul fatto che potenzialmente poteva agire in maniera illimitata. (...)

I giudici di Karlsruhe in questo modo hanno fatto capire che ci sono dei chiari limiti ai programmi di salvataggio e che in futuro si dovrà rispettare anche la regola del capital-key. Gli acquisti illimitati a piacimento sembrano contrastare con il principio della proporzionalità. Sebbene la sentenza si riferisca solo al programma di acquisto dalla ingombrante sigla PSPP, è naturale che tali condizioni si applichino anche al nuovo programma di salvataggio dalla sigla PEPP (Programma di acquisto per l'emergenza Pandemica), per il quale la BCE finora ha avuto tutta la flessibilità possibile. Fino a quando il Bundestag non emetterà un assegno in bianco alla BCE, il margine di manovra si restringerà considerevolmente.

"Mi aspetto che la BCE nelle prossime settimane modifichi le caratteristiche del PEPP", afferma Bernd Lucke, professore di economia ad Amburgo e uno dei ricorrenti. I giudici di Karlsruhe avrebbero definito dei criteri chiari per evitare di arrivare al finanziamento monetario degli stati, e il programma di salvataggio PEPP li avrebbe chiaramente violati. Se la BCE non dovesse agire, a Karlsruhe potrebbero esserci nuove cause, ed è ipotizzabile che i ricorrenti possano cercare di ottenere un pronunciamento immediato.

Sembra quasi che il  „Whatever it takes“ ormai sia solo un ricordo del passato.

martedì 5 maggio 2020

Preoccupazione a Berlino per la sentenza della corte di Karlsruhe

Nei palazzi del potere politico di Berlino c'è una certa preoccupazione per gli effetti che la sentenza della Corte Costituzionale federale di Karlsruhe potrebbe avere sulla stabilità finanziaria dell'eurozona. Anche se in molti sono convinti che alla fine a prevalere sarà la ragione di stato e la corte non farà un assist ad AfD. Ne scrivono Welt, Handelsblatt e la Süddeutsche Zeitung.


Da Die Welt:

Alla vigilia della sentenza della Corte costituzionale tedesca sui controversi acquisti di titoli di Stato della Banca centrale europea (BCE), il promotore del ricorso costituzionale Peter Gauweiler si auspica un rafforzamento del ruolo del Bundestag

"I programmi di acquisto da trilioni di euro che gravano sul bilancio dello stato tedesco tramite la BCE non sono mai stati discussi nemmeno per un'ora dal parlamento tedesco", ha dichiarato alla Deutsche Presse-Agentur di Karlsruhe l'ex vicepresidente della CSU e membro di lunga data del Bundestag. Gli organi della BCE si sono sottratti a qualsiasi controllo democratico. E questo non sarebbe giusto. "Le decisioni che definiscono le linee di politica economica dovrebbero essere prese da persone elette che possono anche essere sfiduciate". (...)

Il verdetto sarà annunciato questo martedì (5 maggio). L'accusa in discussione: la BCE tramite gli acquisti di titoli di stato sta praticando il finanziamento agli stati e in questo modo implementa misure di politica economica. I ricorsi costituzionali di Gauweiler e di altri attori (Az. 2 BvR 859/15 e altri) sono diretti contro l'ampio programma PSPP per l'acquisto di titoli del settore pubblico.

(...) Nel peggiore dei casi, la corte costituzionale potrebbe vietare alla  Bundesbank di partecipare agli acquisti di obbligazioni. Ciò avrebbe un impatto notevole perché la Bundesbank è il maggiore azionista della BCE - e se dovesse venire meno, in un colpo solo verrebbe a mancare circa un quarto del volume degli acquisti. Lo scenario più realistico potrebbe essere quello nel quale i giudici formulano delle condizioni che in futuro dovranno essere soddisfatte per la partecipazione tedesca agli acquisti.

Per Gauweiler questa non sarebbe neanche della preoccupazione principale. "Da 20 anni mi preoccupo per la facilità con cui si può scavalcare un parlamento", ha detto. «Nessuno ha scelto la signora Lagarde, nessuno ha scelto il signor Draghi. Tuttavia, si sono assegnati un mandato che determina la direzione politica» La francese Christine Lagarde da novembre dirige la BCE .

Fra i ricorrenti di Karlsruhe ci sono anche gli ex politici di Afd Bernd Lucke e Hans-Olaf Henkel. Il professore di finanza di Berlino Markus Kerber, in rappresentanza di un altro gruppo di querelanti, ha criticato il fatto che la controversia legale ormai è in corso da più di cinque anni e che la BCE in questo periodo ha continuato a comprare obbligazioni senza freni. Ciò significa che un terzo del debito sovrano dell'area dell'euro ormai è nei bilanci delle banche centrali, ha sottolineato in una nota.

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Cosa ne pensa il governo federale della decisione della Corte costituzionale federale?

Al Ministero delle finanze sono alquanto preoccupati per la sentenza in arrivo. "Nonostante il Coronavirus, da giorni il verdetto della corta è uno dei problemi principali", dice un funzionario. Se la Corte costituzionale federale dovesse stabilire dei limiti restrittivi per la BCE, potrebbero esserci delle gravi conseguenze, questa almeno sembra essere la  preoccupazione principale al ministero

Da diversi giorni i funzionari del ministero, infatti, stanno preparando tutte le possibili interpretazioni per i vari scenari del giudizio. Non è un compito facile. Dopotutto la politica deve esprimere una propria opinione su di una "doppia indipendenza politica": la Corte costituzionale federale indipendente giudica una Banca centrale europea anch'essa indipendente. In caso di un giudizio severo, tuttavia, la banca centrale si aspetta un sostegno da parte della politica. C'è troppa preoccupazione per il fatto che la sentenza della corte costituzionale possa provocare nuovi disordini sui mercati finanziari.

Quali sarebbero le conseguenze?

Se i giudici della corte di Karlsruhe dovessero stabilire dei limiti per la partecipazione della Bundesbank ai programmi di acquisto, ciò avrebbe delle gravi conseguenze economiche, politiche e legali. Dal punto di vista giuridico ci sarebbe un conflitto tra Germania ed Europa. Dopo che la Corte di giustizia europea si era già espressa sul programma di acquisto valutandolo come legale, ora ci sarebbe la Corte suprema del più grande stato membro dell'UE  che si pronuncia con una sentenza diversa.

Dal punto di vista economico ciò probabilmente causerebbe una grande incertezza sui mercati. In termini pratici, per la BCE o altre banche centrali nazionali sarebbe possibile compensare gli acquisti della Bundesbank, ad esempio la banca centrale italiana potrebbe acquistare una quantità maggiore dei propri titoli di Stato.

Tuttavia, gli investitori potrebbero considerare una tale sentenza della Corte costituzionale tedesca come un segnale che il campo d'azione della BCE è limitato. Finora, la capacità di intervento della BCE nella crisi ha fatto affidamento sul fatto che potenzialmente può agire in maniera illimitata.

Se la sentenza dovesse suscitare dei dubbi, molti economisti temono delle forti distorsioni sui mercati. In un tal caso, sarebbe necessario un intervento della politica per impedire il collasso dell'unione monetaria.

Cosa si aspettano a Berlino?

A Berlino, nessuno crede davvero che la Corte costituzionale semplicemente intenda strizzare l'occhio al programma di acquisto della BCE. Ci saranno delle condizioni, si dice. L'unica domanda è quali. Per Berlino e per la Bundesbank sarebbe auspicabile il seguente scenario: la Corte costituzionale alza il dito indice, chiede che sia indicato un buon motivo per gli acquisti, ma si astiene dal dettare alla Bundesbank delle rigide condizioni per tali acquisti. La corte invierebbe il segnale di voler monitorare attentamente che la banca centrale non sta violando il suo mandato. Tuttavia, la sentenza non avrebbe degli effetti concreti sulla politica monetaria della BCE.

A Berlino una delle preoccupazioni principali è la seguente: in passato la Corte costituzionale federale nelle decisioni in materia di politica monetaria della BCE aveva sempre posto una particolare enfasi sulla Capital-key. In modo da evitare un trasferimento del rischio tra i paesi. Nel nuovo programma anti-crisi che la BCE ha lanciato per fronteggiare gli effetti del corona-virus, intende utilizzare questa regola "in maniera flessibile", se necessario.

Ciò potrebbe essere interpretata come una provocazione da parte dei giudici costituzionali, quiesta è la paura a Berlino. Dopotutto, finora per loro la conformità era sempre stata importante. Se i giudici di Karlsruhe dovessero sottolineare che la capital-key deve essere rispettata in ogni caso, vi sarebbe un certo nervosismo. In definitiva, ciò metterebbe in discussione il programma di acquisti di emergenza (PEPP), che attualmente sta calmando i mercati.


Lunedì a Berlino si percepiva un certo nervosismo. Il governo federale è abbottonato, non vuole "anticipare il verdetto", dice un portavoce del ministro delle finanze tedesco Olaf Scholz (SPD). L'esperto di politica europea dei Verdi, Franziska Brantner, ha criticato il fatto che il governo federale ha messo l'Europa in una situazione pericolosa attraverso una politica della lingua biforcuta. "Gli occhi spaventati rivolti a Karlsruhe mostrano quanto sia pericoloso aver esternalizzato la gestione della crisi alla BCE". Dato che Berlino ha paura di imporre un'equa ripartizione degli oneri in Europa, "coloro che hanno sempre messo in guardia da un ruolo troppo forte della BCE, ora stanno mettendo sotto pressione la banca centrale".

In particolare CDU e CSU da anni chiedono di fermare la politica monetaria espansiva della BCE in modo che i tassi di interesse tornino a  crescere. Ora, tuttavia, sono in molti proprio nell'Unione a sperare che la BCE possa continuare ad acquistare obbligazioni senza limiti in modo da poter evitare gli Eurobond, ovvero le obbligazioni comuni con responsabilità condivisa. Ed è proprio la FDP che lunedì cercava di calmare le acque. La Corte costituzionale federale "non è esattamente conosciuta per fare delle rivoluzioni", afferma Otto Fricke, egli stesso avvocato e responsabile della politica di bilancio del partito. "La Corte costituzionale federale non si è mai prestata a delle sentenze che portano a una rapida inversione di marcia". (...)

In ogni caso, la politica di Berlino si è preparata anche per l'evento piu' improbabile. Il piano di emergenza prevede che venga immediatamente inviato un segnale congiunto subito dopo la sentenza di Karlsruhe in modo da garantire la stabilità dell'euro. Anche a Francoforte, ci hanno lavorato per tutto il fine settimana. E oltre al piano europeo, la sentenza ha anche un significato politico interno: AfD è stata fondata per aiutare a buttare giù l'euro.
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mercoledì 12 dicembre 2018

Die Welt: un affronto ai giudici di Karlsruhe

La Corte di Giustizia europea ieri si è pronunciata in favore del QE della BCE e ne ha ribadito la piena legittimità, in netto contrasto con la posizione della corte costituzionale tedesca di Karlsruhe che nell'estate del 2017 aveva espresso dei forti dubbi sulla liceità dell'acquisto di titoli da parte della BCE. Per Die Welt si tratterebbe di un affronto ai giudici supremi tedeschi di Karlsruhe. Ne parlano Anja Ettel e Holger Zschäpitz su Die Welt


2,1 trilioni di euro. E' la cifra che la Banca centrale europea (BCE) ha investito per comprare i titoli di stato europei sin dal lancio del suo controverso programma di acquisto di obbligazioni. La domanda che da allora smuove le menti delle persone, specialmente in Germania, è se la BCE si sia spinta troppo oltre. Ha superato il suo mandato violando il divieto di finanziare gli stati? 

La risposta dei giudici della Corte di giustizia europea (CGE) su questo punto è molto chiara. No, dicono i migliori giuristi in Europa, seguendo la raccomandazione dell'avvocato generale della Corte, il belga Melchior Wathelet. 

"Il programma di QE della BCE è conforme alla legge", scrive in un punto centrale della sentenza la Corte di giustizia europea. La BCE, con l'avvio del cosiddetto Quantitative Easing (QE) non ha né superato il proprio mandato, né violato il divieto di finanziamento statale. 

Ancora una volta i giudici di massimo livello si sono allineati alla posizione dell'avvocato generale della CGCE, il quale in ottobre aveva già dettagliatamente spiegato perché il programma di QE a suo avviso era legale. 

Sconfitta per l'euroscettico Bernd Lucke 

L'inequivocabile verdetto è una sconfitta per la cerchia di eurodeputati vicini al fondatore di AfD, Bernd Lucke, che nel 2015 aveva presentato presso la Corte costituzionale federale di Karlsruhe un ricorso contro il programma di QE. Sebbene i giudici di Karlsruhe nella motivazione della loro sentenza avessero sollevato dei forti dubbi sulla legittimità degli acquisti da parte della BCE, avevano voluto reindirizzare il caso alle loro controparti di Strasburgo. 

A differenza dei giudici di Karlsruhe, la Corte di giustizia non ha alcun dubbio sul programma di QE. Questo conferisce alla BCE una licenza quasi illimitata per inserire in maniera permanente fra i propri strumenti l'acquisto in grandi volumi di obbligazioni. 

"È una valutazione molto generosa di ciò che la BCE è autorizzata a fare", si lamenta il professore di finanza e avvocato di Berlino Markus Kerber, uno dei querelanti. "Stiamo spianando la strada a un'istituzione senza limiti". 

Il verdetto tuttavia giunge in un momento in cui la BCE effettivamente ha quasi terminato il suo programma. Dalla fine dell'anno, infatti, non dovrebbero esserci più acquisti di obbligazioni. Attualmente, le autorità monetarie continuano ad acquistare titoli per un volume pari a 15 miliardi di euro al mese. 

Tuttavia, anche a gennaio la vera fine del QE sarà ancora lontana. La BCE continuerà infatti a sostituire i titoli in scadenza. Per quale importo e fino a quando, il presidente della BCE Mario Draghi ancora non lo ha deciso. 

Il verdetto è un affronto a Karlsruhe 

Tenendo in considerazione la durata del programma attuale, il verdetto è arrivato molto in ritardo. Il lodo giudiziario di Strasburgo, tuttavia, sarà di massima rilevanza per la futura politica monetaria. Al più tardi quando si presenterà la prossima recessione e si tornerà a sollevare la necessità di un allentamento monetario, il QE potrebbe essere rapidamente riattivato. 

E anche se non dovesse trattarsi di rilanciare il programma, sarà di grande importanza per affrontare la pesante eredità accumulata finora nei libri della BCE. Alla luce della sentenza della Corte di giustizia, le autorità monetarie dell'eurozona potranno infatti adottare un approccio rilassato per ridurre i titoli di Stato presenti nei loro bilanci. Nessuno li esorterà, almeno per quanto riguarda i più alti giudici d'Europa, a fare in fretta. Al contrario, nella sentenza della Corte di Giustizia si afferma esplicitamente che le autorità monetarie sono autorizzate a detenere i titoli di Stato fino a scadenza e che questo è completamente privo di problemi. 

Il verdetto è anche un chiaro affronto ai giudici di Karlsruhe. Nell'estate del 2017, questi avevano infatti espresso delle forti riserve sul programma di QE e si erano chiesti se gli acquisti di titoli di Stato su larga scala fossero ancora di competenza della banca centrale. 

I giudici di Karlsruhe avevano individuato dei "motivi importanti" secondo i quali il divieto di finanziamento degli stati sarebbe stato violato e per questa ragione si erano rivolti alla Corte di giustizia. In una precedente sentenza, i giudici di Karlsruhe avevano anche osservato che solo in caso di assoluta emergenza le autorità monetarie sono autorizzate a detenere le obbligazioni fino alla scadenza del titolo. "È una provocazione nei confronti della Corte costituzionale federale", afferma Kerber. 

Oltre a Kerber e Lucke, al ricorso presso la corte costituzionale tedesca avevano presto parte anche il politico della CSU Peter Gauweiler e l'imprenditore Patrick Adenauer.
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