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mercoledì 28 marzo 2018

Thilo Sarrazin: il miglior consiglio per gli italiani è quello di uscire dall'euro

Thilo Sarrazin è un ex dirigente della SPD, è stato nel board della Bundesbank e parlamentare della città di Berlino. Intervistato sulla moneta unica da Focus ha un consiglio da dare agli italiani: per voi sarebbe molto meglio uscire dall'euro. La stampa popolare tedesca continua con una narrazione dell'eurocrisi fondata su pregiudizi e cliché: il tentativo dei sud-europei di impossessarsi dei risparmi tedeschi per poter continuare a vivere al di sopra dei propri mezzi, ovviamente a spese dei contribuenti del nord. Da Focus.de 


Focus: in Italia gli euroscettici recentemente hanno ottenuto quasi il 50% dei voti. L'euro ha ancora un significato?

Sarrazin: mi lasci rispondere. L'euro ha tre funzioni. Primo: è una valuta, con la quale paghiamo. Secondo: molti hanno sperato che con l'euro le condizioni economiche generali sarebbero migliorate. Ma non è andata cosi'. E terzo, l'euro è il veicolo per l'integrazione europea. Tuttavia anche in questo compito è fallito, è accaduto esattamente il contrario.

Focus: cio' ha a che fare anche con le differenze culturali fra i paesi?

Sarrazin: abbastanza, noi tedeschi abbiamo fiducia nelle nostre istituzioni e abbiamo una avversione storica nei confronti del debito e dell'inflazione. I paesi del sud sono meno disposti a scendere a compromessi e guardano di più' ai loro interessi. Questo è il motivo per cui esiste un altro approccio verso i conflitti politici, la cui soluzione spesso tende ad essere procrastinata.

Focus: che cosa significa concretamente?

Sarrazin: se non si riesce a trovare un accordo sulla politica di bilancio e sui tagli alle spese o sull'aumento delle tasse, allora si finisce per fare piu' debito. Questa fino ad ora è stata la via italiana. Per questo l'Italia fin dalla seconda guerra mondiale ha avuto un'inflazione piu' alta e ha fatto piu' debiti della Germania. In passato non era un problema, ma ora abbiamo una moneta comune che richiede una certa disciplina di bilancio.

Focus: che non c'è...

Sarrazin: ....e questo è diventato il modo italiano per risolvere i problemi.  I partiti che hanno vinto le ultime elezioni sono quelli che dicono: non ne vogliamo piu' sapere dei diktat finanziari tedeschi. Che si può' anche tradurre cosi': ci piace avere l'euro per comprare auto tedesche a buon mercato, ma non abbiamo nessuna voglia di rispettare le regole sul debito. Inoltre, non possono piu' svalutare la loro valuta per vendere ad un prezzo piu' competitivo i loro prodotti. Tutto cio' in Italia sta producendo grande frustrazione.

Focus: l'economista Heiner Flassbeck sostiene che la Germania nell'ambito dell'eurozona stia praticando un damping valutario, perché l'euro per la Germania è una moneta troppo debole.

Sarrazin: Flassbeck in parte ha ragione. L'euro è davvero troppo debole per noi. In realtà stiamo vendendo i nostri beni ad un prezzo troppo basso, e in questo modo rinunciamo ad una parte della nostra prosperità. Potremmo chiedere molto di piu' per i nostri prodotti. Ma Flassbeck ha anche torto perché da quando c'è l'euro la quota del commercio estero con i paesi dell'euro è diminuita costantemente. Il commercio con i paesi non-euro sta crescendo in maniera decisamente piu' forte.

Focus: perché è così?

Sarrazin: se l'economia in paesi come Francia e Italia non cresce, ovviamente non aumenta nemmeno il potere d'acquisto di quei paesi. L'euro ha influenzato negativamente la crescita nell'Europa meridionale, mentre nell'Europa del nord non ha avuto un effetto positivo.

Focus: ma se la Germania uscisse dall'euro avremmo un D-Mark decisamente piu' forte.

Sarrazin: non ho chiesto che sia la Germania ad uscire dall'euro. Ma alcuni paesi dell'europa del sud starebbero sicuramente meglio senza l'euro. Dobbiamo tornare alle regole del Trattato di Maastricht. E in quei trattati non vi è alcuna indicazione che la Germania debba garantire per i buchi di bilancio dei paesi economicamente piu' deboli. L'unione monetaria non dovrebbe essere una unione dei debiti.

Focus: in realtà è cio' che sta accadendo. Ci puo' spiegare nuovamente perché il denaro tedesco è sul fuoco?

Sarrazin: ci sono diversi meccanismi, in totale ce ne sono cinque, se si include il bilancio UE. La cosa peggiore è: io temo che la maggior parte degli economisti non abbia ancora compreso tutti i meccanismi.

Focus: proviamoci ancora una volta

Sarrazin: inizio dai saldi Target. Gli stati hanno due opzioni per finanziare i disavanzi delle partite correnti. Da un lato con il debito, dall'altro con il sistema Target-2. La BCE permette la creazione di enormi saldi negativi per i singoli stati, come se si trattasse di una linea di credito. Alla fine si tratta di paesi che come l'Italia e la Grecia sono indebitati con la BCE. Dietro però ci sono i crediti dei paesi che nel sistema sono dei pagatori, come la Germania.

Focus: come si è arrivati a questa situazione?

Sarrazin: l'unione monetaria è nata con l'idea che doveva esistere una moneta comune, ma nessun sistema di responsabilità comune. Questo approccio è venuto meno con il salvataggio della Grecia nel 2010. Da allora abbiamo una unione di responsabilità, ad esempio con il sistema Target 2 oppure con il meccanismo europeo di stabilità (ESM)

Focus: ... il fondo europeo di salvataggio per gli stati in difficoltà.

Sarrazin: giusto, e in quel fondo - come lei sa, la Germania è il maggiore contribuente netto. In casi estremi si potrebbe arrivare a 190 miliardi di euro per la Germania.

Focus: la richiesta di un sistema europeo di garanzia dei depositi si fa sempre piu' forte: che cosa significa per il risparmiatore tedesco?

Sarrazin: un'assicurazione europea sui depositi è un altro passo verso questa unione basata sulla messa in comune del debito. Quando si parla di assicurazione sui depositi, si tratta di garantire che i depositi dei clienti siano protetti nel caso in cui la banca fallisca. Abbiamo tre sistemi di garanzia dei depositi in Germania: per le banche private, per le casse di risparmio e per le Volks- e Raiffeisenbanken. E se questi sistemi non dovessero essere sufficienti,interviene lo stato, come è accaduto nel 2008...

...un'assicurazione sui depositi è una messa in comune delle garanzie. Tutte le banche che fanno parte dell'assicurazione garantiscono per una singola banca. Ora molti paesi del sud e dell'Europa dell'ovest, che vogliono portare avanti l'unione monetaria, vorrebbero creare un sistema di responsabilità comune per tutte le banche europee.

Focus: alcune banche in Europa pero' stanno già traballando, specialmente in Italia

Sarrazin: in Spagna, Francia e nella Repubblica Federale, le banche sono sostanzialmente stabili. Sono alquanto instabili in Grecia ma anche in Italia. Le banche italiane, in particolare, nei loro bilanci hanno ancora molti crediti inesigibili.

Focus: l'economista  Markus Krall  ha recentemente parlato di "un oleodotto" che va dalla Germania alla Sicilia

Sarrazin: me lo lasci dire. Vengono create delle condutture affinché i paesi del sud possano continuare a spillare denaro. Si tratta dei saldi Target, del meccanismo europeo di stabilità (ESM), come di una possibile unione basata sulla responsabilità comune. Solo la semplice esistenza di una condotta non significa necessariamente che in quella tubatura scorra del denaro.

Focus: ma questo è esattamente il motivo per cui la condotta è stata creata.

Sarrazin: corretto. Cio' significa: quante piu' tubature ci sono, maggiore sarà il rischio che in una seduta notturna a Bruxelles si decida che di fatto dovranno effettivamente scorrere soldi. Per questa ragione io dico: quante meno tubature possibile!

Focus: ecco lo scenario: diciamo che i tassi di interesse della zona euro aumentano e che i costi per il servizio del debito per i paesi indebitati stanno aumentando. A un certo punto queste condutture vengono aperte, e noi tedeschi dobbiamo pagare. Giusto?

Sarrazin: sì è giusto. Lasciatemi dire qualcosa sulla politica dei tassi di interesse. Abbiamo ancora dei tassi di interesse estremamente bassi. Se sei un risparmiatore, allora sai cosa cio' significa per i tuoi risparmi.

Focus: sfortunatamente, niente di buono per i risparmiatori tedeschi.

Sarrazin: questa politica dei tassi di interesse non è stata fatta secondo gli standard e le necessità tedesche. Considerando la forza dell'economia tedesca, anche un tasso di interesse del tre, quattro o cinque per cento sarebbe assolutamente accettabile. Anche se i bilanci pubblici dovessero pagare più interessi, sarebbe comunque fattibile. I tassi di interesse sono mantenuti artificialmente bassi dalla BCE.

Focus: parlando di lavoro, fortunatamente, in Germania abbiamo un tasso di disoccupazione relativamente basso. Le cose vanno diversamente in altri paesi come ad esempio in Spagna. Alcuni economisti stanno già mettendo in guardia contro la sicurezza sociale europea. Sarebbe una conduttura in piu'?

Sarrazin: è vero, nel peggiore dei casi potremmo quindi trovarci a finanziare i disoccupati nei paesi del sud.

Focus: quindi ancora denaro tedesco che deve servire per risolvere i problemi degli altri?

Sarrazin: è sicuramente intenzione degli europei del sud ottenere più denaro possibile dalla Germania e in generale dal Nord Europa. La domanda è come dobbiamo gestire la situazione.

Focus: come la gestiamo?

Sarrazin: non facciamo abbastanza resistenza. Una delle scelte piu' infelici di Martin Schulz è stata quella di dare l'impressione che fosse compito della Germania lasciare che gli stati indebitati si rifornissero con il denaro tedesco. Questo non puo' e non deve accadere.

Focus: accadrà?

Sarrazin: io faccio la seguente previsione. A livello europeo continueremo a prendere iniziative che vanno nella direzione sbagliata. Questi passi saranno troppo piccoli per risolvere i problemi in Spagna, Francia, Italia & Co. Ma sufficientemente grandi da causare rabbia e instabilità in Germania. Per questa ragione la frustrazione sta crescendo, su entrambi i fronti

Focus: quali saranno le conseguenze?

Sarrazin: in Germania, la moneta comune, l'euro, sta diventando sempre più impopolare. E nei paesi del sud stanno crescendo le forze che sono contrarie ad una ulteriore integrazione europea.

Focus: non dovremmo forse preferire un finale con l'orrore rispetto ad un orrore senza fine e lasciare che l'euro imploda?

Sarrazin: io piuttosto mi auspico che si possa tornare ai principi originari che furono concordati all'inizio. Il vecchio principio diceva: abbiamo una moneta comune, ma delle casse nettamente separate, e ognuno si occupa dei propri debiti.

Focus: che cosa accade se ipotesi simili venissero portate alle estreme conseguenze?

Sarrazin: se i mercati sapessero che ad esempio gli italiani devono pagare tutti i loro debiti da soli, i tassi per gli italiani salirebbero sicuramente. Questo significa: gli italiani devono pensare seriamente al loro futuro. Se vogliono mantenere l'euro, devono iniziare a risparmiare sul serio. Ma se non vogliono risparmiare, allora staranno meglio con la loro valuta.

Focus: ma è del tutto irrealistico che Italia & Co. in futuro possano garantire da soli per i propri debiti. 

Sarrazin: anche io sono scettico, perché il ministro delle finanze italiano in realtà dovrebbe preoccuparsi di come tenere sotto controllo il suo debito e di come far ripartire economicamente il suo paese. Non mi pare stia accadendo. Piuttosto si preferisce inveire contro la politica di austerità tedesca.

Focus: e la Francia?

Sarrazin: i francesi sicuramente finiranno per arrabbiarsi con i tedeschi, ma pensano ancora secondo categorie come quelle del prestigio. Non sarebbe certamente compatibile con il loro orgoglio nazionale accettare di essere troppo deboli per l'euro.

Focus: che dire dell'Italia?

Sarrazin: il miglior consiglio che si puo' dare agli italiani è quello di uscire

Focus: ci possiamo permettere di liberare l'Italia dall'euro?

Sarrazin: potrebbe diventare costoso: probabilmente dovremmo rinunciare a tutti i crediti nei confronti dell'Italia.

Focus: quanti soldi ci sono in ballo per il contribuente tedesco?

Sarrazin: potremmo perdere centinaia di miliardi di euro

Focus: che cosa significa?

Sarrazin: che il treno dell'integrazione europea deve essere fermato

Focus: in Germania, AfD sta lavorando duramente per fermare l'integrazione europea. Questo partito è cresciuto molto negli ultimi anni. Cosa ne pensa: AfD sarebbe diventata così forte se la SPD avesse ascoltato di più le tesi dei suoi libri come "Europa braucht den Euro nicht"  oppure "Deutschland schafft sich ab“?

Sarrazin: certo, penso che cio' che ho scritto nel 2010 sull'islam, l'immigrazione e sui nostri problemi demografici fosse giusto. La SPD ma anche la CDU/CSU all'epoca hanno perso l'opportunità di affrontare questi problemi in maniera ragionevole. E quando i temi non trovano una rappresentanza politica, allora saranno gli altri ad occuparsi di questi problemi. AfD non esisteva nemmeno quando uscì il libro. E anche se AfD certamente su molte cose sbaglia, ciò non cambia il fatto che in Germania abbiamo ancora molti problemi irrisolti. 

sabato 24 marzo 2018

La Germania fra la peste dell'unione di trasferimento e il colera della fine dell'euro

Le élite politiche ed economiche tedesche sono di fronte ad un bivio: da un lato la peste dell'unione di trasferimento dall'altro il colera delle conseguenze politiche e geo-strategiche della fine della moneta unica. Ne parla in 140 pagine uno studio appena pubblicato dal Feri Cognitive Finance Institute di Francoforte e rilanciato da WirtschaftsWoche in un articolo le cui conclusioni sono alquanto chiare: l'equilibrio della moneta unica è molto precario, la fine dell'euro non è da escludere. Da wiwo.de


Fino al 2015, almeno fino all'escalation della crisi dei migranti, non c'era una domanda che occupasse la politica europea piu' di questa: l'unione monetaria può' essere tenuta in piedi senza che i membri vacillanti, la Grecia in primo luogo, debbano lasciare l'eurozona? La questione sembrava aver ricevuto una risposta definitva: la fine dell'unione monetaria non è piu' all'ordine del giorno. O almeno questo è il messaggio che da allora i governanti di Bruxelles e delle capitali dell'eurozona e della BCE di Francoforte continuano a proclamare in maniera piu' o meno credibile. Anche al prossimo vertice UE di giovedì e in quello dell'eurozona di venerdi' nessun capo di governo esprimerà dei dubbi ad alta voce.

Dall'inizio della crisi greca nel 2010 il rimedio è sempre stato lo stesso, come ha recentemente spiegato Hans-Werner Sinn al presentatore televisivo Markus Lanz: "la crisi è sempre stata superata mettendo sul tavolo il portafogli del contribuente, essenzialmente di quello tedesco. E nel farlo è stato detto: non abbiate paura investitori, mettete pure i soldi sulla Grecia & Co., nel dubbio saranno i tedeschi a ridarveli  indietro". Insieme alla politica di enorme espansione monetaria della BCE, si è trattato più' che altro di una sospensione o di un tentativo di gestione della crisi, ma non c'è stata una reale rimozione delle cause sottostanti.

Un recente studio del Feri Cognitive Finance Institute di Francoforte accompagna in circa 140 pagine le profezie della Cassandra Sinn verso il vertice UE di questa settimana. La conclusione di questa indagine argomentativa basata sulla teoria dei giochi è la seguente: "Il crollo della moneta unica non è affatto da escludere".

Le proposte di riforma fatte dal Presidente francese Macron, tanto celebrate anche in Germania, secondo l'autore dello studio nonché presidente del Feri-Instituts, Heinz-Werner Rapp, non sono affatto risolutive: l'unione monetaria è un "cantiere incompleto" i cui principali "difetti di costruzione" e "il rischio incidente" non possono in alcun modo essere rimossi, al massimo nascosti. Anche nelle attuali proposte di Parigi si tratterebbe piu' che altro di reperire nuove risorse finanziarie per continuare a spingere l'attuale politica "sia attraverso nuove opportunità per la creazione di debito pubblico, oppure piu' pericolosamente - attraverso la socializzazione dei rischi". Nel grande discorso alla Sorbona di Macron del settembre scorso si diceva letteralmente: "abbiamo il dovere di finanziare i beni comuni, al cui vertice c'è la moneta unica. Abbiamo quindi bisogno di maggiori investimenti e di mezzi per la stabilizzazione in caso di crisi economiche". Investimenti, risorse - quindi denaro.

I motivi principali per "la fragilità concettuale, istituzionale ed economica" dell'euro sono fondamentalmente i conflitti di interesse, le incomprensioni e le contraddizioni "concettuali e filosofiche" fra Germania e Francia, in quanto principali paesi dell'eurozona. Queste contraddizioni, accettate con garbo e leggerezza nell'ambito del primato della politica nella fase iniziale della moneta unica costituiscono ora un "terreno pericoloso denso di fratture e complessi fattori di rischio", che mettono a repentaglio l'esistenza stessa dell'unione monetaria.

Rapp individua diverse linee di rottura. Prima di tutto morali - nel caso estremo, l'inganno deliberato in merito alla situazione delle finanze greche al momento dell'ingresso nell'unione monetaria. Ancora piu' profonda: l'eterogeneità economica degli stati membri in relazione alla competitività, all'indebitamento e alla flessibilità delle istituzioni e delle strutture. E ancora strettamente collegata è la linea di rottura concettuale che è stata aperta dal sistema dei saldi Target: originariamente inteso come un sistema di compensazione interno per i flussi di pagamento, in seguito si è trasformato in un sistema di lettere di credito senza controllo. Un sistema fatto "di prestiti per la creazione di denaro", come indica lo studio citando Hans-Werner Sinn. Ed è altamente improbabile che la Bundesbank tedesca, di fatto il principale creditore, sarà mai in grado di incassare questi prestiti vantati nei confronti del sud-europa.

A ciò' si aggiungono le "linee di faglia sistemiche". Sono diventate evidenti durante l'eurocrisi, soprattutto nelle misure di aggiustamento e con le evidenti tracce lasciate nella struttura istituzionale dell'unione monetaria (non ultimo il pacchetto di salvataggio ESM). Queste misure svalutano l'insieme originale delle regole del trattato di Maastricht - soprattutto la clausola centrale del "No-bail-out" che proibiva esattamente tali misure di salvataggio.

Al di là delle proteste ufficiali, queste misure hanno liberato i governi dei paesi in crisi dalla pressione immediata di dover agire. In termini di teoria dei giochi: l'esperienza di un giocatore, le cui violazioni aperte delle regole non gli procurano nessuna punizione, ma al contrario, gli garantiscono il supporto degli altri giocatori, conduce direttamente all'azzardo morale, in altre parole al free-riding. 

La prospettiva di forti sconvolgimenti economici e soprattutto politici, che potrebbero esserci in caso di totale rottura della zona euro, potrebbero tuttavia non essere un motivo sufficiente per spingere i politici al governo, soprattutto in Germania, "a fare almeno quei passi minimi che potrebbero ancora evitare una rottura della zona euro".

La prospettiva futura piu' probabile per l'unione monetaria "è una graduale transizione verso una costosa ed inefficiente unione di trasferimento". In considerazione di queste riflessioni legate alla teoria dei giochi, Rapp ipotizza che nel frattempo una riforma di fondo che introduca trasferimenti crescenti e dalla durata incondizionata diventi sempre piu' improbabile, poiché gli incentivi per gli attori nazionali tendono a ridursi. Le conseguenze implicite sarebbero: "un significativo aumento dei trasferimenti e un aumento costante dei rischi futuri, soprattutto per la Germania".

La via verso l'unione di trasferimento perciò' secondo Rapp "non è solo una dichiarazione di bancarotta nei confronti di tutte le precedenti promesse di voler creare un'unione monetaria stabile; l'unione di trasferimento porta con sé ulteriori perturbazioni nella zona euro". I trasferimenti non potrebbero stabilizzare in maniera definitiva e a lungo termine l'unione monetaria, ma causerebbero sempre nuove crisi, generate da violazioni delle regole rimaste impunite. Risultato: una unione di trasferimento fragile. 

L'alternativa all'unione di trasferimento permanente, non necessariamente impossibile, sarebbe l'uscita dei singoli stati membri. A poterlo fare sarebbero, secondo Rapp, i membri piu' piccoli ed economicamente forti come l'Austria o la Finlandia, perché per loro a un certo punto l'incentivo a lasciare l'unione potrebbe diventare piu' forte rispetto al vantaggio di rimanere, che invece imporrebbe obblighi crescenti.

Una tale riduzione di perimetro oppure il completo collasso dell'eurozona è ipotizzabile anche come uno scenario di lungo periodo all'interno di una unione monetaria da tempo sempre infruttuosa e sempre piu' costosa. Per la Germania, economicamente forte, ma per ragioni politiche senza opzioni di uscita - l'unione monetaria in futuro significherà sempre piu' una scelta fra la peste e il colera - oppure entrambe le malattie uno dietro l'altra.

Alla peste dell'unione di trasferimento e al colera dei possibili sconvoglimenti causati dal crollo dell'euro, per la Germania, ma alla fine anche per il resto d'Europa, si aggiunge un'altra malattia, che temporaneamente potrebbe coincidere con le altre due, come chiarito da Hans-Werner Sinn nella trasmissione di Markus Lanz: cosa succederà fra 15 anni in Germania quando i babyboomer andranno in pensione e vorranno ricevere una pensione finanziata da quei figli che non hanno mai avuto? Le richieste di trasferimento dei beneficiari interni si troveranno a concorrere con quelle degli altri paesi europei. E entrambi dovranno affrontare gli interessi del gruppo sempre piu' debole, che invece dovrà finanziare tutti: il contribuente.

domenica 17 settembre 2017

Quello che sappiamo sulla riforma dell'eurozona, secondo la Frankfurter Allgemeine Zeitung

Questa settimana sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung è uscito un articolo che prova a fare il punto sulla riforma dell'eurozona di cui Francia e Germania, lontano dai riflettori e dalla campagna elettorale tedesca, continuano a discutere: quello che sappiamo fino ad ora. Dalla FAZ.net


[...] Soprattutto per Macron la riforma dell'unione monetaria ha un ruolo centrale - anche se per rispetto nei confronti della campagna elettorale tedesca non ha ancora spiegato bene le sue idee. A Parigi e a Bruxelles la speranza è che venga eletto un nuovo governo federale che non faccia troppa resistenza nei confronti di un approfondimento istituzionale dell'eurozona. Per questo Macron ha scelto, almeno per ora, di non fare richieste concrete. Anche la Commissione Europea si augura un proseguimento della Grande Coalizione. Questa sarebbe sicuramente piu' disponibile a concedere nuovi poteri all'eurozona, rispetto ad un governo federale con la partecipazione della FDP.

La Cancelliera si tiene coperta

Come spesso accade la Cancelliera si tiene coperta. Da un lato, già piu' volte ha espresso una certa simpatia nei confronti di un "eurobilancio" e di un Ministro delle Finanze dell'eurozona. Nell'intervista con la Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung di domenica scorsa ha detto che gli stati della zona euro devono "inserire nei trattati cio' che all'interno dell'eurozona già oggi viene praticato. Finora abbiamo agito in buona parte attraverso accordi tra gli stati perché fino ad ora gli stati membri non hanno avuto né il tempo né la forza di modificare i trattati europei".

Cio' che in un primo momento puo' sembrare una arringa a favore dell'approfondimento dell'unione monetaria attraverso la modifica dei trattati, in realtà potrebbe significare anche il contrario. Tutto cio' che richiede una modifica dei trattati, difficilmente puo' essere reso esecutivo. Anche se la Germania e la Francia dovessero mettersi d'accordo su un approccio comune, una modifica dei trattati sarebbe possibile solo con il consenso di tutti gli stati membri dell'UE. Ci vuole un bel po' di immaginazione per ipotizzare che Polonia e Ungheria possano approvare una simile modifica.

Nonostante cio' dietro le quinte si continua a lavorare su diversi modelli di riforma. L'Ue ha già presentato le sue idee in primavera e Juncker le chiarirà ulteriormente mercoledi. C'è già un gruppo di lavoro franco-tedesco che fra qualche mese dovrebbe presentare delle proposte. La piu' probabile è la trasformazione del fondo ESM in una sorta di Fondo Moneterio Europeo (FME). La Germania e la Francia su questo punto sono sostanzialmente d'accordo - anche nel lasciare l'ESM un organo intergovernativo, cioè una istituzione gestita dagli stati membri.

In questo caso dovrebbe essere modificato all'unanimità "solo" il trattato ESM, adottato solo dagli stati dell'eurozona. Con l'istituzione di un FME in pratica non si avrebbe un grande cambiamento rispetto allo status quo. All'inizio della crisi, nel 2010, il FMI è stato fortemente coinvolte nei prestiti ai paesi euro, dal 2013 tuttavia non ha piu' erogato crediti e nel medio periodo vorrebbe ritirarsi completamente dall'unione monetaria. Anche la BCE non si trova piu' a proprio agio come membro della ex-troika. Percio' è ipotizzabile che il compito di esaminare le riforme nei "paesi oggetto di un programma", originariamente assegnato a FMI, BCE e Commissione venga completamente trasferito al Fondo ESM - cioè ad una istituzione che in nome dell'area euro ha il compito di accordare i crediti.

Piu' trasferimenti nell'eurozona?

In questo caso i prestiti dell'ESM, secondo l'esempio del FMI, sarebbero legati a condizioni piu' rigide: solo un paese minacciato dall'insolvenza potrebbe aspettarsi aiuti finanziari e per ottenere i prestiti dovrebbe promettere riforme di grande portata. Poiché i fondi ESM sono al momento in gran parte inutilizzati, c'è naturalmente un grande interesse. Perché non trasformarlo in un bilancio pubblico dell'eurozona con il quale si potrebbe finanziare un po' di tutto? Al momento un tale cambio di uso del fondo non verrebbe condiviso da alcuni paesi membri. Pertanto i compiti di un bilancio pubblico europeo dovrebbero essere limitati. I paesi membri non hanno intenzione di mettere a disposizione ulteriore denaro. Merkel ha recentemente ricordato che lei, già durante la fase piu' difficile dell'eurocrisi, aveva proposto una "capacità fiscale". Allora si trattata tuttavia di un importo in miliardi di euro ad una sola cifra.

Mentre una parte della Commissione Europea e alcuni paesi del sud ipotizzano che il bilancio dell'eurozona possa essere una leva per ulteriori trasferimenti verso il sud-Europa, Berlino vorrebbe limitare l'uso di questo strumento ad un determinato obiettivo: le risorse sarebbero messe a disposizione solo come un incentivo per fare le riforme strutturali e dovrebbero servire ad accrescere la produttività. Come compromesso potrebbe essere pensabile un fondo per "le fasi difficili" già proposto dalla Commissione, il quale avrebbe il compito di attenuare gli schock macroeconomici nei singoli paesi. La pericolosità politica di un tale fondo dipenderà dal suo volume e dalle condizioni con le quali potrà essere utilizzato.

I compiti di un Ministro delle Finanze comune

La discussione sul Ministro delle Finanze per l'eurozona resta al momento ancora molto confusa. Questo Euroministro dovrebbe controllare prima di tutto la disciplina di bilancio degli stati membri? Oppure dovrebbe gestire e spendere quanto piu' denaro europeo possibile? La domanda collegata è anche in quale luogo dovrebbero trovarsi un tale Ministro e il nuovo Tesoro Europeo? L'Eurogruppo, l'organo informale dei Ministri delle Finanze europei dovrebbe essere promosso nella misura in cui in futuro potrebbe avere un capo a tempo pieno? Oppure il Ministro delle Finanze europeo dovrebbe essere parte della Commissione Europea? Il Commissario agli Affari Monetari dell'UE dovrebbe essere il capo dell'Eurogruppo, come vorrebbe l'attuale Commissario Moscovici? Poiché le idee sul tema sono cosi' diverse, è probabile che in un primo momento non accada nulla.

I cambiamenti rapidi sono alquanto improbabili. Non importa quale sarà il risultato delle elezioni tedesche, i negoziati per la formazione di una coalizione potrebbero durare a lungo. Anche in Austria si voterà ad ottobre, con una formazione del governo ancora piu' difficile. In Olanda va avanti già da 6 mesi. Quando a l'Aja ci sarà un nuovo governo, l'attuale Ministro delle Finanze Jeroen Dijsselbloem lascerà l'ufficio e cesserà di essere il capo dell'Eurogruppo - fatto che porterà anche in questo caso ad un piccolo vuoto di potere. Juncker vede nella prima metà del 2018 una finestra temporale per le riforme europee. Che l'eurozona in questo periodo di tempo possa essere cambiata radicalmente è molto improbabile - nonostante tutte le visioni e i piani programmatici.

venerdì 15 settembre 2017

I paesi dell'Europa dell'est hanno una valida ragione per non ripetere l'euro-errore: il declino italiano

Juncker durante il discorso sullo stato dell'unione di mercoledi ha parlato dell'euro come destino comune per tutti i paesi UE. Holger Zschäpitz su Die Welt replica a Juncker scrivendo che i paesi dell'est avrebbero una valida ragione per non entrare nella moneta unica: l'esempio fornito dal declino dell'economia italiana iniziato con l'ingresso nell'euro. Holger Zschäpitz su Die Welt


Jean-Claude Juncker ha dei grandi progetti. "L'euro è destinato ad essere la moneta unica di tutta l'UE", ha detto il Presidente della Commissione europea nel suo discorso sullo stato dell'Unione Europea. E proprio alla moneta unica ha assegnato un ruolo centrale nell'ambito della riforma dell'Europa. Questa dovrebbe diventare qualcosa di piu' della valuta di un certo numero di paesi scelti. L'euro, secondo il messaggio di Junker, dovrebbe essere messo a disposizione di tutti.

Non ha del tutto torto. I trattati europei prevedono infatti che i paesi membri - con l'eccezione della Danimarca e della Svezia - diventino membri dell'euro-club dopo aver soddisfatto determinati criteri di convergenza. Il problema è solo uno: l'euro ha chiaramente mostrato che alcuni paesi non sono in grado di sopravvivere sotto il tetto di una moneta unica.

Gli anni passati non solo hanno disilluso i cittadini dei paesi membri, ma anche quelli dei paesi che aspiravano ad un'adesione. Cio' è emerso chiaramente anche durante la campagna elettorale tedesca. Tutti i partiti in grado di formare una coalizione si riconoscono sicuramente nell'Europa e si impegnano a trasferire ulteriori competenze all'UE. L'idea di Juncker di un euro per l'intero continente tuttavia non è in nessun programma elettorale.

Gli stati membri si sono sviluppati in direzione opposta

Per una buona ragione. Sicuramente l'euro dalla sua introduzione nel 1999 ha garantito molti vantaggi ai cittadini. Senza dubbio le transazioni transfrontaliere o i viaggi negli altri paesi dell'eurozona sono diventati piu' facili e quindi anche piu' economici. Tuttavia se l'obiettivo era quello di portare avanti l'integrazione dell'Europa attraverso l'euro, possiamo considerarlo un obiettivo fallito. Già dopo l'introduzione dell'euro le differenze fra i paesi membri hanno iniziato a crescere. E a partire dalla crisi finanziaria del 2008 i paesi membri si sono sviluppati in direzioni molto diverse.


Cio' è chiaramente visibile se si confronta il reddito pro-capite di Italia, Spagna e Germania. Prima del 1999 lo sviluppo era in parte sincronizzato. Dopo il cambio di valuta dalla Peseta all'euro la Spagna ha vissuto un boom mai conosciuto prima, mentre la Germania dopo aver abbandonato il Marco ha avuto una lunga fase di stagnazione. L'Italia a sua volta nei primi anni senza Lira ha continuato a crescere ma con discrezione. Il risveglio terribile è arrivato piu' tardi.

Senza dubbio tutti i paesi della zona euro durante la crisi finanziaria hanno subito una perdita in termini di ricchezza. Ma mentre la Germania ha rapidamente lasciato dietro di sé la crisi e ora sta vivendo una delle fasi di boom piu' lunghe della sua storia recente, l'Italia dopo diverse recessioni, sta lottando duramente per cercare di rialzarsi. La Spagna dopo una drammatica crisi causata dallo scoppio della bolla immobiliare è tornata a crescere.

L'euro come peccato

"Una moneta unica comporta inevitabilmente che le diverse economie si allontanino fra di loro: quelle piu' forti diventano sempre piu' forti, quelle piu' deboli sempre piu' deboli", dice Charles Gave, stratega presso il centro di analisi Gavekal Research. E' la classica concezione anglosassone, secondo la quale l'euro è una specie di peccato.

Secondo questa teoria, i paesi che non possono indebitarsi nella loro moneta, oppure che sono intrappolati in una valuta che non possono influenzare, sono di fatto ostacolati nel loro sviluppo e nella crescita della prosperità. Una moneta unica pertanto è adatta solamente a quei paesi che hanno cicli economici sincroni oppure che sono in condizione di adattarsi in maniera estremamente flessibile agli shock.


Addirittura la Finlandia è dovuta passare attraverso questa esperienza. Dall'inizio del nuovo millennio è stata infatti colpita da almeno 3 grandi shock: il declino del produttore di telefoni cellulari Nokia, la crisi dell'industria cartaria, un tempo fondamentale, e le sanzioni contro un importante partner commerciale quale la Russia. Sono stati tutti eventi esterni che non hanno inciso sugli altri membri della moneta unica. Poiché il paese non ha potuto svalutare la propria moneta, l'economia finlandese ha vissuto una lunga fase di stagnazione ed è finita dietro alla Svezia, che ha ancora la propria valuta. Ancora negli anni '90 la Finlandia, grazie ad una radicale svalutazione del Marco finlandese, era riuscita a superare in un periodo relativamente breve il collasso della Russia ed una importante crisi bancaria.

La Rep. Ceca non è piu' interessata all'euro

Molti paesi dell'europa dell'est, considerando queste esperienze, non hanno nessuna intenzione di abbandonare la propria flessibilità di cambio. In particolare la Polonia e l'Ungheria, grazie ad un forte deprezzamento dello Zloty e del Fiorino, sono riuscite ad assorbire gli effetti della crisi finanziaria. Secondo i trattati, infatti, già da tempo entrambi i paesi avrebbero dovuto essere parte della moneta unica, visto che per quanto riguarda i tassi, l'inflazione e l'indebitamento hanno già raggiunto da tempo i criteri di convergenza.


La situazione è ancora piu' marcata nella Repubblica Ceca. Il paese è l'allievo modello tra gli aspiranti all'adesione. L'agenzia di Rating Fitch prevede che i cechi quest'anno avranno addirittura un avanzo di bilancio. E anche per quanto riguarda l'indebitamento pubblico, il vicino dei tedeschi, con un 35% in rapporto al PIL, è chiaramente al di sotto del limite del 60%.

Come primo stadio per l'adesione alla moneta unica Praga da molti anni aveva agganciato la corona all'euro. Ma in primavera i cechi hanno fatto un passo indietro sulla strada verso la moneta unica ed hanno rinunciato all'aggancio monetario. Gli esperti lo hanno interpretato come un chiaro segnale del fatto che il paese non è piu' interessato ad una rapida adesione all'euroclub. Sebbene lo sviluppo della vicina Slovacchia abbia chiarito che l'adesione - il paese è un membro dal 2009 - non è necessariamente dannosa. Il paese, un tempo la zona piu' povera della ex Cecoslovacchia, dall'adesione ha avuto uno sviluppo economico migliore della Repubblica ceca.

Juncker ha una soluzione pronta

I paesi membri UE Bulgaria, Romania e Croazia al contrario sono ancora ben lontani dai criteri di convergenza. Mentre la Romania con il deficit è alquanto indietro e la Croazia con una quota di debito dell'82% sul PIL sta lottando, dal punto di vista economico il vero fanalino di coda dell'UE è la Bulgaria. Per quanto riguarda il reddito pro-capite, che tuttavia non è un criterio formale per l'adesione all'euro, il paese resta al di sotto del 50% della media europea.

Ma anche per questo problema Juncker sembra avere una soluzione pronta. Chiede la creazione di uno strumento per l'ingresso nell'euro che preveda l'assistenza tecnica e finanziaria ai futuri membri dell'euro. Sarebbe ancora una volta la tipica soluzione europea: voler guarire tutti i problemi con la maggior quantità di denaro possibile e con dei programmi di salvataggio.

martedì 12 settembre 2017

Come i partiti tedeschi vorrebbero stabilizzare la moneta unica

Cosa propongono i partiti tedeschi per stabilizzare l'euro? Tutti ad eccezione di AfD, che propone la fine della moneta unica, hanno (in teoria) una ricetta per risolvere la crisi dell'euro. Dalla Frankfurter Rundschau. 


AfD: ritorno al passato

Alternative für Deutschland (AfD) nasce dalla critica ai programmi di salvataggio per la Grecia e per gli altri stati in crisi dell'Eurozona. Per questa ragione l'atteggiamento del partito è molto chiaro: "l'euro è fallito". Innanzitutto gli stati euro hanno ignorato le regole del patto di stabilità e crescita e in secondo luogo hanno violato la clausola di non bail-out, secondo la quale nessun stato avrebbe dovuto garantire per gli altri. AfD pertanto chiede lo scioglimento dell'euro e un tempestivo ritorno al D-Mark. AfD è consapevole che il ritorno alle monete nazionali "sarà finanziariamente molto difficile. Tali costi tuttavia saranno inferiori rispetto alla permanenza nell'Eurosistema".

Linke: debito in comune

Per la Linke la "crisi dell'UE è prima di tutto una crisi sociale". Per questo si rifà a due punti fondamentali: da un lato propone un programma di investimenti pubblici europei per una riconversione dell'economia in chiave ecologico-sociale da finanziare attraverso una tassa patrimoniale una-tantum sui patrimoni superiori al milione di euro. La Linke inoltre appoggia l'emissione di titoli di debito comuni fra gli stati della zona euro "per evitare che si possa speculare sul debito degli stati". Sull'altro lato la Linke vorrebbe fermare la corsa al ribasso in materia di salari e tassazione, ad esempio attraverso "una tassazione coordinata dei super-ricchi" oppure imponendo degli standard sociali minimi con delle clausole tariffarie e un salario minimo europeo.

SPD: governo economico

Per la SPD la Germania è senza dubbio un contribuente netto ma anche il paese che maggiormente ha tratto vantaggio dall'UE. Per superare la fase di debole crescita è pertanto necessario un ampio programma di investimenti a livello europeo. La SPD vorrebbe superare "gli squilibri eccessivi" come ad esempio gli avanzi e i disavanzi commerciali tramite una politica economica coordinata. In futuro dovrà essere creato un governo economico della zona Euro accanto ad un bilancio comune dell'Eurozona. Il fondo di salvataggio ESM dovrà assumere le funzioni di un fondo monetario europeo mentre il patto di stabilità e crescita dovrebbe essere modificato in modo da ridurre il "debito in eccesso".

Verdi: fondo per il futuro

Nel programma dei Verdi ha un ruolo centrale il cosiddetto "fondo per il futuro" che tramite investimenti pubblici "dovrà sviluppare la modernizzazione sociale ed ecologica in Europa, oltre a sostenere gli stati membri in situazione di emergenza e combattere le crisi economiche". A questo fondo dovrebbero partecipare tutti gli stati europei. In cambio sarà necessario prendere delle misure piu' forti contro l'evasione e l'elusione fiscale. Anche i Verdi appoggiano la trasformazione del fondo di salvataggio ESM in una sorta di fondo monetario europeo controllato dal Parlamento europeo. Il divario sociale in Europa dovrà essere combattuto con l'introduzione di norme salariali minime. 

CDU/CSU: più controllo

La CDU nel suo programma elettorale si pronuncia in maniera vaga sui temi europei e parla solo di una limitata necessità di cambiamento. Non è certo una sorpresa visto che la trasformazione dell'Eurozona negli anni scorsi si è fondamentalmente basata sulle idee del Ministero delle Finanze tedesco. La CDU insiste sul rispetto del patto di stabilità ed esclude una messa in comune del debito. Allo stesso tempo si dice disponibile "a sviluppare ulteriormente l'Eurozona insieme al nuovo governo francese, ad esempio con la creazione di un fondo monetario europeo". La CDU pero' considera questo fondo non uno strumento per la pianificazione degli investimenti o per la gestione delle crisi, ma piuttosto come un modo per controllare le finanze statali.

FDP: insolvenza di stato

La FDP vorrebbe spingere i paesi membri dell'euro a conformarsi al patto di stabilità attraverso delle sanzioni automatiche. Ogni altra forma di redistribuzione viene completamente bocciata, come ad esempio la proposta della Commissione UE di introdurre un pilastro sociale all'interno dell'UE. La FDP è contraria alla possibilità che i singoli membri della zona euro possano garantire per gli altri stati. L'obiettivo è fare in modo che "gli stati membri siano responsabilizzati sulle conseguenze delle loro politiche economiche e quindi garantiscano una certa disciplina di bilancio". Per quanto riguarda il fondo di salvataggio ESM, disponibile come strumento di emergenza per prevenire l'insolvenza degli stati, la FDP vorrebbe diminuirne l'importo e nel lungo periodo liquidarlo. Invece di sostenere gli stati con del credito aggiuntivo, la FDP propone una "insolvenza di stato ordinata", che in caso di emergenza puo' significare anche ristrutturazione del debito.

lunedì 11 giugno 2012

Quanto costerebbe alla Germania uscire dall'Euro

Die Welt si diverte a fare un'ipotesi sui costi per la Germania in caso di uscita dalla moneta unica: ci sarebbero perdite gigantesche e l'economia sarebbe al collasso. I tedeschi sono davvero ricattabili?

Un tedesco su due vorrebbe tornare al D-mark. "Welt-Online" ha simulato un'uscita della Germania dall'Euro e ha fatto i conti. Le consequenze per lo stato, i cittadini e le imprese sarebbero spaventose.

Lo scenario di un'uscita.

Supponiamo che la Repubblica Federale lasci da sola il 1 luglio 2012 l'Eurozona. Dopo un tale passo dovremmo preoccuparci di come riavere il nostro denaro indietro; problema che peraltro è già diventato attuale.

Daniel Gros, direttore del  Centre for European Policy Studies (CEPS) di Brussel, stima che lo stato, il governo, le banche e le imprese del nostro paese abbiano crediti verso l'estero per circa 2.000 miliardi di Euro; pari all'80% del prodotto interno lordo annuo della Repubblica Federale.

Facili da quantificare sono invece i crediti della Bundesbank verso le banche centrali degli altri paesi europei. Poiché i flussi di denaro all'interno del mercato dei capitali si stanno prosciugando, indirettamente, attraverso la banca centrale, nei bilanci della Bundesbank si sono accumulate somme gigantesche: i cosiddetti crediti Target II.

Alla fine di maggio erano 699 miliardi, pari a piu' di 2 bilanci federali. E ogni mese si aggiungono fra i 50 e i 100 miliardi. Di fatto l'export tedesco viene pagato con credito tedesco.

Se la Germania decidesse di lasciare la moneta unica, almeno una parte di questo denaro andrebbe perduta, se non tutto. "Se la Germania uscisse, violerebbe i trattati sull'unione monetaria e non potrebbe in alcun modo far valere i suoi crediti nei confronti dell'Eurosistema", ci dice Hans Werner Sinn, presidente dell'IFO Institut.

Buco profondo nel bilancio della Bundesbank

Anche se Sinn è stato il primo economista a portare l'attenzione sui pericolosi crediti Target, ci mette in guardia dai pericoli di un'uscita della Germania: "Io credo valga la pena mantenere l'Euro, e la Germania dovrebbe mettere del denaro sul tavolo per tenere in vita la moneta unica".

Nel migliore dei casi i crediti Target sono da considerare come riserve valutarie. Sono crediti della Bundesbank verso la BCE - ma non sono protetti dalle perdite: se l'Euro dovesse svalutarsi consistentemente nei confronti del nuovo D-Mark, la Bundesbank dovrebbe considerare perduti una parte di questi crediti. Si avrebbe allora un gigantesco buco nei bilanci della Bundesbank.

Il governo non incasserebbe alcun dividendo dalla Bundesbank, dovrebbe invece registrare una perdita. Holger Schmieding, capo economista di Berenberg Bank, vede in questo caso una via di uscita: le riserve auree, che nei libri della Bundesbank sono inserite ad un valore piu' basso di quello di mercato, potrebbero essere rivalutate. Come un tempo voleva fare il Ministro delle Finanza Theo Waigel.

Verso una bancarotta dello stato

Se la Bundesbank si mettesse di traverso e non volesse aggiornare il valore delle sue riserve auree, il governo federale dovrebbe ricapitalizzare la Bundesbank a sue spese. Vale a dire, debito pubblico aggiuntivo. Schmieding stima perciò che con un'uscita della Germania dall'Euro, il debito pubblico crescerebbe rapidamente.

"Il rapporto debito/PIL raggiungerebbe rapidamente il 110 o il 120 % del PIL", ci dice Schmieding. "Se dovesse esserci una via verso la bancarotta dello stato tedesco, allora sarebbe questa".

Con un'uscita dalla moneta unica anche il bilancio pubblico sarebbe fortemente influenzato, visto che il PIL diminuirebbe rapidamente. L'insicurezza si trasferirebbe ai beni di investimento in maniera piu' che proporzionale - come dopo la crisi Lehman, quando l'economia tedesca si è contratta piu' di quanto non abbia fatto quella francese.

Fine del miracolo dell'export

In aggiunta l'export soffrirebbe molto, perché il nuovo marco si apprezzerebbe con forza. "Saremmo colpiti da uno Tsunami di rivalutazione", ci dice Michael Burda, professore alla Berliner Humboldt-Universität. Egli infatti calcola una rivalutazione fra il 20 e il 30% - la fine del miracolo dell'export tedesco.

"I profitti dell'export crollerebbero, e metà dell'economia legata alle esportazioni si troverebbe sull'orlo del baratro", continua Burda. Le conseguenze sarebbero un nuovo equilibrio in Europa: meno export, meno crescita, meno occupati - e salari piu' bassi. "Se gli affari degli esportatori crollassero, anche i salari sarebbero messi sotto pressione" La tredicesima mensilità sarebbe sicuramente la prima ad essere eliminata.

Ma questi non sono tutti i costi che un'uscita si porterebbe dietro. Perchè bisogna calcolare anche i patrimoni e i crediti dello stato, dei cittadini e delle imprese.

Che cosa lo stato perderebbe

A livello federale il calcolo non è troppo difficile. Grecia, Irlanda e Portogallo hanno ricevuto circa 330 miliardi di aiuti dai paesi europei. 28 % di queste somme è garantito dalla Germania.

In caso di uscita della Germania, questi crediti avrebbero un rischio cambio, visto che sono denominati in Euro. Ma c'è anche un rischio emittente: perchè è possibile che questi paesi possano trovarsi in difficoltà finanziarie e non essere in grado di ripagare i loro debiti. La Grecia è già sull'orlo del precipizio.

Anche queste perdite sarebbero poca cosa in confronto a quello che potrebbe succedere nel mondo delle imprese. Un semplice esempio ci mostra il possibile kaos: se la Grecia dovesse uscire dalla moneta unica, ad esempio, un tour operator tedesco dovrebbe ricalcolare il valore di un hotel in Grecia nel suo bilancio: l'investimento a causa della svalutazione avrebbe perso una grossa parte del suo valore. Questo avrebbe un effetto diretto sul proprio capitale. 

L'effetto sarebbe ancora peggiore se la Germania decidesse di uscire: in questo caso tutti gli immobili, gli impianti industriali e le merci nel resto dell'Euro-zona dovrebbero subire una nuova valutazione. Il governo federale dovrebbe creare un fondo di compensazione enorme, mediante il quale le banche, le assicurazioni e  i bilanci delle imprese dovrebbero essere stabilizzati - come accaduto una volta nella conversione da Ost-Mark in D-Mark, ma sarebbe N volte piu' grande.

Quello che l'economia e le banche perderebbero.

Questi sarebbero tuttavia gli effetti immediati. Eventuali effetti ulteriori, come nel caso del fallimento Lehman, sono difficili da prevedere. E' sicuro: sarebbero necessari miliardi per le svalutazioni nei bilanci delle banche, perchè l'effetto sarebbe a valanga, e colpirebbe l'intera economia.

La Germania sarebbe in grande difficoltà. Le riserve d'oro da sole non sarebbero sufficienti. La Bundesbank dovrebbe intervenire e rifornire l'economia con quantità gigantesche di liquidità e denaro contante.

Altrimenti, profetizza l'economista Burda, le banche crollerebbero sotto l'effetto di questa crisi: "L'uscita della Germania dall'Euro porterebbe alla statalizzazione delle stesse banche tedesche...nessuna banca sopravviverebbe con le proprie forze". Sembra quasi rassegnato quando dice: "Siamo ostaggi della situazione. E i paesi del sud lo sanno".

Che cosa perderebbero i cittadini

Ancora non abbiamo parlato dei risparmi dei cittadini. Circa 4.7 trilioni di Euro di patrimonio. Ciò a fronte di 1.55 trilioni di debiti. La posizione netta è di 3.2 trilioni di Euro, che si trovano sui conti, sui libretti di deposito o investiti in assicurazioni sulla vita. Anche questi patrimoni sarebbero a rischio se la Germania dovesse lasciare l'Euro.

Il denaro sui conti correnti sarebbe il problema minore. Il governo potrebbe definire un nuovo tasso di cambio fra l'Euro e la nuova valuta. Dovrebbe poi fissare un giorno in cui tutto il denaro sui conti e nei depositi dovrà essere convertito nella nuova moneta.

In caso diverso, tutto il risparmio d'Europa arriverebbe in Germania. I risparmiatori proverebbero a convertire i loro risparmi nella nuova moneta visto che questa dovrebbe rivalutarsi rispetto al resto d'Europa.

Gli economisti ritengono quindi che se un giorno il governo dovesse prendere una tale decisione, quel giorno dovrebbe corrispondere con la data di conversione. Il cambiamento tecnico è fattibile, ma sarebbe probabilmente collegato con il fatto che la maggior parte del denaro contante che non si trova sui conti, potrebbe perdere ogni valore.

Un grosso punto interrogativo ci sarebbe anche per uno degli strumenti di risparmo piu' amato dai tedeschi: le assicurazioni sulla vita. Con circa 1.4 trilioni di Euro, quasi un terzo dei risparmi giace presso le imprese di assicurazione.

Per queste un'uscita dall'Euro sarebbe una trappola: gli assicuratori fino al 1999 potevano investire quasi esclusivamente in Germania; da allora hanno utilizzato in grande stile la possibilità di comprare obbligazioni in tutta Europa.

Le cifre sul denaro dei propri clienti investito dalle assicurazioni nei paesi dell'Euro-zona non sono pubbliche. Si sa solo che nell'autunno 2010 avevano prestato circa il 9% del loro patrimonio in Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna.

Che cosa rimarrebbe di questi crediti in caso di ritorno al D-Mark, non lo può prevedere nessuno. Ci potrebbero essere delle perdite come nel caso della Grecia. E ci sarebbe sicuramente un rischio cambio. Le assicurazioni avrebbero dei crediti in Euro, ma dovrebbero corrispondere premi in D-Mark. Potrebbero quindi generarsi dei grossi buchi di bilancio.

Sicuramente per le assicurazioni in Germania valgono dei requisiti molto rigidi. Ma che valore potrebbero ancora avere, se ci fossero delle grosse perdite o se avessimo una forte rivalutazione del D-Mark?

Gli esperti valutano particolarmente critica la situazione delle assicurazioni sulla vita: "Con forme di investimento non smobilizzabili che hanno investito in obbligazioni europee, si rischiano delle perdite molto concrete", ci dice l'economista di Deutsche-Bank Mayer.

Qual'è la soluzione?

Nonostante Mayer chieda al governo di compiere una riflessione sulla permanenza nell'Euro, il fatto è che l'economista di Deutsche Bank vede un'altra via di uscita.  La Grecia potrebbe introdurre accanto all'Euro una valuta parallela, il "Greuro".  Anche in Germania, accanto all'Euro, sarebbe possibile introdurre una nuova moneta stabile come mezzo di pagamento.

Meyer ipotizza qualcosa di simile al "Goldmark" - una valuta garantita dall'oro e che dà alle imprese e ai consumatori la possibilità di investire il loro danaro e di utilizzarlo come mezzo di pagamento.

Quello che sulla carta sembra facile, avrebbe però il potenziale per una esplosione violenta. Chi pagherebbe in Euro e chi in Goldmark? In quale valuta i dipendenti pubblici e i pensionati riceverebbero il loro denaro? L'insicurezza sarebbe enorme, la pressione al ribasso sull'Euro di uguale misura. Molti di questi problemi non sorgerebbero comunque in una notte.

Un incubo lo avremmo in ogni caso. Tuttavia Mayer non esclude questa soluzione: "Prima che l'Euro affondi nel vortice della creazione di moneta illimitata, sarebbe importante  creare una seconda barca stabile. Questa imbarcazione potrebbe essere il Goldmark. "Non è bellissimo, ma è sempre meglio che affondare".

Il presidente Bundesbank Weidmann non vuole saperne nulla, confessa però, che la situazione deve cambiare radicalmente, per evitare delle pericolose turbolenze. La chiarezza è necessaria: "intendiamo andare verso una unione fiscale oppure continuiamo a fare affidamento su politiche di bilancio nazionali?".

Ma la responsabilità comune dovrebbe essere tuttavia ben limitata. Continuare come abbiamo fatto fino ad ora, Weidmann lo esclude: "In questa condizione, l'unione monetaria non può funzionare a lungo".