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venerdì 2 aprile 2021

Cosi' gli azionisti di Daimler beneficiano degli aiuti pubblici

Dopo aver incassato centinaia di milioni di euro dal governo federale sotto forma di sovvenzioni per il Kurzarbeit (cassa integrazione), Daimler e BMW stanno per distribuire miliardi di euro di dividendi ai loro azionisti, ovviamente a spese del contribuente tedesco, visto che il Kurzarbeit è stato finanziato ricorrendo al bilancio pubblico. Ne scrive Kontext


Il CEO di Daimler Ola Källenius ha annunciato buone notizie in vista della riunione degli azionisti di questo mercoledì. Nonostante la crisi, infatti, l'azienda è riuscita a "superare in maniera significativa" le aspettative per l'anno finanziario 2020. E come riportato da "Handelsblatt", anche il presidente del Consiglio di Sorveglianza sembra assecondarlo: Manfred Bischoff infatti dichiara che il gruppo "ha superato a pieni voti lo stress test della crisi pandemica" e che l'azienda è "ottimamente posizionata per il futuro". In cifre, questo significa che gli azionisti riceveranno una quota di 1,44 miliardi di euro di utili per l'anno di crisi, quasi il 50% in più dell'ultima volta. Anche le azioni stanno volando alto. Mentre a dicembre 2019 - prima dell'arrivo del Coronavirus - erano ancora valutate poco meno di 50 euro l'una, attualmente sono arrivate a quasi 75 euro.

Come è riuscita questa impresa in tempi di crisi? In ogni caso, un po' di aiuti ricevuti non sembrano aver fatto danni. Nel marzo 2020, ad esempio, Källenius aveva sottolineato che Daimler non aveva bisogno di aiuti di Stato. Ma poco dopo l'azienda ha mandato decine di migliaia di dipendenti in Kurzarbeit, con l'Agenzia Federale per l'Impiego che ha contribuito con 700 milioni di euro per il suo finanziamento. Invece di restituire il denaro della crisi ai contribuenti, questo ora viene trasferito per vie traverse agli investitori, i piu' grandi dei quali attualmente arrivano dalla Cina e dal Kuwait.

Un attimo però! Il Kurzarbeit non è forse una prestazione assicurativa? E in questo contesto, Daimler, che ha versato contributi per molti anni, non avrebbe forse diritto a ricevere questi pagamenti?


Non  è solo moralmente discutibile

Sembrerebbe tutto normale. Ma il movimento Finanzwende non intende lasciar passare indisturbato questo argomento. L'organizzazione non governativa, infatti, sottolinea che attualmente le prestazioni di lavoro a orario ridotto (cassa integrazione) non vengono più pagate dai contributi dei lavoratori, ma sono finanziate dalle tasse: "dato che la spesa per le prestazioni di cassa integrazione è esplosa passando da 157 milioni di euro nel 2019 a oltre 20 miliardi di euro nel 2020", si legge infatti nel testo che accompagna la campagna per il blocco di tali dividendi, che diversamente sarebbero cofinanziati dallo Stato. Per far fronte agli alti costi dovuti alla cassa integrazione, infatti, l'agenzia per l'impiego ha esaurito le sue riserve finanziarie. Anche il governo federale è dovuto intervenire fornendo un'iniezione di denaro. Inizialmente sotto forma di prestito, ma con una caratteristica speciale, come sottolinea Finanzwende: "Se [la Agentur für Arbeit] non dovesse rimborsare i circa 10 miliardi di euro entro la fine del 2021, l'aiuto sarà convertito in sovvenzioni che non dovranno essere rimborsate".

Essere sostenuti con fondi del bilancio statale e allo stesso tempo distribuire profitti è senza dubbio moralmente riprovevole, dice Lena Blanken, che dirige la campagna di Finanzwende. Nel caso di Daimler, tuttavia, lo considera "anche discutibile dal punto di vista del business". Da un lato, infatti, la pandemia e la crisi economica non sono ancora finite, quindi disporre di un solido cuscinetto finanziario non farebbe male. E d'altra parte, l'azienda avrà probabilmente bisogno di tutte le risorse di cui dispone per gestire al meglio il passaggio verso l'elettromobilità. Mentre una sontuosa distribuzione di profitti andrà verso gli azionisti, l'azienda sta anche pensando di tagliare migliaia di posti di lavoro. Nell'ambito di ampie misure di riduzione dei costi, l'anno scorso, infatti, il budget per  ricerca e sviluppo era  già stato tagliato di un miliardo di euro.

Miliardi di profitti nonostante la pandemia

(...) In questo senso Daimler non è un caso isolato. Anche BMW la scorsa primavera ha mandato 30.000 dipendenti in Kurzarbeit - allo stesso tempo Susanne Klatten e Stefan Quandt, che hanno ereditato le loro partecipazioni nell'azienda, hanno incassato quasi 800 milioni di euro di utili.

Anche se i danni economici della pandemia continueranno a riverberarsi per molto tempo ancora e lo Stato sta cercando di stabilizzare l'economia con trilioni di euro, le 100 maggiori aziende quotate hanno intenzione di dare ai loro azionisti 40 miliardi di euro dei loro profitti nonostante la pandemia. Tuttavia, come critica il movimento Finanzwende, "non sono ancora previste condizionalità per le aziende che hanno beneficiato dell'indennità di cassa integrazione".

Ricevere un aiuto, trattenerlo per poi pagare il doppio dell'importo agli azionisti può significare due cose - entrambe le quali non danno una buona immagine della società che li percepisce: o non aveva davvero bisogno dell'aiuto e questo è stato usato per la massimizzazione del profitto in chiave antisociale. Oppure l'azienda potrebbe effettivamente fare buonuso degli aiuti - ma gli azionisti hanno un interesse personale di breve termine maggiore rispetto al benessere di lungo periodo dell'azienda.

In vista della prevista distribuzione degli utili, Lena Blanken e Finanzwende hanno scritto una lettera aperta al CEO di Daimler Källenius. "Un tale comportamento", scrivono, "si fa beffa dello spirito di solidarietà, senza il quale una società non può superare unita una crisi". Ma Daimler non sembra essere interessata ad avviare un dibattito pubblico. La risposta dell'azienda è molto breve: il consiglio di amministrazione e il consiglio di sorveglianza avevano presentato una proposta per la distribuzione degli utili, proposta che sarebbe stata spiegata e giustificata all'assemblea generale annuale. "Vi prego di capire che non stiamo anticipando questo punto dell'ordine del giorno". Osiamo fare una previsione: appare alquanto improbabile che oggi gli azionisti votino contro un sontuoso pagamento degli utili.



sabato 1 dicembre 2018

Heiner Flassbeck: "la colpa è della Germania"

Intervista molto interessante di Kontext Wochenzeitung al grande Heiner Flassbeck e a Paul Steinhardt, economista e condirettore di Makroskop insieme a Flassbeck. I due hanno una spiegazione molto chiara sulle cause della crisi italiana e non le mandano a dire: la colpa è dei tedeschi che grazie alla moderazione salariale hanno portato via quote di mercato agli italiani e ai francesi, l'unione monetaria è stata la grande fortuna della Germania, mentre senza l'euro Schröder sarebbe passato alla storia come il peggior Cancelliere di tutti i tempi. Da Kontext Wochenzeitung l'intervista a Heiner Flassbeck e a Paul Steinhardt


Herr Flassbeck, due anni fa lei aveva già previsto che nel 2018 in Italia ci sarebbe stata una coalizione anti-euro. Come poteva saperlo?

Flassbeck: perché in quel momento già si capiva che l'Italia non avrebbe potuto riprendersi economicamente. Pertanto era lecito aspettarsi che gli italiani alla fine si sarebbero stufati e avrebbero scelto un governo che promette di fare qualcosa di diverso. È successo con Trump, ed è andata così anche in Brasile: ogni volta che la sofferenza di un  popolo diventa così grande, indipendentemente da chi c'è, la gente pensa: ci proviamo comunque.

I precedenti governi guidati dall'ex commissario UE Mario Monti e dei suoi successori hanno cercato di attuare le direttive dell'UE una dopo l'altra.

Flassbeck: era una politica sbagliata. Questo è il punto chiave. Agli italiani è stato detto: fate le riforme strutturali, risparmiate - lo fanno dal 1992. Ed infatti non è servito a nulla.

Herr Steinhardt, lei ha ottenuto un dottorato di ricerca sul tema "Cos'è un'economia di mercato?". Se ora la Commissione europea dà al governo italiano un ultimatum: questo è ancora un gioco libero delle forze?

Steinhardt: è sempre stata un'idea sbagliata quella di distinguere tra mercato e stato. Quella che viene chiamata economia di mercato ha sempre bisogno di uno stato. Le lettere blu da Bruxelles sono il male minore. E' molto peggio se la Banca centrale europea (BCE) non interviene. Ecco perché il famigerato spread sta aumentando.

Questo deve spiegarcelo in maniera più dettagliata.

Paul Steinhardt
Steinhardt: lo spread, che è il differenziale di tasso di interesse fra Italia e Germania, ci viene spiegato così: i mercati valutano la politica di bilancio degli italiani e dei tedeschi e giungono alla conclusione che la politica di bilancio italiana è sbagliata per via del deficit al 2,4 per cento! Se si guarda piu' da vicino, si puo' però notare: gli italiani dal 1992 al lordo degli interessi hanno sempre prodotto degli avanzi di bilancio. Quando si dice che avrebbero buttato i soldi per i benefici sociali o altro: non è vero. La banca centrale acquistando titoli di stato può spingere gli spread a qualsiasi livello desiderato. L'esempio del Giappone è chiaro: qual'è lì il livello dei tassi di interesse? Zero! Perché la banca centrale giapponese ha praticamente tutti i titoli di stato sul suo bilancio. Se ora il mercato  vende i titoli di Stato italiani, la ragione è semplice: la preoccupazione che questi titoli di Stato siano convertiti in Lire e che la Lira poi si svaluti. Questo pericolo viene espresso dagli spread. La BCE potrebbe affrontare questo problema acquistando i titoli di stato.

Perché la BCE non lo fa?

Flassbeck: perché secondo il trattato di Maastricht è vietato finanziare gli stati. L'Italia dovrebbe avere la possibilità di agire in termini di politica economica, ma ciò è vietato, e il divieto è stato ulteriormente aggravato nel Patto di stabilità del 2012. Pertanto, lo stato italiano si troverebbe a  peggiorare ulteriormente la situazione economica. Ma la situazione è già cattiva. La disoccupazione è all'11%, l'Italia è da sei anni in recessione. La politica dei bassi tassi d'interesse finora non ha funzionato, e ci sarebbe una terza possibilità, cioé quella di liberarsi tramite le esportazioni: questa strada viene però bloccata dalla Germania con la sua folle politica delle eccedenze commerciali, vantaggio procurato grazie al dumping salariale.

Chi avrebbe dovuto agire diversamente e come?

Flassbeck: i trattati sono una costruzione piena di difetti. Abbiamo creato un'unione monetaria in cui nessun paese ha piu' una banca centrale. Cio' è totalmente assurdo: come paese dell'UE hai meno possibilità rispetto a quelle di un paese in via di sviluppo.

La crisi del debito sovrano italiano è causata solo dai tassi di interesse?

Steinhardt: non c'è nessuna crisi del debito sovrano! Il debito pubblico italiano è da tempo al 130% del prodotto interno lordo. Quello a cui assistiamo è una recessione, da sei, sette anni.

Flassbeck: e sul nostro lato c'è la corsa a creare il panico. I giornali e gli economisti tedeschi sembrano essere molto bravi nel prevedere la bancarotta dello stato italiano. Questa è una totale assurdità. Ci siamo murati in quei trattati che in pratica chiedono all'Italia di ridurre ulteriormente il debito sovrano. È praticamente impossibile.

Steinhardt: il governo italiano può anche decidere di spendere meno per le pensioni, ad esempio. Ma poi ci sarà meno domanda, che porta a un aumento della disoccupazione, che a sua volta aumenta i costi sociali e, automaticamente, anche il rapporto debito-PIL. Questo è quello che abbiamo vissuto in Grecia.

Esistono speculazioni sui differenziali dei tassi di interesse oppure la crisi è appositamente causata per generare dei guadagni speculativi aggiuntivi?

Flassbeck: certo. Si specula sempre. Proprio in una situazione come questa bisognerebbe avere una banca centrale sovrana. Non per finanziare il paese su base permanente, ma solo per porre fine alla speculazione sui titoli di stato.

Steinhardt: se devo gestire un patrimonio e vedo che è aumentata la possibilità di un'uscita dall'euro, sicuramente cercherò di ridurre il rischio. Devo difendere i miei ex colleghi. L'unico problema è che quando in un'unione monetaria ci sono diversi livelli di tassi di interesse, in pratica si tratta di una discriminazione nei confronti delle aziende che risiedono in un altro paese. Una banca centrale che non riesce a mantenere il livello dei tassi di interesse è incapace.

Flassbeck: i trattati indicano chiaramente che la BCE non può finanziare gli stati.

Steinhardt: i trattati non sono stati modificati quando nel 2008/2009 i tassi di interesse erano estremamente divergenti. Draghi all'epoca lo aveva giustificato con la stabilità finanziaria, che ora è in pericolo.

Perché l'Italia allora non esce dall'euro?

Flassbeck: un'uscita ha senso solo se c'è una svalutazione. Questa colpirebbe i risparmiatori italiani, che all'improvviso si troverebbero delle lire sul conto anziché degli euro, con un valore del 30 % inferiore. Devi prima riuscire a venderlo al tuo popolo. Esiste già una banca centrale italiana, ma il governo non è più autorizzato a dare ordini. Perché la banca centrale italiana è una filiale della BCE. Servirebbe una legge per rinazionalizzare la banca centrale.

Steinhardt: il primo ministro italiano Giuseppe Conte ora dice che sarebbe possibile ridurre alcune spese essenziali. Come andrà a finire non lo sappiamo, forse alla fine ci sarà un compromesso modesto.

Allora non importa chi ora cede o chi si impone...

Flassbeck: ...la situazione non cambierà in meglio. Ma l'Italia ha bisogno di miglioramenti, compresa la Francia: probabilmente alle elezioni europee assisteremo al disastro del signor Macron.

Lì le barricate sono in fiamme e i giubbotti gialli stanno protestando contro l'aumento del costo della vita. Secondo il Tagesschau, tre quarti della popolazione francese sta con loro.

Flassbeck: ed è giusto che sia così. Macron aumenta le tasse e non gli interessa di chi viene colpito. Le tasse sono state abbassate per i ricchi, è una politica brutale di ridistribuzione dal basso verso l'alto. È chiaro che le persone a un certo punto non potranno piu' tollerarlo. Se Macron alle elezioni europee prende il 10% o anche il 15%, è malconcio, forse non sarà realmente piu' in grado di agire. Ovunque la situazione ribolle e non migliora. Solo i tedeschi restano seduti nella loro serra, pregando che le cose continuino ad andare bene e che non gli arrivi nulla della miseria là fuori.

Da noi si pensa invece che la Germania abbia fatto tutto bene.

Flassbeck: questo è il vero problema. Ieri ero alla Schaubühne di Berlino (teatro) e l'ho anche detto: la colpa è della Germania. Il pubblico si è agitato. Ma che sta dicendo quest'uomo?

In che modo la politica tedesca dei bassi salari è collegata con la situazione in Italia?

Flassbeck: in un'unione monetaria tutti i paesi devono avere lo stesso tasso di inflazione. La Germania ha violato il proprio obiettivo di inflazione del 2% - che gli altri paesi europei hanno adottato - e ne è rimasta al di sotto. I tedeschi grazie ad una politica di dumping salariale hanno potuto vendere i loro prodotti a buon mercato. Di conseguenza, la Germania ha sottratto all'Italia posti di lavoro e quote di produzione sui mercati mondiali.


Steinhardt: Quando fu introdotto il sistema monetario europeo dell'ECU nel 1996, la disoccupazione in Italia era inferiore a quella della Germania. E continuava a scendere mentre in Germania stava salendo. Fino a circa il 2006/07, quando le curve improvvisamente iniziano a muoversi nella direzione opposta. Questo lo capiscono poche persone: la moderazione salariale inizialmente è costata dei posti di lavoro. La fortuna dei tedeschi è stata l'unione monetaria, perché sono stati in grado di compensare la perdita di posti di lavoro sul mercato interno con le esportazioni. Agli italiani è successo il contrario. Poiché la Germania li ha praticamente rimpiazzati, la produzione industriale è diminuita significativamente. Non si può mai guardare ad un paese in maniera isolata: tutti i paesi non possono essere campioni del mondo dell'export allo stesso modo e allo stesso tempo.

Le esportazioni tedesche vanno principalmente verso gli altri paesi europei?

Flassbeck: No. abbiamo portato via quote di mercato agli italiani in tutto il mondo, anche ai francesi. In Cina, ad esempio, la Germania è di gran lunga il paese europeo di maggior successo. Anche negli Stati Uniti, non solo in Europa.

E la risposta degli USA è il protezionismo?

Flassbeck: questo protezionismo in realtà sarebbe giustificato anche sulla base delle regole dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC). La Germania non vuole accettare certe cose, che preferisce oscurare. Certe cose non vengono dette, nemmeno sui media.

Steinhardt: la Germania conduce una strategia di svalutazione. In questo modo puo' ottenere un vantaggio competitivo, anche all'interno di un'unione monetaria. Poiché i cosiddetti tassi di cambio reali effettivi, che sono fissati al livello dei prezzi, dipendono in ultima analisi dai tassi di inflazione. La Germania è sempre stata sotto, la Francia esattamente sull'obiettivo dell'inflazione, l'Italia al di sopra. La differenza riguarda la competitività dei prezzi nell'intero settore dell'export. La Germania ha giocato questa carta con successo. Gli americani hanno sempre criticato tutto ciò..

Flassbeck: senza l'unione monetaria, il D-Mark si sarebbe già apprezzato e la storia dopo due o tre anni al massimo sarebbe finita. Schroeder sarebbe passato alla storia come il peggior Cancelliere di tutti i tempi e non come il grande eroe che ha salvato la Germania. Su questo argomento c'è una grande incomprensione, specialmente dal lato della SPD e della sinistra in generale, che non si rendono conto di aver distrutto con questa politica ogni loro possibilità di sopravvivenza, una politica che solo per la Germania ha avuto un apparente successo e che invece ha distrutto l'Europa e ogni sua possibilità di sopravvivenza. Perché i pochi ricchi che ne hanno beneficiato, non sono sufficienti come base elettorale.



domenica 2 luglio 2017

Lidl fra i grandi vincitori della crisi greca

La Grecia sempre piu' terra di conquista per i grandi gruppi tedeschi, dopo gli aeroporti, i porti e le infrastrutture finite in mani tedesche, questa volta è Lidl, il gigante della grande distribuzione del Baden Wuerttenberg ad approfittare della interminabile crisi greca. La catena di discount di Neckarsulm, con la sua politica dei bassi prezzi, ha messo fuori mercato piccoli e grandi negozi locali ed ha conquistato una posizione dominante nelle zone piu' redditizie. L'espansionismo economico tedesco nei paesi in crisi prosegue indisturbato. Da kontextwochenzeitung.de


Uno dei piu' grandi vincitori della crisi greca arriva proprio dalla Germania. "Conviene ogni giorno", cosi' LIDL si pubblicizza ovunque - sembra pero' che convenga più' che altro all'azienda stessa. Dall'inizio della crisi nel 2008 la catena di discount di Neckarsulm, nella zona fra la metropoli di Salonicco nel nord e il Peloponneso nel sud, secondo fonti ben informate, avrebbe avuto un aumento del fatturato anno su anno in doppia cifra.

In filiali completamente rinnovate, come quella nella provincia settentrionale di Drama, una zona con 30.000 abitanti, i clienti già oggi possono comprare nel negozio del futuro. La superficie di vendita, come il volume dei carrelli per la spesa, è più' che raddoppiata. Soffitti alti, corridoi ampi, molta luce. Della iniziale sensazione di squallore con mucchi di cartoni vuoti e scatolette in disordine qui non è rimasto nulla. Il gigante tedesco con il suo concetto di distribuzione attacca sia il piccolo e simpatico negozio di frutta e verdura dal nome caratteristico Oporopantopoleio, che le catene di supermercati locali. La concorrenza francese ha ammainato le vele già 3 anni fa. Il gigante globale Carrefour all'epoca aveva deciso di lasciare al partner locale Marinopoulos i suoi punti vendita. Che nel frattempo ha gettato la spugna e ha chiuso tutti i punti vendita nel paese. Le rovina dei negozi della catena di supermercati Marinoupolous restano ai bordi delle arterie stradali in quasi tutte le città.

"Sempre piu' conveniente"

La catena di Neckarsulm si presenta ovunque in ottima salute. Il logo giallo-blu è saldamente ancorato in ogni villaggio. Soprattutto nelle regioni turistiche, come nella regione di Chalkidiki nella Grecia del nord, le filiali Lidl sono onnipresenti. Oltre alla gente del posto ci sono molti turisti che vanno a rifornirsi di cibo. Nei grandi parcheggi durante l'alta stagione si trovano auto con targa rumena, bulgara e serba. La densità dei punti vendita qui raggiunge i livelli tedeschi. Le condizioni di partenza nel 1999 erano tutto fuorché semplici. A partire dal nome della catena, impronunciabile per la lingua greca. Molti dicono "Lind" o piu' semplicemente "dai tedeschi". Gli errori iniziali, come ad esempio quello di far pagare le buste di plastica ai clienti, sono stati rapidamente superati. "Sempre piu' conveniente" - con questo slogan, che spesso non corrisponde alla realtà, è arrivata la svolta. L'altro gigante tedesco dei discount, Aldi, qualche anno piu' tardi ha tentato il passo verso la Grecia - ma poco dopo si è dovuto arrendere. Lidl probabilmente aveva già una presenza troppo forte nel paese per poter lasciare al suo rivale una posizione redditizia. Nel frattempo la catena di Neckarsulm ha iniziato a comportarsi come se capisse veramente la crisi economica greca e ha scelto di chiedere ai suoi clienti di dare un contributo. All'uscita di ogni filiale c'è un carrello della spesa che i clienti possono riempire con uno dei prodotti appena acquistati. Alla fine di ogni giornata i bisognosi ricevono i beni donati.

Per i critici della globalizzazione l'assortimento del gigante giallo-blu resta una manna dal cielo. Tonnellate di bottiglie di acqua minerale italiana arrivano nei negozi con prezzi da dumping e chi ha voglia di acquistare un wuerstel tedesco lo trova tranquillamente nel frigorifero. Con i marchi propri greci Lidl cerca di soddisfare i gusti dei clienti normali. In generale vale sempre: quanto piu' esotica è la merce, tanto piu' alto sarà il prezzo. Cosi' il cliente per i prodotti cosmetici oppure per gli alimentari importati paga chiaramente di piu' che nelle filiali tedesche - e questo a fronte di un potere di acquisto nettamente inferiore. Nella frutta e verdura invece Lidl batte senza pietà tutta la concorrenza sul prezzo. Cetrioli, pomodori, cipolle ma anche le angurie sono molto piu' economiche della concorrenza. Con i suoi "distributori di pane" il discounter di Neckarsulm aggredisce anche le panetterie tradizionali. Con una certa spavalderia hanno chiamato la loro stazione per la produzione di pane "Fournos", che di fatto è un forno: tuttavia i pezzi di pasta di pane congelati e pre-prodotti hanno in comune con il pane uscito dal forno a legna di una panetteria tradizionale greca piu' o meno quello che il cantante di schlaeger Costa Cordalis potrebbe avere con un vero suonatore di Lyra. 

Forse solo dei concetti di marketing innovativi potrebbero avere successo contro il gigante tedesco. Chi si vuole tagliare i capelli dal barbiere Paschalis, nel centro di Drama, riceve un chilo di pesche gratis. "Garantisco che arrivano dal mio orto", conferma il barbiere dal rasoio affilato. Che Lidl sia tedesca per Paschalis non fa differenza. Va addirittura dal "sultano Erdogan", nella vicina Turchia, per rifornirsi di lame  e lamette per rasoi a buon mercato. "Sono sempre piu' convenienti", dice Paschalis. E' una frase in qualche modo familiare.

lunedì 7 novembre 2016

Flassbeck e il problema della casalinga sveva

In una recente intervista al settimanale Kontext, Hainer Flassbeck torna ad attaccare il mantra del risparmio tedesco: la mentalità da casalinga sveva ha contagiato la Germania e sta distruggendo l'Europa. Da kontextwochenzeitung.de


Risparmiare come una casalinga sveva - se la situazione non fosse cosi' seria, Heiner Flassbeck potrebbe solo ridere del mantra della Cancelliera. Nell'intervista di Kontext l'ex sottosegretario di Oskar Lafontaine spiega chi ci sta guadagnando e chi invece no. 

Kontext: Herr Flassbeck, nel 2008 la Cancelliera ha pronunciato una frase poi diventata famosa: "Dovremmo chiedere alla casalinga sveva perché non è possibile vivere a lungo al di sopra dei propri mezzi". E' d'accordo?

Flassbeck: No, per niente. Naturalmente non si puo' vivere al di sopra dei propri mezzi, ma la Cancelliera dovrebbe anche capire che non si puo' vivere al di sotto dei propri mezzi. Chi vive al di sotto dei propri mezzi, obbliga gli altri a vivere al di sopra dei propri mezzi. E questo è esattamente l'errore tedesco.

Kontext: La mia vicina di casa probabilmente direbbe che i greci devono lavorare esattamente come facciamo noi.

Flassbeck: Questo è sbagliato. Il successo tedesco non ha nulla a che fare con il fatto che noi siamo piu' efficienti, ma piuttosto con il fatto che abbiamo tirato la cinghia un po' piu' degli altri. La produttività tedesca non è più' alta che altrove. Ma i tedeschi non si sono concessi molto e in questo modo hanno costretto gli altri a vivere al di sopra dei loro mezzi.

Kontext: Allude ad Hartz IV?

Flassbeck: A tutta la politica salariale degli ultimi 15 anni. C'è stata una forte pressione sui salari, che sono cresciuti meno della produttività. Per questa ragione oggi abbiamo un enorme surplus commerciale, cioè un surplus dell'export sull'import.

Kontext: Risparmiare è molto popolare

Flassbeck: Popolare è un'espressione troppo neutra. Diciamo che nella testa di molti oltre al risparmio non c'è altro.

Kontext: Da cosa dipende il fatto che tutti in fondo stanno dando il loro contributo?

Flassbeck: Io credo che siano in molti a non comprendere la differenza fra pensiero micro e macro-economico. Quando si pensa in chiave macroeconomica, quindi all'economia nel suo complesso, le cose sono diverse rispetto alla prospettiva della casalinga sveva. Di casalinghe sveve ne abbiamo già abbastanza, ma i politici dovrebbero essere qualcosa di diverso.

Kontext: E' sbagliato risparmiare?

Flassbeck: No, in linea di principio non è sbagliato, ma quando si risparmia è necessario che qualcuno faccia anche dei debiti. Questa è pura logica, diciamo contabilità. Il mondo nel suo insieme non ha debiti, perché non c'è nessuno con cui il mondo si puo' indebitare.

Kontext: Le riforme Hartz erano state motivate con i costi eccessivi che il sistema sociale ha dovuto sostenere dopo la riunificazione.

Flassbeck: Con la riunificazione naturalmente i costi sono cresciuti. Ma non c'era alcun motivo per mettere in pericolo la moneta unica europea con un'orgia di risparmio. La domanda è se il prezzo da pagare non è stato forse troppo alto per giustificare il risparmio tedesco, che di fatto non può' cambiare molto, visto che dall'altra parte non ci sono investimenti sufficienti. Possono esserci investimenti solo quando qualcuno è disponibile ad indebitarsi. Molti si basano su di una formazione economica troppo semplice e non riescono ad emanciparsi. Questo è il nostro problema principale.

Kontext: Già 30 anni fà si è occupato dell'accordo sul commercio internazionale GATT (General Agreement on Tariffs and Trade). E' paragonabile con il TTIP?

Flassbeck: E' sicuramente diverso. Ma l'illusione di allora è la stessa di oggi: se si eliminano le tariffe doganali l'economia torna in piena espansione da sola. Questa volta è stato fatto un passo in più'. Il libero scambio di per sé è utile sotto molti punti di vista, ma non è lo strumento per migliorare il nostro benessere.

Kontext: Tornando alla Germania. I salari vengono volontariamente tenuti bassi?

Flassbeck: A differenza dei miei colleghi economisti che parlano solo di mercato, io penso sia più' che altro una questione di potere. Le grandi aziende hanno naturalmente questo potere e nelle trattative salariali cercano di imporsi a loro vantaggio. Solo che il sistema è più' complicato di quanto si pensi. Con questo sistema meraviglioso che ad esempio in Baden-Württemberg ha reso molte persone ricche, la Germania sta andando a sbattere contro il muro. I ricchi possono sempre andare alle Cayman e dire, dopo di me il diluvio. Per un singolo paese può' anche andare bene per un periodo abbastanza lungo, diciamo 15 anni. Ma per l'Europa nel suo complesso è una catastrofe.

Kontext: L'ex presidente DIHT Hans Peter Stihl (imprenditore) è sempre stato contrario alle riduzioni dell'orario lavorativo, e ora si è schierato anche contro la riforma dell'imposta di successione.

Flassbeck: Herrn Stihl lo conosciamo, è il tipico imprenditore svevo che porta avanti il suo pensiero microeconomico, ma di fatto fatto non ha alcuna idea di cosa sia necessario a livello macroeconomico. Queste sono anche le persone che hanno spinto per l'introduzione di Hartz IV durante il governo rosso-verde, con una pressione incredibile.

Kontext: Lo stato ha bisogno di piu' entrate?

Flassbeck: Lo stato al momento non ha bisogno di più' entrate, deve invece spendere di più'. Lo "schwarze Null" (pareggio di bilancio) è ridicolo. Questa mattina in radio ho sentito che a Stoccarda nelle scuole si risparmia ormai su tutto. E' assurdo. Lo stato deve spendere di più'. Puo' aumentare le tasse, e in questo momento puo' prendere a prestito dai mercati finanziari, senza pagare alcun interesse.

Kontext: E' giusto che gli interessi siano cosi' bassi?

Flassbeck: E' una conseguenza della politica sbagliata, ma Draghi non è il responsabile. L'inflazione arriva dai salari. Se si fa una politica deflattiva, si ottiene naturalmente deflazione. Se la BCE si oppone, dalla Germania arrivano solo lamentele.

Kontext: Come è possibile risolvere il problema della disoccupazione di massa?

Flassbeck: Si dice che in Germania ci sia piena occupazione. Ma in Europa c'è una disoccupazione di massa. Il dogma degli ultimi 30 anni, dobbiamo pompare il denaro nelle tasche degli imprenditori è falso. Il denaro guadagnato deve andare anche ai lavoratori. I quali lo spenderanno, e questo tornerà poi agli imprenditori. Ma sono i lavoratori a decidere cosa fare con il denaro, senza lasciare che gli imprenditori continuino ad accumularlo, come avviene in questo momento. Ma lo si vede in tutti i partiti, il dogma è saldamente radicato: fra i Verdi, nella SPD, in ogni caso nella CDU/CSU, di AfD meglio non parlarne. Anche nella Linke molti non sono sicuri di cosa sia giusto fare o non fare. Il dogma della casalinga sveva è profondamente radicato. Siamo cresciuti con questa visione del mondo ristretta. Ci sembra ovvio che sia cosi'.

Kontext: C'è la minaccia costante di spostare le aziende

Flassbeck: Il problema è di facile soluzione. Se nell'Ue volessimo agire seriamente si potrebbe dire: andatevene pure, ma chi si sposta non potrà piu' vendere i suoi prodotti qui. Non ho mai ascoltato un politico - o comunque non negli ultimi tempi- che abbia detto che è scandaloso che gli imprenditori ci minaccino. 

Kontext: Perché la politica sta fallendo?

Flassbeck: E' una domanda chiave che dobbiamo porci: perchè non è possibile nella politica fare un discorso ragionevole su questi temi? Accettiamo che da parte dell'economia sia esercitata una incredibile pressione sulla politica. Io stesso l'ho sperimentato come Sottosegretario al Ministero delle Finanze nel 1998: è incredibile con quale forza le lobby facciano pressione sul governo.

Kontext: Tre anni fà lei ha pubblicato un Manifesto dal titolo "Handelt jetzt!", ha funzionato?

Flassbeck: In Europa no. Il governo americano ha reagito molto meglio ed in maniera diversa - non a causa del libro - alle sfide della crisi finanziaria. L'Europa ha fallito completamente. Gli Stati Uniti hanno abbassato i tassi molto prima dell'Europa, hanno creato domanda pubblica e introdotto una regolamentazione piu' forte. Dove sono state multate le banche  Non in Europa, ma negli Stati Uniti, recentemente Deutsche bank. Perchè? Nessuno se lo chiede in Germania: ma perché una banca non viene punita per gli errori che ha fatto?