Visualizzazione post con etichetta leiharbeit. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta leiharbeit. Mostra tutti i post

lunedì 14 agosto 2017

Prosegue il boom del lavoro interinale che continua ad essere pagato molto meno rispetto al lavoro dei dipendenti diretti delle aziende

Il governo risponde ad una interrogazione parlamentare della Linke sul lavoro interinale. Dai dati emerge che in Germania il boom del lavoro a tempo prosegue indisturbato e che il salario dei lavoratori interinali resta molto piu' basso rispetto a quello dei lavoratori dipendenti assunti dalle aziende. Anche con le nuove leggi il principio della "parità di retribuzione per lo stesso lavoro" sarà valido solo dopo nove mesi. L'obbligo di assunzione dopo 18 mesi è destinato a restare solo sulla carta e probabilmente non avrà alcun effetto. Da deutschlandfunk.de


Un lavoratore interinale riceve solo il 58% del salario mediano generale. Per frenare l'abuso delle forme di lavoro temporaneo la Grande Coalizione nei mesi scorsi ha introdotto una riforma del lavoro interinale. Secondo la Linke, per la maggior parte dei lavoratori questa legge non servirà a nulla.

E' probabilmente la parola tabu' per eccellenza nel mercato del lavoro moderno: lavoro interinale. Nessuno vorrebbe finirci, ma sono sempre di piu' le persone che lavorano per un'agenzia interinale, come indicato da una risposta del governo federale ad una interrogazione parlamentare della Linke. 

Nel dicembre 2016 in Germania c'erano 990.000 lavoratori interinali, il 4% in piu' rispetto all'anno precedente. La risposta del governo evidenzia in maniera chiara che il trend continua ad andare verso l'alto. Perchè è cosi'?

"Le agenzie di lavoro sono come uno scalda acqua istantaneo"

Karl Brenke, esperto di mercato del lavoro presso il Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung di Berlino: "l'industria assume sempre piu' spesso lavoratori interinali, attualmente è un business in pieno boom, soprattutto per quanto riguarda gli ordini legati alle esportazioni. A cio' si aggiunge un altro aspetto, e cioè che i centri per l'impiego fungono da "scalda acqua istantaneo" per le agenzie interinali: le agenzie di lavoro temporaneo hanno bisogno di lavoratori poco qualificati, e i centri per l'impiego glieli inviano subito".

Nel lavoro temporaneo il lavoratore dipendente viene prestato dalla società di lavoro interinale ad un datore di lavoro in cambio di denaro. Indipendentemente da luogo in cui si svolge il lavoro, il lavoratore in prestito viene pagato dal fornitore di lavoro a tempo. Secondo la risposta del governo nel 2016 la retribuzione mediana mensile di un lavoratore interinale era pari al 58% di quella mediana di tutti i lavoratori con assicurazione sociale.


Riforma del lavoro interinale

Per cercare di frenare l'abuso di questa forma di occupazione, la Grande Coalizione (CDU e SPD) ha introdotto una riforma del lavoro interinale entrata in vigore nell'aprile 2017. La legge tuttavia non sembra aver avuto alcun effetto sui numeri reali.

Secondo la nuova legge, un lavoratore temporaneo al massimo dopo nove mesi dovrebbe ricevere la stessa retribuzione dei dipendenti dell'azienda con la stessa qualifica. Inoltre il lavoratore temporaneo puo' essere dato in prestito alla stessa azienda per un massimo di 18 mesi. Dopodiché dovrà cambiare azienda oppure essere assunto dall'azienda per la quale ha lavorato. Gli accordi fra le associazioni dei datori di lavoro e i sindacati possono derogare la legge.

Katja Mast, portavoce della SPD sui temi del lavoro e degli affari sociali, considera la legge un passo giusto e importante, ai microfoni di DF ha detto:

"Possiamo già vedere i primi effetti positivi della riforma, ci sono infatti dei nuovi contratti collettivi nel metalmeccanico, nell'elettronica e nella chimica che già ora recepiscono le nuove leggi e prevedono una migliore regolamentazione del lavoro interinale. Nel complesso, il numero complessivo degli occupati coperti da assicurazione sociale è cresciuto, e se lo si confronta con il lavoro interinale, la crescita è costante".

"La legge non riguarda la maggior parte dei lavoratori interinali"

Secondo la Linke invece con la nuova legge le condizioni dei lavoratori interinali sono peggiorate, come sostenuto dal vice capo-gruppo Klaus Ernst ai nostri microfoni.

"Il problema con la nuova legge è che il principio dello "stesso lavoro, stesso salario" vale solo dopo 9 mesi, ma solo il 25% dei lavoratori temporanei resta cosi' a lungo presso la stessa azienda. La nuova legge non li riguarda affatto. Continueranno ad essere pagati meno degli altri".

Quali saranno i prossimi cambiamenti che interesseranno il lavoro interinale lo si potrà capire solo dopo le elezioni politiche di settembre. Di promesse sull'argomento ne sono state fatto abbastanza.

La Linke chiede nel lungo periodo una abolizione totale del lavoro interinale: nel breve periodo una retribuzione identica a quella del personale permanente, piu' una indennità di flessibilità. I Verdi la vedono allo stesso modo. Anche la SPD promette che in futuro il lavoro interinale, sin dal primo giorno, debba essere pagato tanto quanto il lavoro del personale dipendente dell'azienda con la stessa mansione. Inoltre chiede che i consigli di fabbrica abbiano una maggiore possibilità di intervento. L'Unione nel suo programma elettorale scrive invece che in  merito al lavoro interinale e ai contratti d'opera, grazie alla regolamentazione esistente, sono già stati raggiunti degli importanti miglioramenti.

venerdì 2 dicembre 2016

Lavoro in affitto, schiavitu' moderna?

NachDenkSeiten.de intervista Mag Wompel, giornalista, sociologa ed attivista sindacale, impegnata nella difesa dei diritti dei lavoratori interinali.  

Fra i meccanismi che nel nostro paese favoriscono l'impoverimento e la diffusione della miseria, accanto ad Hartz IV, c'è soprattutto il cosiddetto lavoro in affitto (Leiharbeit), con il quale i lavoratori vengono dati in affitto, come se fossero merci, e spesso sono costretti a vivere in condizioni precarie e in povertà. Nonostante la posizione espressa dalla confederazione sindacale DGB, stesso salario per lo stesso lavoro, c'è da temere che anche la prossima tornata di contrattazione collettiva non cambi la situazione. Intervista alla giornalista e attivista sindacale Mag Wompel.

Frau Wompel, abbiamo già parlato piu' volte della logica disumana di Hartz IV, e del fatto che con Hartz IV le élite abbiano aperto il fuoco automatico sui salariati. Quali sono le conseguenze concrete?

Io preferisco parlare di leggi Hartz, poiché l'Agenda 2010, in tema di politica sociale e del lavoro, non si è occupata solamente di ridurre i diritti dei disoccupati, al suo interno contiene infatti anche norme di deregolamentazione massiccia, ad esempio per quanto riguarda il lavoro interinale. Si tratta di un elemento particolarmente significativo in quanto i lavoratori possono essere messi sotto pressione con due morse: da un lato la paura della disoccupazione, dall'altro la paura dell'impoverimento e della privazione dei diritti nei periodi di disoccupazione. 

Vorrei ribadire che nel nostro paese ci sono circa 5 milioni di persone che non possono vivere del loro salario e che per questo devono chiedere un sussidio Hartz IV. Detto diversamente, e considero questo punto importante, le aziende possono permettersi di pagare uno "stipendio" insufficiente per vivere. Prima, in queste condizioni, dovevano presentare istanza di fallimento, oggi al contrario fanno degli extra-profitti. Perchè? Perché noi lavoratori paghiamo una parte dei loro costi del personale. L'economia di mercato funziona in maniera splendida - soprattutto per il capitale, perché il rischio d'impresa è a carico delle  vittime del sistema.

Questa crescita massiccia della dipendenza dal salario è stata agevolata anche dalla condotta dei sindacati, sotto l'influenza del "feticcio del lavoro", come lo chiamo io: per loro "qualsiasi posto di lavoro" era molto piu' importante, ad esempio, della qualità della vita. E anche oggi, dopo molti anni, motivano la loro ridotta capacità di mobilitazione ripetendo che le leggi Hartz IV ne sarebbero la vera causa: tagli salariali, povertà, intensificazione del lavoro, straordinari non pagati, enormi disturbi da stress - tutto cio' per molti è sempre meglio dello spettro di Hartz IV.

E la situazione continua a peggiorare, perché una volta che la ricattabilità dei salariati è stata riconosciuta, non è facile levarsela di dosso. E non dobbiamo dimenticarlo: in piu' di 10 anni di leggi Hartz, oltre 10 milioni di persone sono entrate nell'inferno dei Jobcenter come clienti. 

Lei parla del lavoro in affitto come di un elemento molto importante in questo contesto. Che cosa si intende per lavoro temporaneo -  e come si è sviluppato nel nostro paese?

Legalmente si parla di lavoro temporaneo per nascondere il fatto che le persone sono date in affitto come se fossero merci: da un prestatore ad un altro che le prende in prestito. Noi invece preferiamo parlare di moderna "tratta degli schiavi". E come in ogni commercio anche qui alla fine ci deve essere un guadagno, che infatti i lavoratori interinali pagano con un salario che è fino al 40% inferiore rispetto a quello dei dipendenti a tempo indeterminato.

La diffusione dei bassi salari anche nel settore del lavoro interinale favorisce sempre piu' una sostituzione dei lavoratori fissi con i lavoratori temporanei. Molte aziende hanno un loro bacino di lavoratori da cui attingono. Quello del lavoro in affitto è stato un settore relativamente stabile e di nicchia fino al 2003: nel 1996 i lavoratori temporanei erano 177.935 mentre nel 2003 erano saliti a 327.789. Hanno continuato a crescere fino a triplicare nel 2011, mentre alla fine del 2016 gli interinali saranno probabilmente piu' di un milione.


Possiamo dire che senza il consenso dei sindacati non ci sarebbe stato il boom del lavoro in affitto?

La risposta piu' semplice è si'. Ma da un lato bisogna anche aggiungere che il lavoro temporaneo non è la sola forma di precarizzazione. La precarizzazione, in quanto condizione di vita e di lavoro non sicura e non pianificabile, inizia con i contratti di lavoro a tempo determinato, passa attraverso le clausole tariffarie diversificate e finisce con i contratti d'opera. Gli ultimi dati disponibili ci dicono che nel 2014 i contratti collettivi si applicavano solo al 45 % degli occupati.

Per i lavoratori a tempo quali sono gli elementi piu' negativi in questa situazione?

Possiamo dire che cosi' come i disoccupati e i migranti sono utilizzati contro la forza lavoro per ottenere rinunce salariali e peggiori condizioni, i lavoratori interinali svolgono lo stesso ruolo all'interno delle aziende nei confronti degli occupati stabili, a volte sono usati anche come "crumiri".

Il lavoro temporaneo non ha una buona reputazione, ed è normale che sia cosi'. I  lavoratori interinali spesso non hanno un'alternativa, in quanto la maggioranza delle posizioni aperte sono nel lavoro interinale e i Jobcenter le propongono ai disoccupati sotto la minaccia di sanzioni. Fino al 40% di salario in meno - con una forte differenziazione a seconda del settore - spesso senza alcun elemento salariale accessorio aggiuntivo e meno diritti. Dei loro pochi diritti la maggior parte non sa nulla, oppure se li conoscono vi rinunciano volontariamente, per paura di perdere il lavoro.

Dalle aziende sono considerati come un fattore per la riduzione del costo del lavoro, fanno paura ai lavoratori dipendenti stabili e in piu' sono un carico di lavoro aggiuntivo perché ogni volta devono ricevere la formazione necessaria. L'economia del lavoro temporaneo al contrario vive di queste differenze salariali e dell'arte di sottrarre una parte del salario alle sue vittime. Anche la nuova legge sui contratti a tempo non cambierà molto. 

Vuole aggiungere un'ultima parola?

Per uscire dalla trappola della ricattabilità di ogni posto di lavoro, che di fatto spinge i sindacati a considerare ogni lavoro temporaneo qualcosa che è sempre meglio della disoccupazione, dovremmo modificare il centro della nostra attenzione. L'immenso settore a basso salario, la diffusione della povertà fra i lavoratori, le divisioni che ci paralizzano, si fondano sull'accettazione su larga scala e a qualsiasi prezzo della dipendenza da un lavoro salariato.

I sindacati, e non solo, hanno perso di vista il fatto che il lavoro ha un senso sociale solo quando riesce a garantire le funzioni di sostentamento e di socializzazione e i suoi frutti hanno un'utilità sociale. Sappiamo che cio' molto spesso non accade. Perché allora non rimettiamo al centro la qualità della vita, e non iniziamo a valutare la qualità del lavoro secondo questo parametro?

martedì 10 dicembre 2013

Mi' cuggino all'abbiemmevvu (parte seconda)

Seconda parte dell'inchiesta giornalistica sullo stabilimento BMW di Leipzig, da "Die Zeit" 

I contratti d'opera e il loro abuso sono stati uno dei temi di discussione durante i negoziati per la nascita della Grosse Koalition.

Il membro del consiglio di fabbrica Köhler ha cercato di sfruttare la risonanza avuta dal caso Daimler di Untertürkheim, e ha ottenuto un incontro con uno degli ex-direttori di stabilimento di Leipzig. "Da noi avrebbero potuto fare dei filmati molto simili", gli ha detto. Non proprio cosi' sfacciati e senza avere i dipendenti BMW che lavorano accanto a quelli delle società esterne. Ma anche nell'impianto di Leipzig i dipendenti di BMW e quelli mal pagati degli appaltatori esterni "montano pezzi per la stessa auto uno accanto all'altro, separati solo da un divisorio" 

Dietro la sottile parete si nascondono i perdenti nella divisione del lavoro, la classe inferiore dello stabilimento.

Ma perché i lavoratori svantaggiati non si ribellano? "Ho paura di perdere il mio lavoro", si sentono dire sempre piu' spesso i sindacalisti della IG Metall Bernd Kruppa e Jens Köhler. Chi si mette troppo in mostra perde ogni possibilità di salire alla classe successiva. La paura e la speranza fanno tenere la bocca chiusa.

Ma ci sono delle eccezioni. Christian Graupner è una di queste. Il 36 enne con un diploma di geometra ne ha parlato perfino alla Cancelliera. Durante una programma elettorale sulla ARD, poco prima delle elezioni di settembre, ha preso la parola: "sono interinale dal 2003", ha raccontato ad Angela Merkel, "ho lavorato sempre per la stessa azienda". "10 anni da lavoratore interinale?", si è meravigliata la Cancelliera, a me sembra un "caso davvero eccessivo". Non era il modo in cui era stato pensato. E ha promesso di esaminare la questione.

Graupner a Leipzig è sempre disponibile per spiegare le caratteristiche della struttura. Lui e i suoi 200 colleghi lavorano per il prestatore di servizi Wisag Produktionsservice (WPS), che a sua volta ha solo un cliente, ThyssenKrupp Automotive Systems. La controllata del gruppo Thyssen Krupp monta le assi delle auto di Leipzig: dal 2002 davanti all'ingresso dello stabilimento Porsche, dal 2004 anche per BMW ma direttamente all'interno dello stabilimento.

"A fronte di 30-40 persone direttamente dipendenti da Thyssen Krupp, ci sono 500 lavoratori esterni a tempo indeterminato", ci dice Christian Graupner, e cioè i dipendenti WPS piu' i 300 delle agenzie di lavoro interinale.

La direzione del gruppo Thyssen Krupp di Essen non contesta le cifre, e anche il fatto che la costruzione fosse stata pianificata in questo modo sin dall'inizio. "Le richieste specifiche dei clienti e l'andamento altalenante degli ordini rendono necessaria una gestione flessibile del personale", si dice da Essen. Senza questa costruzione non sarebbe stato possibile mantenere i posti di lavoro in Germania. Il confine con l'Europa dell'est è molto vicino.

L'attuale Wisag Produktionsservice nasce come una società interna per la fornitura di lavoratori interinali collegata al gruppo Thyssen Krupp. Nel 2009 è stata venduta ad una società di fornitura di servizi dell'Assia. E' rimasto pero' il contratto collettivo firmato con 3 sindacati. E un consiglio di fabbrica il cui presidente è il leader della IG Metall Christian Graupner. Per questo motivo i dipendenti WPS "in media arrivano a 10.65 € lordi". Vale a dire 1.800 € lordi al mese, dice Graupner. Dietro la parete divisoria i colleghi della BMW ricevono qualche centinaio di Euro in piu'. Il lavoro è molto simile. "Che cosa giustifica questa differenza?" si chiede Graupner.

Ma per i dipendenti Wisag non c'è solo uno stipendio piu' basso rispetto ai colleghi del reparto accanto. Per il pranzo alla mensa BMW i dipendenti Wisag sono considerati ospiti e devono pagare 6 €, i dipendenti BMW 3 €, uno dei tanti svantaggi. Il divario diventa molto evidente quando una volta all'anno ai dipendenti BMW viene pagato il premio di produzione. "Quest'anno è stato pari a due stipendi", dice molto soddisfatto il dipendente BMW Köhler. Gli interinali e i dipendenti delle altre aziende se ne sono andati pero' a mani vuote.

"Anche noi abbiamo dato il nostro contributo ai guadagni di BMW", dice il collega Graupner.

Secondo BMW Thyssen Krupp è un "classico fornitore" che fa montaggio direttamente nello stabilimento. Non un partner con un contratto d'opera nel senso stretto del termine. Come per altre società partner, la vicinanza spaziale permette di evitare il trasporto di moduli pesanti su lunghe distanze. Sostenibilità appunto. Per i sindacalisti di IG Metall le ragioni decisive sono altre: "Le case automobolistiche vogliono risparmiare sui costi e spostare la responsabilità altrove". Nella maggior parte degli stabilimenti automobilistici della Germania dell'ovest come quelli Daimler, VW, BMW oppure Porsche, le parti delle auto sono montate da lavoratori con un contratto a tempo indeterminato direttamente dipendenti dall'azienda.

Anche se ora vengono definiti "partner logistici" (citazione BMW) con un contratto d'opera, l'interdipendenza è molto elevata - all'interno di una rete di produzione, in cui le singole parti di un auto devono essere montate in un ordine preciso, una dietro l'altra. Un'operazione di montaggio nello stabilimento in media dura 76 secondi, ogni movimento deve essere preparato, ogni parte deve essere disponibile. Tutti i fornitori di servizi industriali, sia vicino alla fabbrica che al suo interno, devono modificare il loro ritmo di lavoro e allinearlo a quello della fabbrica.

Il rovescio della medaglia di questa interdipendenza è diventato ben visibile nel marzo di quest'anno. Il contratto collettivo dei dipendenti Wisag era scaduto. Graupner e colleghi, tesserati IG Metall all'80%, hanno proclamato uno sciopero di 4 ore per reclamare una tariffa migliore. "Dopo mezz'ora la linea BMW si è fermata", dice Graupner, "poco dopo si è fermata anche la Porsche".

Questi stop di produzione, molto dolorosi per le aziende automobilistiche, in futuro potrebbero diventare piu' freuquenti, almeno per i sindacalisti di IG Metall di Leipzig. "Bassi salari a tempo indeterminato", secondo Kruppa, non sono adeguati per un produttore di "auto del segmento premium". 

"Entrare in BMW era il nostro sogno"

Fino ad ora Maik Zschoche, il cui vero nome è un altro, non c'è ancora riuscito. Ma Zschoche ha organizzato una elezione del consiglio di fabbrica. Il meccanico qualificato lavora per una società che monta le ruote per le auto prodotte nello stabilimento BMW, "anche per la nuova auto elettrica I3". Zschoche è uno dei 93 dipendenti a tempo indeterminato, a questi si aggiungono i "40 lavoratori interinali".

La sua società lavora sui cicli BMW. Il produttore di auto indica esattamente di quali gomme c'è bisogno e su quali cerchi dovranno essere montate. Con poche ore di anticipo Zschoche e i suoi colleghi conosceranno quali ruote e in quale sequenza saranno utilizzate nella fabbrica. Un camion speciale trasporta le gomme per 200 metri fino allo stabilimento. "Entrare in BMW per molti era il lavoro dei sogni", dice Zschoche.

Il giovane di Leipzig ha avuto una carriera tipica per la sua generazione. Non assunto dopo il tirocinio, disoccupato, poi interinale per 6-7 € lordi l'ora. "Anche da single non bastano per vivere", ci dice. Nel suo lavoro attuale ha iniziato come interinale, dopo due anni è riuscito ad entrare come lavoratore a tempo indeterminato, la paga oraria è arrivata fino ai 9 - 10 € lordi l'ora. 

I successi ottenuti dai lavoratori di alcune società appaltatrici hanno incoraggiato anche ai lavoratori degli altri fornitori - il che significa che i manager di BMW dovranno essere pronti ad affrontare presso i loro fornitori di servizi una forza lavoro molto piu' consapevole. Gli effetti si vedono già: con i contratti d'opera non si sta facendo "un dumping salariale", precisa l'azienda. Per le nuove offerte fatte sulle varie fasi della produzione, le aziende esterne saranno obbligate "a pagare i lavoratori secondo i contratti collettivi validi per quella determinata categoria", continua l'azienda. Inoltre, i lavoratori interinali dovranno essere pagati secondo il contratto di categoria e non secondo quello del settore interinale. L'epoca del salario di 8 € lordi l'ora è davvero finita nello stabilimento BMW?

I sindacalisti di IG Metall sono alquanto scettici. Fino ad ora la situazione dei colleghi non è cambiata, dice Bernd Kruppa. Secondo Köhler, invece, BMW potrebbe rinunciare senza troppi problemi ad una piccola parte dei suoi guadagni, e pagare qualcosa in piu' i suoi fornitori esterni. Per gli azionisti BMW non sarebbe una tragedia, "se invece di un dividendo di 2.16 € ne ricevessero uno di 2.10 €".

Forse un aiuto lo puo' dare anche il legislatore. Il leader del consiglio di fabbrica di Wisag, Graupner, ha inviato la pratica relativa alla sua esperienza decennale di lavoratore interinale al Ministero del lavoro di Berlino. Ha saputo che il suo dossier è stato inoltrato al cancellierato. "Ora sto solo aspettando una risposta".

mercoledì 11 settembre 2013

Le leggi Hartz, la svalutazione interna e il boom dell'export: ovvero, quando una diagnosi sbagliata diventa l'opinione dominante

Che ruolo hanno avuto le leggi Hartz nella svalutazione interna degli ultimi 15 anni? Risponde Gerhard Bosch, direttore dell'Institut Arbeit und Qualifikation dell'Università di Duisburg. La lunga fase di moderazione salariale è il risultato di un'analisi sbagliata, diventata poi opinione dominante. Da NachDenkSeiten.de, rivista on-line di analisi politica ed economica.


Quando una diagnosi sbagliata diventa l'opinione dominante

La Germania sin dagli anni '50, anno dopo anno e con pochissime eccezioni, ha registrato degli avanzi commerciali con l'estero. Prima dell'introduzione dell'Euro, gli squilibri commerciali venivano regolarmente corretti con la rivalutazione del Marco. Ma la moneta unica corrisponde, di fatto, all'impossibilità di utilizzare l'aggiustamento dei tassi di cambio come misura correttiva. L'industria dell'export tedesca in questo modo trae profitto dalla mancanza di una pressione verso una rivalutazione dell'Euro, conseguenza del consistente numero di paesi Euro in disavanzo con l'estero.

Protetta all'interno dell'Eurozona da ogni forma di rivalutazione, la posizione competitiva tedesca è migliorata ulteriormente a partire dalla seconda metà degli anni '90. E stato il risultato di una crescita salariale inferiore a quella media dell'Eurozona, equivalente ad una svalutazione interna. Cio' ha portato ad un aumento dell'avanzo con l'estero, nel 2012 pari al 6.5 % del PIL tedesco. In altre parole, in un periodo di 3 anni, la Germania deve reinvestire circa il 20% del proprio PIL all'estero. I surplus tedeschi sono lo specchio dei deficit negli altri paesi dell'Eurozona. E l'economia tedesca, per le dimensioni e l'importanza delle sue relazioni commerciali con l'estero, ha un ruolo unico all'interno dell'Europa. L'apertura dell'economia (export + import come percentuale del PIL) in Germania, Francia, Spagna e Italia nel 1995 era di circa il 50%. Ma nel 2008 il dato tedesco raggiunge il 90%, mentre negli altri paesi si ferma al 60%.


Uno dei paradossi nel dibattito economico tedesco è che le carenze piu' gravi sono percepite proprio in quelle aree in cui la Germania è particolarmente forte, mentre il rafforzamento della domanda interna è scomparso dall'agenda politica. Da 20 anni ormai la politica economica tedesca si  concentra unicamente sull'export e sul miglioramento della competitività. La potente ed influente associazione degli imprenditori è dominata dai rappresentanti dell'industria manifatturiera, il cui obiettivo è incrementare le quote di mercato tenendo bassi i salari. Una campagna mediatica su larga scala centrata sulla "Initiative Neue Soziale Marktwirtschaft" (Nuova economia sociale di mercato) - finanziata sin dal 2000 dall'organizzazione dei datori di lavoro nella meccanica ed elettronica - ha diffuso con successo l'immagine di una Germania che soffre per un elevato costo del lavoro, e per un mercato eccessivamente regolamentato, e che di conseguenza non è competitiva.

La lista di coloro che hanno abbracciato questa visione comprende anche il primo governo rosso-verde. Le leggi Hartz del 2004 avevano infatti l'obiettivo di introdurre in Germania un settore a basso salario. Riducendo i sussidi di disoccupazione per i disoccupati di lungo periodo e ridefinendone i criteri di accesso, le leggi Hartz di fatto hanno aumentato la pressione sui disoccupati spingendoli ad accettare lavori con un salario inferiore del 30% rispetto alla media della zona. La deregolamentazione delle agenzie temporanee e i cosiddetti mini-job hanno permesso di sostituire i lavoratori dipendenti a tempo pieno mediante nuove assunzioni precarie. Nel caso delle agenzie interinali, ai contratti sono stati eliminati i vincoli temporali, e grazie ai nuovi accordi contrattuali i datori di lavoro hanno potuto eludere il principio dell'eguaglianza di trattamento economico fra interinali e dipendenti. Quanto ai mini-job, la soglia minima di reddito è stata aumentata, e ora i mini-job possono essere considerati un secondo lavoro, inoltre, il limite massimo di ore settimanali è stato aumentato, consentendo una riduzione del costo del lavoro. L'accettabilità politica di questi provvedimenti si basava sull'assunto secondo cui i lavoratori poco qualificati e a bassa produttività si sarebbero avvantaggiati dall'ampliamento del settore a basso salario. 

Il settore a basso salario in Germania

Sin dalla fine degli anni '90 i salari tedeschi sono cresciuti piu' lentamente rispetto al resto dell'unione monetaria. La ragione principale è stata la rapida espansione del settore a basso salario, già in corso prima delle riforme Hartz. La quota di lavoratori con un basso salario (meno di 2/3 del salario mediano orario) è passata dal 17.7% nel 1995 al 23.1% nel 2010, passando dai 5.6 milioni del 1995 ai 7.9 milioni del 2010. Una particolarità del settore a basso salario tedesco è la sua dispersione verso il basso, dato che non sono previsti minimi salariali. Nel 2010, 6.8 milioni di tedeschi erano pagati meno di 8.5 € lordi, vale a dire il minimo salariale richiesto dalla federazione dei sindacati tedeschi, mentre 2.5 milioni guadagnavano meno di 6.00 € lordi l'ora.

La maggior parte della crescita in termini assoluti è stata nella Germania dell'ovest, in aree tradizionalmente protette da un'elevata adesione ai contratti collettivi. L'esame della distribuzione dell'evoluzione dei salari adeguati all'inflazione mostra come fin dal 1995 la concentrazione al centro tende a sgretolarsi, mentre molte attività in precedenza ben retribuite si muovono verso il basso. Il lavoro a basso salario non è distribuito ugualmente fra tutti i lavoratori dipendenti: nel 2010 ad essere particolarmente colpiti dai bassi salari erano i giovani sotto i 25 anni (50.8%), i lavoratori con contratto a tempo determinato (45.7%), chi è senza una formazione professionale (39.3%), le donne (30.0%), gli stranieri (31.9%). Nel 2010 il 30% di tutte le donne occupate riceveva un basso salario, ma rappresentavano quasi i due terzi di tutti i lavoratori a basso salario. Un'altra particolarità del settore a basso salario tedesco, rispetto a quello americano, è la bassa quota di lavoratori senza una qualifica professionale: circa l'80%  ha una formazione professionale o un'istruzione superiore. L'obiettivo che le riforme Hartz si ponevano, migliorare le opportunità di impiego per i lavoratori con basse competenze, non è stato raggiunto. 

Fattori che hanno causato l'espansione del settore a basso salario.

L'espansione del settore a basso salario è iniziata 10 anni prima delle riforme Hartz. La causa è stata la diversa politica dei datori di lavoro: da un lato i datori di lavoro hanno approfittato degli alti tassi di disoccupazione per uscire  dalle associazioni datoriali e non essere quindi piu' vincolati dai contratti collettivi. Dall'altro la liberalizzazione di molti servizi pubblici (poste, ferrovie, trasporto locale) ha portato sul mercato molti fornitori privati, non vincolati dai contratti collettivi, che hanno iniziato a fare concorrenza con pratiche di dumping salariale. 

Le riforme Hartz non sono state la causa di questo processo, ma hanno impedito una riduzione del numero di lavoratori a basso salario a partire dalla fase di ripresa del 2005. Le due forme di lavoro deregolamentate, interinale e mini-jobs, nel frattempo sono diventate sempre piu' diffuse: i lavoratori interinali sono cresciuti dai 300.000 del 2003 fino ai 900.000 del 2011,  nello stesso periodo il numero di persone impiegate con un mini-job è cresciuto da 5.5 milioni fino a 7.5 milioni. Fra gli occupati con un mini-job, la quota di lavoratori a basso salario nel 2010 era dell'86%, fra gli interinali era pari a due terzi. La quota elevata di lavoratori a basso salario fra i minijobber puo' essere spiegata dal fatto che in generale, chi lavora con questi contratti, contrariamente a quanto previsto dalla direttiva europea sull'uguaglianza di trattamento economico dei lavoratori a tempo determinato, viene pagato meno rispetto agli altri part-timer. Per i lavoratori interinali, invece, il principio della parità di retribuzione previsto dalla direttiva europea sul lavoro temporaneo, è stato abrogato dagli accordi collettivi, equiparabili a dumping salariale, sottoscritti dal Sindacato Cristiano, vicino alle imprese e praticamente senza iscritti.

Si pensava che la diffusione del lavoro a basso salario potesse rendere piu' facile l'ingresso nel mercato del lavoro ai disoccupati, ed accrescere le possibilità di impiego dei lavoratori meno qualificati. Alle metà degli anni '90, l'OCSE ancora lodava il mercato del lavoro tedesco per le buone opportunità di avanzamento che offriva ai lavoratori con basso salario. Analisi piu' recenti mostrano invece come il lavoro a basso salario sia sempre piu' una trappola. Kalina (2012) mostra come le possibilità di avanzamanto, nel periodo fra il 1975-76 e il 2005-06, siano scese. Mosthaf et al. (2011) mostrano come ogni sette lavoratori a basso salario nel 1998-9, solo uno era stato in grado di uscire da questo settore prima del 2007.

La deregolamentazione del mercato del lavoro non ha avuto effetto sui livelli occupazionali.

La copertura garantita dai contratti collettivi raggiungeva l'80% prima del 1990, ma nel 2010 era scesa al 60% nella Germania dell'ovest, e al 48 % nell'est. Di fatto la contrattazione salariale fra le parti sociali non funziona piu'. In molte piccole e medie imprese e nei servizi, i salari sono determinati unilateralmente dai datori di lavoro, visto che i contratti collettivi non si applicano e i comitati di fabbrica non sono stati istituiti.

Come risultato, i sindacati hanno riconsiderato il loro rifiuto di un intervento dello stato nel processo di contrattazione dei salari, e sin dalle leggi Hartz hanno sostenuto l'introduzione di un minimo salariale. Al momento i minimi salariali sono stati concordati con 12 associazioni datoriali in 12 settori e sono stati dichiarati vincolanti dal governo federale. Gli effetti dell'introduzione del salario minimo sono stati analizzati in otto settori: non sono stati riscontrati effetti negativi sull'occupazione Bosch/Weinkopf (2012). Tuttavia, un cambiamento di tendenza verso una riduzione del numero di lavoratori a basso salario ancora non c'è stato, ed i principali settori che vi fanno ricorso, il commercio al dettaglio, gli alberghi e la ristorazione, non hanno ancora un minimo contrattuale. I tentativi di introdurre un salario minimo nazionale e di riformare le leggi sulla contrattazione collettiva, al fine di rendere gli accordi vincolanti per l'intera categoria, sono falliti a causa dell'opposizione esercitata dal governo federale.

Gli effetti piu' controversi delle leggi Hartz sono quelli sui livelli occupazionali. Gli effetti positivi sull'occupazione sono spiegati dall'aumento del flusso in uscita dalla disoccupazione a partire dal 2005. Tuttavia, poiché  il flusso in entrata verso la disoccupazione nello stesso periodo è aumentato, nonostante la fase di crescita economica, possiamo dire che il flusso tra occupazione e disoccupazione sia aumentato. La ragione per questa crescita del flusso, durante una fase di ripresa economica, è il ricorso a contratti a tempo determinato e interinale, che spesso conducono solo ad un breve periodo di lavoro.

La normativa Hartz è entrata in vigore mentre la Germania stava uscendo da una profonda recessione. Nella successiva fase di ripresa c'è stato un aumento congiunturale dell'occupazione. La domanda centrale è se le leggi Hartz abbiano effettivamente influenzato in maniera positiva la dinamica occupazionale. Horn/Herzog-Stein (2012) hanno confrontato l'intensità occupazionale in tre cicli economici (1999/Q1 – 2001/Q1, 2005/Q2 – 2008/Q1 e 2009/Q2 fino al 2012). Nella prima ripresa, l'intensità occupazionale (la percentuale di aumento dell'occupazione quando il pil aumenta dell'1%) era dello 0.43%, nelle due riprese successive è stata dello 0.35 % e dello 0.39%. Di fatto dopo l'introduzione delle leggi Hartz l'intensità occupazionale è diminuita. I due periodi di ripresa dopo la loro entrata in vigore sono stati quasi interamente trainati dall'export. Le leggi Hartz hanno avuto un effetto di dumping sull'evoluzione dei salari, soprattutto nel settore dei servizi, affondando la domanda interna e l'import, ma hanno avuto un effetto minimo sull'economia orientata all'export. La domanda interna è stata inoltre frenata dal taglio degli investimenti pubblici: gli investimenti pubblici netti in Germania per molti anni sono stati negativi. Il conseguente deterioramento delle infrastrutture avrà un effetto negativo sulla crescita futura.

La Germania condivide la responsabilità di stimolare la crescita economica europea.

Le ragioni della favorevole evoluzione dell'occupazione in Germania non possono essere ricondotte alle leggi Hartz. Sono il risultato della specializzazione del manifatturiero tedesco, nel corso di molti anni, in prodotti di alta qualità, con un tasso di innovazione elevato, investimenti in ricerca e sviluppo superiori alla media ed un buon sistema di formazione professionale. Inoltre, il portafoglio prodotti tedesco, con la sua enfasi sui beni strumentali e le auto, si abbinava alla domanda proveniente dai BRICS e dagli altri paesi in via di sviluppo, e cio' significa che l'economia tedesca non era del tutto dipendente dal mercato europeo. Le leggi Hartz hanno permesso al paese, anche durante la fase di crescita dal 2005 al 2008, di continuare la sua politica di svalutazione interna all'Eurozona, fatta di aumenti salariali e costi unitari inferiori alla media dei paesi Euro Stein/ Stephan/ Zwiener (2012). Poiché la domanda domestica, e di conseguenza l'import, non hanno tenuto il passo dell'export, gli squilibri commerciali nell'Eurozona sono aumentati, creando le condizioni per la crisi Euro. Cosi' l'impatto delle leggi Hartz ha finito per avere una dimensione europea.

La politica economica tedesca continua ad essere caratterizzata dalla sua eccessiva focalizzazione sull'export. Come mezzo per affrontare la crisi Euro, il governo federale ha chiesto agli altri paesi europei di introdurre riforme del mercato del lavoro simili alle leggi Hartz. Questa politica, tuttavia, non può e non sarà applicata a tutti gli altri paesi, poiché solo abolendo le leggi della matematica è possibile che tutti i paesi abbiano dei surplus commerciali. Senza dubbio i paesi del sud hanno bisogno di aumentare la loro competitività. Ma la crisi che inghiotte l'Eurozona potrà essere superata solo se la Germania, l'economia piu' forte in Europa, si assume la responsabilità di creare crescita. E ci sono già dei buoni suggerimenti per fare cio': il primo è la riforma del sistema retributivo con l'introduzione dei minimi salariali e con il rafforzamento degli accordi di categoria esistenti. Un altro è l'aumento degli investimenti pubblici in Germania, preferibilmente sotto l'egida di un programma di investimenti europei.


Further reading
  • Bosch, G. / Weinkopf, C. (eds.) (2008), Low-wage work in Germany, New York: Russell Sage Foundation.
  • Bosch, G. / Weinkopf, C. (2012), Wirkungen der Mindestlohnregelungen in acht Branchen, Expertise im Auftrag der FES, Bonn (Effects of minimum-wage regulations in eight sectors. Expert report commissioned by FES, Bonn)
  • Horn, G. A. / Herzog-Stein, A. (2012), “Erwerbstätigenrekord dank guter Konjunktur und hoher interner Flexibilität“ (Record employment figures owed to upswing and high internal flexibility), Wirtschaftsdienst, no. 3, pp. 151 -155
  • Joebges, H. / Logeay, C. / Stephan, S. / Zwiener, R. (2010), “Deutschlands Exportüberschüsse gehen zu Lasten der Beschäftigten“ (Germany’s export surpluses are being paid for by the workforce), WISO Diskurs, pp. 1-35.
  • Kalina, T. (2012), Niedriglohnbeschäftigte in der Sackgasse ? – Was die Segmentationstheorie zum Verständnis des Niedriglohnsektors in Deutschland beitragen kann (Low-wage workers at a dead-end? How segmentation theory can contribute to understanding the low-wage sector in Germany). Diss. Duisburg, Univ. DU-E.
  • Mosthaf, A. / Schnabel, C. / Stephani, J. (2010), Low-wage careers: are there dead-end firms and dead-end jobs? (Universität Erlangen, Nürnberg, Lehrstuhl für Arbeitsmarkt- und Regionalpolitik. Diskussionspapiere, 66), Nürnberg.
  • OECD (1996), Employment outlook, Paris.
  • Stein, U. / Stephan, S. / Zwiener, R. (2012), Zu schwache deutsche Arbeitskostenentwicklung belastet Europäische Währungsunion und soziale Sicherung, Arbeits- und Lohnstückkosten in 2011 und im 1. Halbjahr 2012 (Weak German labour costs development is putting strain on European Monetary Union and social security. Labour and unit wage costs in 2011 and first half 2012). Reihe IMK Report, Nr. 77.

domenica 17 febbraio 2013

Chi di austerity ferisce, di austerity perisce


I dati in arrivo dall'economia tedesca ci dicono che l'austerity sta avendo un effetto molto negativo anche sulla principale economia dell'Eurozona. Il ramo inizia a scricchiolare sul serio. Da jjahnke.net

Andamento del PIL in rapporto trimestre precedente (Fonte: Statistisches Bundesamt)

Secondo l'ultimo comunicato dell'Ufficio federale di statistica il PIL tedesco nel quarto trimestre è sceso dello 0.6 % rispetto al trimestre precedente (dati destagionalizzati).

Sviluppo del PIL tedesco (dati destagionalizzati) in rapporto al trimestre precedente e allo stesso periodo dell'anno precedente

Di particolare interesse: gli investimenti netti, in calo già dal secondo trimestre del 2011, secondo i dati pubblicati, hanno continuato la loro discesa anche nel quarto trimestre 2012. 

Investimenti netti in Germania (Fonte: Statistisches Bundesamt)

Altri dati dell'ufficio di statistica confermano per il quarto trimestre 2012 un forte calo del fatturato dell'industria tedesca e una riduzione delle vendite al dettaglio.

Andamento delle vendite al dettaglio

Nel confronto internazionale lo sviluppo dell'economia tedesca non è particolarmente favorevole.

Andamento del PIL in rapporto al trimestre precedente (Fonte Eurostat)

Anche l'export sta rallentando, nonostante gli "Hurrà" che arrivano dalla politica. L'ufficio federale di statistica ha titolato cosi' il comunicato sull'andamento dell'export nel 2012: "+3.4 % sul 2011 - esportazioni e importazioni raggiungono nuovi livelli record". I media hanno rilanciato con molto piacere la buona notizia. In realtà, sono dati del passato. Rispetto al mese di dicembre dello scorso anno c'è stato un calo di quasi il 7%. 

Andamento dell'export in rapporto allo stesso mese dell'anno precedente (Statistisches Bundesamt).

Le importazioni tedesche si sono sviluppate in maniera ancora peggiore. Dall'Eurozona rispetto allo stesso mese dell'anno precedente sono scese di quasi il 6.8%. La Germania in questo modo è sempre di piu' l'opposto della famosa locomotiva d'Europa.

Andamento dell'import in rapporto allo stesso mese dell'anno precedente (Fonte: Statistisches Bundesamt)

Anche l'andamento dell'occupazione ristagna dalla metà dello scorso anno.

Andamento dell'occupazione rispetto allo stesso mese dell'anno precedente (Statistisches Bundesamt)

Nei dati sull'evoluzione della disoccupazione le statistiche potrebbero ingannare. Solo il 58 % dei 5.4 milioni beneficiari di sussidi di disoccupazione nel 2013 è stato ufficialmente segnalato come disoccupato. Sei anni prima la percentuale era del 65%. 

Percentuale di beneficiari di sussidi di disoccupazione contabilizzati come disoccupati (parte blu). Bundesagentur fuer Arbeit)

Nonostante tutti gli accorgimenti utilizzati per rendere piu' belli i dati (i disoccupati da piu' di 12 mesi con oltre 58 anni di età non vengono considerati nel numero dei senza lavoro), la disoccupazione cresce dall'ottobre 2012.

Andamento della disoccupazione rispetto allo stesso mese dell'anno precedente (Fonte: Bundesagentur fuer Arbeit)

domenica 1 aprile 2012

Il libro nero del lavoro interinale


Die Zeit ci racconta il lavoro interinale e i suoi effetti sul mercato del lavoro: è solo un mezzo per ridurre il costo del lavoro oppure una reale possibilità di inserimento per i disoccupati? 
La IG Metall mette alla gogna le aziende che fanno estremo ricorso al lavoro in affitto. Nella lista compaiono Porsche, BMW e una controllata Daimler.

Dell'azienda Stelo Telc nessuno conosce il nome. Sebbene sia controllata al 100 % da Daimler. Stelo Tec ha sede a Mannheim e lì produce con un piccolo staff pezzi per motori automobilistici. Di questa azienda normalmente non si interesserebbe nessuno. Ora compare invece in cima alla lista stilata dai sindacati. Le aziende in questa lista impiegano poco personale fisso e un grande numero di lavoratori interinali. Presso la Stelo Tec la quota di lavoratori interinali, secondo le cifre della IG Metall, raggiunge il 66.7 %. E' il valore piu' alto che i sindacati hanno riscontrato in seguito ad una ricerca eseguita su 600 aziende del Baden Wuerttemberg. Questi dati emergono da una piccola pubblicazione della IG Metall il cui titolo è il "Libro nero del lavoro in affitto".

Qualche anno fa i sindacalisti di Ver.di con un altro libro nero avevano denunciato i misfatti dei supermercati LIDL. Adesso la IG Metall fa la stessa cosa - secondo il principio del naming and shaming - nei confronti delle aziende del lavoro temporaneo e dei loro clienti. Alla gogna vengono messe alcune delle piu' importanti società dell'economia tedesca - ad esempio Porsche, BMW, e anche la controllata di Daimler. Le diverse associazioni circondariali del sindacato hanno fatto una lista di chi e di quanti lavoratori in affitto impiega. Il libro riporta i racconti anonimi dei lavoratori e delle loro cattive esperienze fatte con questa forma di lavoro. E' il punto più alto di una lunga campagna, che non a caso è diventata più forte proprio ora. 

Grandi scelte attendono infatti il settore del lavoro temporaneo. Si tratta del salario di 900.000 occupati, di aumenti salariali fino al 50% e delle regole che dovranno essere applicate in questo speciale settore del mercato lavorativo. Da un lato le parti sociali cercano di trovare un accordo. Dall'altro, il ministro del lavoro Ursula Von der Leyen ha dichiarato all'inizio del 2011, che le parti sociali entro un anno devono raggiungere un accordo sull'uguaglianza di salario fra dipendenti a tempo e dipendenti in affitto. In caso contrario il legislatore dovrà intervenire. Il termine fissato dal ministro scade questo mese.

Anche nel centro di sviluppo Porsche ci sono lavoratori temporanei.

I sindacati chiariscono che non sono contrari al lavoro interinale. Ma gli abusi finalizzati a ridurre il costo del lavoro non sono tollerabili. Ci sono stati eccessi. In quali casi i sindacati vedano un abuso non emerge chiaramente dalle liste da loro pubblicate. Tanto più che i numeri pubblicati non sembrano sempre corretti. Bei Stelco TEC il consiglio di fabbrica ha chiarito che la percentuale dei lavoratori interinali non è del 67 % ma del 40 % - una cifra comunque sempre alta. Un portavoce di Daimler giustifica questa percentuale molto alta con il fatto che l'azienda opera in un ambiente di mercato molto ciclico. Inoltre, l'azienda si trova in una fase di lancio di un nuovo camion, per questo motivo i lavoratori in affitto completano gli organici stabili. Presumibilmente il lavoro temporaneo sarebbe utilizzato presso la loro azienda da oltre 6 anni.

L'esempio della Stelo Telc è abbastanza insolito, in quanto l'utilizzo dei lavoratori interinali presso Daimler è stato quasi sempre concordato con il consiglio di fabbrica (Betriebsrat). Il numero dei lavoratori interinali di regola non dovrebbe mai superare l'8% dei lavoratori stabili. Inoltre, a differenza di quanto accade presso Stelo Tec vige una regola di uguale paga: i lavoratori in affitto ricevono la stessa paga dei dipendenti a tempo indeterminato. Secondo le informazioni fornite da Daimler la paga oraria sarebbe di 17.05 €. Questi sono quasi 10 € in piu' del salario minimo per il lavoro temporaneo, in vigore dall'inizio di quest'anno.

Anche in altre aziende esistono regole per i lavorotori interinali. Presso Porsche i lavoratori a tempo secondo le informazioni fornite dal capo del consigliio di fabbrica Uwe Hück, ricevono "la stessa retribuzione, le stesse maggiorazioni per gli straordinari, e le stesse pause dei dipendenti regolari". Inoltre per lo stabilimento principale è stato concordato che i lavoratori temporanei impiegati nella produzione ricevano dopo 5 mesi di lavoro in affitto un contratto a tempo determinato da Porsche. Questa regola non vale solo per gli ingegneri.  Stranamente però il centro di sviluppo Porsche di Weissau emerge nella lista compilata da Ig Metall. Qui su 3.649 impiegati stabilmente, lavorano 890 impiegati interinali. Il portavoce di Porsche al riguardo conferma un numero di lavoratori interinali a 3 cifre, che a causa di un lavoro basato sui progetti subisce delle grandi oscillazioni. 

In molte aziende si muove qualcosa. Anche alla BMW. Da settimane il produttore di automobili discute con il consiglio di fabbrica sull'assunzione dei 1.100 lavoratori temporanei impiegati nello stabilimento di Leipzig. Jens Koehler del consiglio di fabbrica chiarisce: "Stiamo negoziando a livello aziendale sul lavoro interinale e sugli altri strumenti di flessibilità. Sono molto fiducioso che presto su questa strada giungeremo ad un accordo".

"Il lavoro temporaneo è giusto", sostengono i datori di lavoro in una campagna contraria.

Le agenzie di lavoro interinale si difendono con una loro campagna contro il tentativo di demonizzazione. Presentano su internet le opinioni di decine di lavoratori che con nome e foto  chiariscono perché per loro il lavoro temporaneo è giusto. Gli esempi vanno dai lavoratori del magazzino fino agli informatici.  Secondo i loro racconti, i contratti di lavoro in affitto avrebbero portato loro grandi vantaggi. In concomitanza con questi sforzi di PR, le parti sociali negoziano un nuovo accordo salariale. La IG Metall pretende dalle associazioni imprenditoriali di poter inserire un diritto di veto del consiglio di fabbrica all'assunzione di lavoratori temporanei. Contemporaneamente la negoziazione fra le parti sociali è finalizzata al raggiungimento dello stesso livello salariale. Le negoziazioni sono ancora aperte ma è già prevedibile che uno stesso livello di salario non sarà definito dalla contrattazione collettiva. I sindacati  vogliono stabilire  gli aumenti salariali per ogni settore. Accanto a questo, sarà necessario un intervento legislativo, per coprie le aree non raggiunte dalla contrattazione sindacale collettiva. 

In questo modo la palla viene rimandata nel campo della politica. Il ministro del lavoro Ursula von der Leyen non potrà evitare, da sola o con l'aiuto delle sue commissioni di esperti, di decidere a quali limitazioni dovrà essere sottoposto il lavoro in affitto. All'inizio della scorsa settimana uno studio pubblicato dalla fondazione Bertelsmann ha riacceso la discussione sugli effetti del lavoro temporaneo. Secondo questo studio, il lavoro interinale non minaccia in alcun modo i posti fissi.  In media i lavoratori a tempo vengono impiegati presso un'azienda per non più di 3 mesi. Solo il 3% delle imprese avrebbe ridotto gli impiegati stabili per far crescere il numero dei dipendenti interinali. In molti casi le cose sarebbero andate diversamente: entrambi i gruppi di lavoratori sono cresciuti, oppure i lavoratori temporanei sono stati rimpiazzati da lavoratori a tempo indeterminato. 

Lo sviluppo del mercato del lavoro sembra sostenere questa ipotesi. Il lavoro in affitto lo scorso anno è cresciuto di 80.000 posizioni, i lavori coperti da assicurazione sociale (esclusi minijob) sono cresciuti di almeno 700.000 unità. In circa 10 anni il numero dei lavoratori temporanei è cresciuto fino a raggiungere il 2% attuale. Nonostante casi di abuso da parte di alcune aziende, i lavoratori a tempo rappresentano ancora una nicchia del mercato del lavoro. 

Secondo gli esperti, questo sarebbe un motivo per essere prudenti sull'introduzione dell'obbligo di salario identico. Joachim Möller, capo di IAB (Institut fuer Arbeitsmarkt und Berufsforschung) suggerisce di pareggiare il salario dei lavoratori interinali non immediatamento, ma entro un certo numero di mesi dal loro arrivo in azienda. Altrimenti il lavoro a tempo rischierebbe di perdere la propria funzione di possibilità di ingresso nel mondo del lavoro per i disoccupati.