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martedì 30 giugno 2020

Verso la fine del mercantilismo tedesco?

"Probabilmente sono finiti i tempi degli enormi avanzi commerciali tedeschi", dice il grande economista dell'IfW Gabriel Felbermayr. Il coronavirus potrebbe essere l'occasione buona per far guarire l'economia tedesca dalla grave malattia che la affligge ormai due decenni: il mercantilsimo. A sostenerlo sono la Bundesbank e altri importanti centri di ricerca. Ne scrive Euractiv.de


Quello che né Donald Trump né la Commissione Europea erano riusciti ad ottenere con i loro appelli più o meno amichevoli, è riuscito a farlo il coronavirus in poco tempo: secondo le previsioni della Bundesbank e dei principali istituti di ricerca, infatti, l'enorme avanzo commerciale tedesco, da anni sotto accusa, a causa della recessione globale, nel 2020 dovrebbe subire un forte calo.

Per la prima volta dal 2011, l'avanzo delle partite correnti tedesche dovrebbe scendere al di sotto del 6% del PIL - vale a dire il livello che la Commissione europea considera una minaccia per la stabilità economica di lungo periodo. Ci sono sempre piu' indizi che la situazione potrebbe restare inviariata anche nel lungo periodo. "Probabilmente sono finiti i tempi degli enormi avanzi commerciali tedeschi", dice il presidente dell'Instituts fü Weltwirtschaft di Kiel (IfW), Gabriel Felbermayr.

La forza delle esportazioni tedesche e la lunga esitazione del governo federale nello stimolare la domanda interna con una maggiore spesa per infrastrutture, per lungo tempo ha infastidito le organizzazioni internazionali. Il presidente americano Trump ritiene addirittura che il suo Paese sia stato sfruttato dalla Germania e in più occasioni ha minacciato di imporre dei dazi punitivi sul prodotto tedesco di maggior successo all'estero: le automobili. La Commissione UE, invece, si preoccupa soprattutto degli equilibri in Europa: accanto  ai paesi con elevati avanzi commerciali, ce ne sono altri con dei grandi disavanzi da finanziare a debito. E' dal 2014 che la Commissione denuncia regolarmente questo "squilibrio macroeconomico". 

Se le previsioni della Bundesbank sono realistiche, allora le autorità di Bruxelles non avranno più bisogno di farlo, almeno per ora. Secondo le previsioni, infatti, quest'anno l'avanzo delle partite correnti tedesche dovrebbe scendere al di sotto 5% del PIL. Sarebbe il livello più basso da quando è iniziato il cancellierato di Angela Merkel nel 2005, decisamente lontano dal picco dell'8,6% raggiunto nel 2015. Il motivo: è probabile che le esportazioni crollino del 13% a causa della recessione di importanti partner commerciali come gli Stati Uniti, la Francia e il Regno Unito. Le importazioni, invece, dovrebbero diminuire solo del 7%. In questo modo l'avanzo con l'estero si dovrebbe assottigliare. Questo dato, a sua volta, spingerà verso il basso anche le partite correnti, alimentate principalmente dal commercio di beni e in misura minore dai servizi e dai redditi da capitale.

"Il protezionismo colpirà duramente la Germania"

"Con la ripresa dell'economia globale, entro il 2022 il saldo dovrebbe tornare a salire, ma senza raggiungere i livelli degli anni precedenti", afferma il capo economista della Bundesbank, Jens Ulbrich. Anche altri economisti la vedono allo stesso modo, citando in particolare tre argomenti che dovrebbero impedire il ritorno ad un aumento permanente degli avanzi con l'estero: la Cina, l'aumento del protezionismo e i maggiori investimenti in Germania.

"Diversamente dal 2009, la ripresa cinese non sarà trainata da un boom di investimenti che si porta dietro anche le importazioni dalla Germania, ma da consumi interni piu' forti", dice il presidente dell'IfW Felbermayr. Come reazione alla crisi finanziaria globale del 2009, la seconda economia mondiale dopo gli USA, infatti, aveva investito centinaia di miliardi nell'espansione delle sue infrastrutture, per le quali aveva avuto bisogno di beni di investimento tedeschi come i macchinari, i veicoli e le attrezzature. E questo all'epoca aveva aiutato la Germania ad uscire dalla crisi molto più rapidamente di quanto non fosse accaduto agli altri grandi paesi industrializzati.

Nell'attuale recessione causata dal coronavirus, tuttavia, la Germania non può piu' fare affidamento su di un altro salvataggio da parte della Repubblica Popolare. "La Cina, ad esempio, si sta sempre più concentrando su un modello economico orientato al consumo", afferma Isabell Koske, vicedirettore del Dipartimento economico dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). "E cosi' la domanda di beni strumentali tedeschi su un mercato così grande dovrà scendere. Ciò a sua volta ci suggerisce che l'avanzo delle partite correnti in futuro non sarà così elevato come lo è stato in passato".

Inoltre, da quando Trump è in carica, il libero scambio si è lasciato alle spalle i suoi giorni migliori - e questo indipendentemente dal fatto che alle prossime elezioni statunitensi il presidente repubblicano in carica venga sostituito dal democratico Joe Biden. "Molti paesi stanno attivamente perseguendo delle politiche economiche per riportare le produzioni a casa", dice l'esperto di commercio estero Felbermayr. "E questo colpirà duramente la Germania." L'industria automobilistica nazionale, in particolare, ne sta già risentendo, perché la minaccia di introdurre dei dazi sul mercato statunitense ha portato ad uno spostamento della produzione di auto per l'export, che dal 2017 ha visto favorite le fabbriche tedesche in America. Un'indagine condotta dall'Associazione delle Camere di Commercio e dell'Industria tedesche (DIHK) su un campione di 4.500 aziende, per la prima volta ha mostrato che le barriere commerciali e il trattamento preferenziale delle aziende locali saranno tra i cinque maggiori rischi per la loro attività all'estero.



"Una fonte di imbarazzao per l'economia mondiale"

E' probabile tuttavia che gli avanzi commerciali alla fine saranno erosi anche perché la Germania, a causa della crisi, ha iniziato ad investire di più a casa propria. Altri paesi potrebbero avvantaggiarsene, perché ad essere stimolate sarebbero proprio le importazioni tedesche. "Per combattere la crisi non stiamo risparmiando, ma intendiamo finanziare le spese e gli investimenti necessari", dice un portavoce del Ministero Federale delle Finanze. Il pacchetto di stimolo economico contro il coronavirus sarà finanziato con un nuovo prestito record da 218,5 miliardi di euro. Gli investimenti statali aumenteranno in modo significativo, gli oneri per i Laender e i comuni scenderanno, mentre la domanda interna sarà incentivata da misure temporanee come la riduzione dell'IVA o i 300 euro di assegni familiari aggiuntivi. "Si sta facendo di più anche per la ricerca e lo sviluppo, in modo da stimolare maggiori investimenti da parte delle aziende", dice l'esperto dell'OCSE Koske.

Ma la Commissione UE mette in guardia dall'autocompiacimento e consiglia al governo tedesco di continuare a utilizzare le possibilità di spesa esistenti anche per i prossimi anni. "La Commissione UE continua quindi a raccomandare alla Germania di aumentare i suoi investimenti nel digitale e nella rivoluzione verde, nella formazione, nell'istruzione, nella ricerca, nell'innovazione e nella costruzione di abitazioni", sottolinea Nora Hesse, Senior Economic Advisor della Commissione UE. "E questo dovrebbe contribuire a ridurre lo squilibrio tra risparmio e investimento".

Il rinomato economista di Havard Dani Rodrik trova addirittura "impressionante" la risposta data dalla politica finanziaria tedesca alla pandemia. "Se alla fine si dovesse riuscire a ridurre il surplus commerciale con l'estero, sarebbe una buona cosa", dice, e subito dopo manda un messaggio di avvertimento: "Il surplus tedesco degli ultimi anni sconfinava nel mercantilismo, ed era una fonte di imbarazzo per l'economia mondiale".


mercoledì 20 febbraio 2013

Flassbeck: gli economisti tedeschi ci sono o ci fanno?


Heiner Flassbeck, grande economista tedesco, da sempre critico verso la politica economica di Berlino, dal suo blog ironizza sugli economisti tedeschi che accusano di mercantilismo la Francia: ci sono o ci  fanno?
Gli economisti tedeschi sono capaci di tutto. Ieri avevo appena finito di scrivere il mio commento sulla congiuntura citando la dichiarazione davvero geniale del nostro ministro dell'economia Roesler: "rifiuto la svalutazione dell'Euro, ma considero decisiva la battaglia per la competitività". Pensiero immediatamente superato da quello degli esperti economici intervistati da FAZ sul tema.

"La proposta nasce dal tipico pensiero mercantilista di provenienza francese", ha dichiarato il membro del Consiglio dei saggi Lars Feld alla FAZ. La BCE dovrebbe fare attenzione a non seguire il suggerimento di Hollande, sempre secondo l'esperto.

Alla base del mercantilismo, secondo Wikipedia, c'è il perseguimento di un surplus nel commercio estero mediante una pressione esercitata sui lavoratori. "I lavoratori e i contadini dovevano vivere sulla soglia di povertà affinché i beni potessero essere prodotti a buon mercato.  L'obiettivo era la massimizzazione della produttività: il consumo e il piacere dei lavoratori non erano presi in considerazione. Se con un duro lavoro riuscivano ad avere il minimo necessario per il sostentamento, si era allora certi di raggiungere la produzione massima. Salari piu' alti, tempo libero e istruzione per le classi inferiori avrebbero portato al vizio, alla pigrizia e causato danni economici".

I francesi sono dei mercantilisti! La Germania ha ridotto i salari (in rapporto alla produttività) piu' di ogni altro paese, fatto che ha portato con sé una forte svalutazione reale. In Germania la domanda interna è cresciuta molto meno che in ogni altro paese industriale e la Germania ha accumulato avanzi commerciali con l'estero piu' di ogni altro paese nel mondo: ma sono i francesi ad essere mercantilisti.

Mancano le parole. E uno si chiede: è possibile che qualcuno pagato come professore possa fare tutto questo solo per ignoranza?

Aggiungo un testo scritto da me in passato e pubblicato da WSI con il titolo "Mercantilismo globalizzato":

"La Germania è di nuovo in piedi e la Francia non riesce piu' a capire il mondo. Tutta la Francia si chiede: che cosa abbiamo fatto di sbagliato negli ultimi anni tanto da perdere la battaglia economica sul Reno e da un giorno all'altro aver ricevuto dalla Germania il testimone di malato d'Europa. Il mondo si chiede di nuovo, o meglio, si dovrebbe chiedere, come è possibile che il peggior paese fra quelli ad alto salario, socialmente provato, considerato il fanalino di coda e il perdente della globalizzazione, sia risorto come una fenice dalle ceneri dell'economia europea? Dov'è la spiegazione? Dov'è lo specchio che chiarisce le relazioni d'insieme? E' stato Hartz IV? Sono state le numerose riforme? E' stata una scossa che finalmente ha risvegliato la società addormentata?

La risposta è semplice, ma nessuno la vuole ascoltare. E' andata cosi', come accade sempre quando un paese improvvisamente torna a volare ad altezze molto elevate. E' stato come in Svezia e in Gran Bretagna all'inizio degli anni '90, o come in Irlanda alla metà degli anni '80, come in Olanda all'inizio degli anni '80 o come in Finlandia dopo la caduta della cortina di ferro. E in fondo è andata come in Cina dopo il 1993, o in molti altri paesi asiatici dopo la grande crisi finanziaria, come in Giappone o in Svizzera all'inizio del decennio o come in Argentina dopo il crollo del 2001. Tutti questi paesi hanno qualcosa in comune: hanno svalutato drasticamente la loro moneta, prima che il boom iniziasse. O meglio, bisognerebbe dire che hanno fatto una svalutazione reale, migliorato la loro competitività internazionale, non importa se con il tasso di cambio oppure con il dumping salariale.

Questa spiegazione, lo so, non piace a tutti. I non economisti non la amano, perché non la capiscono e preferiscono storie piu' comprensibili. Che cosa significa "eliminare le rigidità strutturali" sarà chiaro a tutti coloro che almeno una volta hanno provato a rimuovere dal rubinetto dell'acqua le incrostazioni di calcare. Che la politica per il miglioramento della propria competitività abbia effetti internazionali, vale a dire la perdita di competitività altrove, viene semplicemente rimosso secondo il motto: il mondo è globalizzato, e cio' minaccia il nostro benessere. Poiché noi siamo sulla difensiva, nessuno ci potrà accusare se cerchiamo di resistere.

Il 99% degli economisti apprezzano questa spiegazione ancora meno. I neoclassici fra loro amano parlare della libertà di movimento dei risparmi, che non puo' essere limitata. Gli illuminati sostengono che i paesi non dovrebbero essere in competizione fra loro, perché la competizione non è una categoria macroeconomica. I sostenitori radicali del mercato sottolineano invece che la competizione fra paesi è necessaria quanto quella fra le imprese e che il risultato finale sarà superiore per tutti. I pragmatici fanno notare che la Germania in precedenza (a causa della riunificazione) aveva un cambio sopravvalutato e che negli ultimi anni ha solo fatto una correzione. Quelli ispirati dalla storia, dicono invece che il mercantilismo è stato superato già da molto tempo.

Perché preoccuparsi delle statistiche quando si hanno degli argomenti cosi' chiari? Le partite correnti tedesche ancora nel 1999 erano in deficit per 27 miliardi di dollari. Nel 2006 l'avanzo era di 160 miliardi di Euro dollari, con una tendenza crescente. La Francia nello stesso periodo ha trasformato un avanzo di 42 miliardi di dollari in un deficit di 45 miliardi. Tutti i paesi sopra indicati dopo il miglioramento della loro competitività hanno ottenuto degli avanzi commerciali. Poiché le partite correnti mondiali sono necessariamente in pareggio, questi paesi hanno spinto gli altri in una situazione di deficit sistematico e hanno migliorato la loro posizione grazie a una politica mercantilista. 

Sarebbe un bel tema per il vertice G-8: quanto è esteso il pensiero mercantilista nel mondo e che cosa si puo' fare contro di esso? Se si discute del ruolo della Cina nel mondo, siamo tutti buoni ad accusare. Perché invece per una volta non interroghiamo sistematicamente i paesi in surplus e chiediamo loro come hanno fatto in poco tempo a raggiungere un avanzo cosi' grande?"

mercoledì 21 novembre 2012

Flassbeck: Germania drogata di export

Heiner Flassbeck, grande economista tedesco, dalle pagine del Financial Times Deutschland attacca il modello economico basato sull'export. O la Germania aumenta la domanda interna, o presto ci troveremo nei guai. Il ramo inizia davvero a scricchiolare? Dal FTD.de
Se i paesi in crisi aumenteranno la loro competitività come sperato, l'export tedesco crollerà. Solo la domanda interna ci potrà ancora sostenere. Incredibile che il Consiglio dei saggi economici nella sua relazione annuale abbia lasciato da parte questo tema.

Eurolandia è in recessione. I Saggi economici (Sachverständigenrat zur Begutachtung der gesamtwirtschaftlichen Entwicklung), nella loro ultima relazione, devono aver pensato che forse è meglio non riportare i dati sulla difficile situazione europea. Quello che non so, non mi puo' far male! In verità i Saggi sono riusciti a nascondere il gigantesco avanzo delle partite correnti tedesco, pari a 150 miliardi di Euro nel 2012. Nelle 390 pagine della relazione, incluse le tabelle, questo dato non si legge da nessuna parte. La relazione inoltre non dice che la piccola crescita attesa per quest'anno (0.8 %) sarà generata esclusivamente da questo avanzo - poiché il contributo della domanda interna sarà nullo! Ma è chiaro e pacifico: anche quest'anno i partner commerciali della Germania accumuleranno altri 150 miliardi di debito. Ma il Consiglio degli esperti non ha il coraggio di spingersi fino a questo punto - perché la Germania senza la droga dell'export non riuscirebbe a sbarcare il lunario.

Detto senza mezzi termini: ci si doveva chiedere, come farà la Germania a crescere se il processo di aggiustamento nel sud Europa andrà avanti e i paesi del sud aumenteranno gradualmente la loro competitività? Perfino Frau Merkel ha annunciato in tempi recenti: il costo per unità di prodotto in alcuni paesi sta scendendo, ci sono buone ragioni per sperare. A cosa dovrebbe servire una riduzione dei CLUP  se non alla riduzione dei prezzi e al raggiungimento di un avanzo commerciale con l'estero? Se i paesi in crisi dovessero ridurre i loro deficit, allora il piu' importante paese esportatore non potrà contemporaneamente mantenere i suoi avanzi. A meno che non si trovi nel mondo un paese disponibile ad accettare una posizione di deficit con  un'Eurozona fortemente in attivo. Un paese del genere, come dimostrato dalle recenti discussioni nel G20, purtroppo ancora non esiste.

Di conseguenza una riduzione dell'enorme avanzo tedesco è inevitabile. E il contributo al PIL proveniente dall'estero dovrà necessariamente scendere. Se la Germania vuole avere ancora crescita e piu' posti di lavoro, dovrà superare lo scoglio del contributo negativo alla crescita dato dal commercio estero. Ma cosa potrebbe succedere ad un paese per il quale il Consiglio di Saggi prevede un avanzo con l'estero invariato, una buona situazione del mercato del lavoro, un aumento delle retribuzioni del 2% e una crescita del reddito disponibile complessivo del 2.5%? E questo con un aumento dei prezzi al consumo dell'1.8%? La risposta è semplice: non può funzionare.

Per poter sostenere l'effetto negativo della riduzione delle esportazioni sul lungo periodo, in Germania la domanda interna, vale a dire consumi e investimenti, dovrebbe crescere ad un tasso completamente diverso da quello attuale. Per stimolare i consumi, i redditi delle famiglie private dovrebbero crescere molto piu' di quanto è accaduto nell'ultimo decennio. Se i salari crescessero ad esempio del 5% annuo per i prossimi 10 anni, i settori che producono per  il mercato interno riceverebbero un forte stimolo e potrebbero attrarre investimenti. Con l'aiuto degli investimenti pubblici si potrebbe avere un aumento della produttività chiaramente superiore all'1.5%, che negli ultimi anni è stato la norma. Anche in termini reali si avrebbe un aumento della domanda interna. Nonostante il contributo negativo esterno, si avrebbe una crescita rimarchevole con la creazione di nuovi posti di lavoro.

Si obietterà che questo è irrealistico perché i sindacati sono deboli e la disoccupazione ha già ripreso a crescere. Bisognerebbe solo non dimenticare che è lo stato ad aver reso deboli i sindacati. Se la politica economica comprendesse il problema, si potrebbero avere accordi salariali ragionevoli senza aiuti o interventi. Se non lo si vuol fare, non resta che lo stato: con piu' spesa pubblica e investimenti potrebbe ancora salvare la congiuntura tedesca. Ma questo è vietato dalle leggi sul contenimento del debito pubblico (Schuldenbremse). Contare su una autonoma ripresa degli investimenti delle imprese, invece, è fuori dal mondo.

Da molti anni le imprese tedesche si sono sorrette con i grandi profitti provenienti dall'export. Profitti finiti piu' spesso in banca, che in investimenti o immobilizzazioni. In ogni caso non si è investito a sufficienza per tenere abbastanza alta la domanda interna. Perché questo dovrebbe cambiare in maniera radicale proprio ora che la domanda esterna sta crollando? E' palese: senza la droga degli avanzi commerciali con l'estero, la Germania non ha un modello economico plausibile.

Tra l'altro, il comitato di saggi (Sachverständigenrat zur Begutachtung der gesamtwirtschaftlichen Entwicklung) era stato fondato per sviscerare i pro e i contro sulle questioni vitali dell'economia. Ora invece sembra non pensare piu' e spreca il suo tempo  e il suo denaro concentrandosi su stretti ambiti settoriali, dove puo' esercitare le sue preferenze ideologiche senza dovere andare incontro a grandi difficoltà argomentative. Che il numero piu' importante dell'anno, un avanzo commerciale di 150 miliardi di Euro, venga nascosto sotto il tavolo, è solo un danno collaterale che a quanto pare non scandalizza nessuno.

sabato 6 ottobre 2012

Mercantilista a chi?


FAZ risponde alle accuse di dumping salariale lanciate dal commissario László Andor. Secondo il quotidiano conservatore si tratta di una polemica inutile, i prodotti tedeschi si vendono perché sono i migliori e gli avanzi delle partite correnti serviranno a sostenere una popolazione in rapido invecchiamento. 

La moderazione salariale ha reso i prodotti tedeschi nuovamente competitivi sui mercati mondiali. Ma per molti la forza dell'export tedesco è un pugno nell'occhio. Alcuni sostengono che questa è la vera causa dei problemi nel sud Europa. Ma l'accusa di mercantilismo  è una sciocchezza. Un'analisi

Il dinamismo delle esportazioni tedesche per molti è un pugno nell'occhio. Sono in molti infatti a considerare gli squilibri della bilancia commerciale come la causa della crisi Euro. Fra questi il commissario agli affari sociali László Andor, che in una recente intervista alla FAZ ha denunciato una presunta "politica economica mercantilista". Secondo Andor, la moderazione salariale avrebbe reso i prodotti tedeschi piu' competitivi sui mercati mondiali e contribuito a causare la crisi dei paesi periferici. Come lui la pensano molti economisti Keynesiani, sindacalisti e politici.

L'accusa di mercantilismo è priva di senso. Con questo termine si identifica una politica dirigista con dazi doganali e sovvenzioni mirate a sostenere le esportazioni, diffusa nel secolo dicassettesimo e diciottesimo  - prima della diffusione delle idee sul libero scambio di Adam Smith. Oggi si potrebbe parlare di una politica mercantilista in Cina. Pechino applica questa politica prima di tutto attraverso il controllo statale del cambio, la cui sottovalutazione può essere corretta solo lentamente, generando una bolla nel settore delle esportazioni.

Parlare di dumping salariale è pura polemica

La moderazione salariale tedesca dello scorso decennio non è stato il risultato di una regolamentazione del governo, piuttosto il frutto di una libera contrattazione sotto la pressione di una disoccupazione di massa. Questo fenomeno può essere inquadrato solo nel contesto degli eccessivi incrementi salariali degli anni '90, dopo la riunificazione. Tali squilibri dovevano essere corretti. Parlare di dumping salariale, come fa una certa sinistra è solo inutile polemica. Da sempre la Germania appartiene al gruppo di paesi con un elevato costo del lavoro, e in Europa si colloca nella parte piu' alta della classifica. I prodotti tedeschi nel mondo non vengono certo considerati come particolarmente economici, ma convincono molto di piu' per la loro qualità e affidabilità. L'export tedesco è cosi' forte anche perché il mix dei suoi prodotti con i macchinari di alto livello, le automobili, la chimica e l'elettronica è ottimale per i bisogni dei paesi in via di sviluppo.

Gli elevati tassi di crescita dell'export verso Cina, India, Brasile, Russia e i paesi arabi esportatori di petrolio sono il motivo principale dei grandi avanzi commerciali con l'estero. Quest'anno il valore dei beni esportati per la prima volta potrebbe superare i 1100 miliardi di Euro, e l'import potrebbe crescere per la prima volta oltre i 900 miliardi di Euro. Nel saldo delle partite correnti deve poi essere considerata la bilancia dei servizi (ad esempio le spese per i viaggi all'estero), e i trasferimenti (ad esempio le rimesse dei Gastarbeiter, gli aiuti allo sviluppo, i contributi alla EU). La bilancia delle partite correnti potrebbe quindi avere un saldo positivo record di 160 miliardi di Euro, 6% del prodotto interno lordo - cio' che nella EU ora arbitrariamente viene definito come livello critico.

Hans Werner Sinn: la Germania consegnava Porsche e riceveva in cambio certificati Lehman

L'avanzo commerciale verso l'area Euro tuttavia nel frattempo si è ridotto, ed è ormai al 2% del PIL. La quota dell'export tedesco diretto verso l'Eurozona, dall'introduzione dell'Euro è scesa dal 46 al 39%. La crescita nella periferia europea non era sostenibile. Con aumenti salariali oltre la produttività si è finanziata una bolla dei consumi, la competitività è scesa, le partite correnti hanno accumulato deficit assurdi. Con un doloroso processo di aggiustamento tutto questo deve ora essere corretto. L'Irlanda ha fatto dei buoni progressi, la Spagna e il Portogallo stanno lottando. La Grecia è finita nella spirale della deflazione, il corso fisso dell'Euro rende il processo molto difficile.

I deficit delle partite correnti sono uno specchio dell'economia, ma la loro interpretazione non è così semplice. I deficit sono sempre un segno di debolezza? Molti economisti nel caso degli Stati Uniti hanno argomentato che il loro saldo negativo è dato dall'attrattività del paese: investitori da tutto il mondo depositano il loro denaro in America, in questo modo gli americani possono permettersi maggiori importazioni di merci e servizi. Questo processo si è trasformato in parte anche in una bolla. Hans Werner Sinn, il presidente dell'Istituto IFO, ha commentato sarcasticamente: la Germania consegnava Porsche in cambio di certificati Lehman. E nel caso del Sud-Europa? Una parte dell'export in quei paesi è stato pagato con assegni non coperti. Ora la fatture minacciano di non essere pagate. In realtà gli esportatori dovrebbero considerarle non piu' esigibili - ma purtroppo ora sono i contribuenti i veri pagatori degli Euro salvataggi.

L'export è un fine in sé e un avanzo commerciale è desiderabile in quanto tale: questo pensano i mercantilisti. Ma in ultima analisi, lo scopo ultimo di ogni attività economica è sempre la soddisfazione delle esigenze dei consumatori.  La Germania ha una popolazione in rapido invecchiamento e per questo può solo rallegrarsi degli avanzi commerciali con l'estero. La generazione dei babyboomer sta ancora lavorando, risparmia e investe una parte del suo patrimonio all'estero. I patrimoni netti tedeschi all'estero - nonostante la crisi - dal 2005 sono raddoppiati raggiungendo circa un  trilione di Euro. Se la popolazione attiva dovesse ridursi, l'avanzo commerciale inevitabilmente cadrà, ed il consumo crescerà piu' della capacità produttiva. Nei prossimi due decenni gli avanzi delle partite correnti scompariranno. Allora l'esercito crescente dei pensionati inizierà ad erodere i patrimoni (all'estero) accumulati in tutta una vita.