lunedì 12 marzo 2018

Oskar Lafontaine: aiutiamoli a casa loro!

Questo blog continua a seguire la battaglia della famiglia Lafontaine (Oskar e Sahra Wagenknecht) per definire la linea politica della Linke sul tema dei rifugiati. Lo storico leader della socialdemocrazia attacca i vertici del partito e rilancia: aiutiamoli a casa loro! Dal profilo FB di Oskar Lafontaine.


Io faccio parte di coloro che ritengono sbagliate e irrealistiche le politiche per l'immigrazione dei leader di partito Kipping e Riexinger - frontiere aperte e diritto di permanenza per tutti (programma elettorale per il Bundestag). Il 90% dei rifugiati non raggiunge i paesi industrializzati. La comunità cosmopolita non si occupa affatto di queste persone. La loro attenzione è rivolta prima di tutto a quel 10% che riesce ad arrivare in Europa. Spesso sono i ceti medi dei paesi di origine a potersi permettere di pagare i trafficanti. Una volta ho definito questo atteggiamento come "umanesimo nazionale". Io sostengo invece un  significativo aumento della spesa per migliorare le condizioni di vita nei paesi poveri e nei campi profughi. E' un principio fondamentale per una politica di sinistra, aiutare laddove il bisogno è maggiore

Katja Kipping recentemente in una conferenza regionale a Monaco ha detto: "Non dobbiamo rappresentare la nostra politica sui rifugiati come una caricatura. La triade della nostra politica resta: combattere le cause della fuga; in secondo luogo, solidarietà verso coloro che arrivano qui e impegno per i diritti dei rifugiati e per la loro libertà di movimento; terzo, noi ovviamente sappiamo che un numero maggiore di persone in arrivo rappresenta un'offensiva sociale per tutti..."

Seguo volentieri questo ragionamento. I vertici del partito già da tempo hanno cessato di rappresentare il programma elettorale e le decisioni del partito. Non c'è stata una singola intervista negli ultimi tempi in cui non abbiano ripetuto la richiesta irrealistica di avere frontiere aperte e garantire a tutti il diritto alla permanenza. Se tutti potessero restare il diritto di asilo diventerebbe del tutto superfluo. Ora la Kipping chiede una legge sull'immigrazione, senza pero' dire chi può' e chi non può' entrare in Germania. Invece di ammettere che la richiesta di avere frontiere aperte e il diritto di residenza per tutti è irrealistico e insostenibile, si continua a parlare di "permanenza per tutti" e di libertà di movimento. Per il sociologo Colin Crouch il cosmopolitismo è l'elemento centrale del neoliberismo. E cos'è la libertà di movimento? Bisogna immaginarsi un politico di sinistra che in fila presso una Tafel inizia a parlare di "cosmopolitismo" e di "libertà di movimento". Sarebbe in realtà la "caricatura" di una politica per i rifugiati.

I leader di partito Kipping e Riexinger nelle conferenze regionali dovrebbero attenersi alla verità e ammettere che non sostengono più' la loro richiesta di frontiere aperte e il diritto di permanenza per tutti. La verità è sempre concreta.

venerdì 9 marzo 2018

Come funziona il reddito di cittadinanza in Germania: Hartz IV non è una passeggiata di salute!


Al di là degli ipotetici assalti ai centri per l'impiego, la vera fake news consiste nell'aver fatto credere che il reddito di sussistenza e le altre forme di sostegno alle persone in stato di necessità siano una passeggiata di salute. 

Purtroppo non è cosi': Hartz IV è un sistema burocratico e vessatorio che spesso annulla la dignità delle persone e costringe ad una vita ai margini della società.

Qui sotto una lista di articoli tradotti direttamente dalla stampa tedesca nel corso degli ultimi 18 mesi. Articoli per chiarire come funziona realmente Hartz IV, il sistema tedesco per il sostegno alle persone in stato di necessità.






Vita di un Hartz IV



Povertà per legge, Hartz IV



La paura di Hartz IV



Gli Hartz IV non possono avere risparmi



Le riforme prossime venture ovvero quando un Jobcenter di Berlino obbliga una giovane madre a lavorare in un sexy shop



Buone notizie per il Lumpenproletariat: le sanzioni Hartz IV potrebbero avere i giorni contati



Un giorno all'Arbeitsamt nella ricca Monaco di Baviera



La nuova frontiera di Hartz IV



Vite da Hartz IV



Il trauma dell'Agenda 2010



Il trauma dell'Agenda 2010 (seconda parte)



Sempre piu' bambini poveri in un paese ricco



Jobwunder e Hartz IV, qualcuno crede ancora ai miracoli?



10,78 miliardi di euro di sussidi sociali Hartz IV che somigliano tanto a sovvenzioni statali per le imprese
















mercoledì 7 marzo 2018

L'alleanza del nord contro l'unione di trasferimento

Otto paesi del nord dell'UE non si fidano piu' di Angela Merkel e temono che la Germania della nuova Groko tradisca il fronte rigorista facendosi sedurre dalle proposte di Macron. Per questo hanno redatto un documento in cui chiedono di tornare al piano originario dell'ex Ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble. Ne parla la Frankfurter Allgemeine Zeitung.


Nella discussione sul rafforzamento dell'unione monetaria, otto paesi del nord dell'UE mettono in guardia da piani troppo presuntuosi o irrealistici. "Ulteriori trasferimenti di competenze a livello europeo dovrebbero essere presi in considerazione solo nel caso in cui vi sia un vero valore aggiunto", è scritto in un documento congiunto dei Ministri delle Finanze dei  Paesi Bassi, Irlanda, Danimarca, Svezia e Finlandia e dei tre Stati baltici, pubblicato martedi'. L'UE deve concentrarsi su ciò che incontra il consenso di tutti i paesi membri. "Alla fine dobbiamo raggiungere un accordo su cio' di cui abbiamo veramente bisogno, non su cio' che alcuni membri vorrebbero", è scritto nel documento. 


Lo sfondo dell'iniziativa del nord sono le proposte dei mesi scorsi in merito all'approfondimento dell'unione monetaria. Al centro ci sono piu' mezzi e maggiori competenze da mettere a disposizione a livello europeo. La Commissione europea propone risorse di bilancio supplementari per i diversi obiettivi dell'area euro: come l'attenuazione dei cosiddetti shock asimmetrici nei singoli paesi, oppure la ricompensa per le riforme economiche effettuate oppure come sostegno per le economie piu' deboli che ancora non sono parte dell'unione monetaria ma che vorrebbero entrare nell'euro. Inoltre le autorità europee chiedono di trasformare il fondo ESM in un fondo monetario europeo (FME) fondato sul diritto europeo. Fino ad ora il fondo ESM è rimasto un trattato intergovernativo fra i paesi della zona euro. Le proposte della Commissione sono state integrate dalle idee del presidente francese Emmanuel Macron a favore di un bilancio separato dell'area euro. 

"Per rafforzare l'unione monetaria sono prima di tutto necessari dei passi decisivi nei singoli stati membri finalizzati al rispetto delle nostre regole comuni", si legge nel documento. Si deve partire dalle riforme strutturali e dal rispetto del Patto di Stabilità, mentre sarà necessario utilizzare gli strumenti economici e fiscali già esistenti. In questo modo ogni singolo paese potrà creare nel proprio bilancio lo spazio per i periodi difficili. Cio' consentirà all'unione monetaria di stabilizzarsi e di raggiungere una migliore convergenza fra tutti i paesi euro. Questa posizione puo' essere considerata come una bocciatura della "funzione di stabilizzazione" proposta dalla Commissione per la gestione degli shock asimmetrici.

La Germania, che fino ad ora era stato considerato il paese portavoce degli stati europei del nord, non è coinvolta nella stesura del documento. A Bruxelles si ritiene infatti che gli otto paesi abbiano voluto prendere l'iniziativa soprattutto perché temono un cambio di direzione del nuovo governo federale. "Fino ad ora per bloccare le ampie richieste di trasferimenti da parte del sud questi paesi potevano contare sul Ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble. Schäuble ora ha un successore della SPD e dall'accordo di coalizione traspare una certa disponibilità ai trasferimenti", afferma un diplomatico dell'UE.

Un'altra ragione dell'iniziativa è la paura degli otto relativamente piccoli paesi di essere  travolti politicamente da un'iniziativa politica franco-tedesca. "Gli stati temono che l'alleanza di governo nero-rossa sia un po' troppo filo-francese. Vogliono anche impedire che siano solo i 2 paesi piu' grandi a decidere sulle riforme", dice un altro diplomatico. Questo ha spinto anche i due paesi non-euro Svezia e Danimarca ad aggiungersi all'iniziativa.

Per quanto riguarda la trasformazione dell'ESM in un FME gli otto stati insistono sulla precedente posizione di Schäuble: il processo decisionale "deve restare chiaramente nelle mani degli stati membri". Le regole di voto e l'organizzazione intergovernativa non devono cambiare. Si dovrà inoltre esaminare se sarà possibile inserire nelle future regole di funzionamento del FME le disposizioni per la ristrutturazione del debito sovrano dei paesi europei. Anche per quanto riguarda l'unione bancaria gli otto paesi mantengono la posizione di Schäuble: è necessario ridurre i rischi bancari prima di pensare di istituire un fondo europeo per i salvataggi bancari da finanziare con i mezzi del fondo ESM. 


Steve Bannon sulle elezioni italiane intervistato da "Die Weltwoche"

Intervista a Steve Bannon sulle elezioni italiane pubblicata da Die Weltwoche, (in inglese).


“Italians want change and they want change now”



Steve Bannon has been in Italy witnessing the elections. Before his first public speech in Europe, in Zürich Switzerland, the former White House security advisor, analyzes the first results of the elections. He talks to Weltwoche foreign editor, Urs Gehriger.


martedì 6 marzo 2018

La vecchia Europa non c'è piu'

Non abbiamo bisogno di farci spiegare le elezioni italiane dai commentatori tedeschi, ogni tanto tuttavia anche sulla stampa tedesca si leggono riflessioni originali. Jens Berger sulle NachDenkSeiten fa un paragone fra Italia e Germania e ipotizza che anche in Italia, dopo Olanda, Francia e Germania, sia iniziato il funerale della socialdemocrazia. Dalle NachDenkSeiten.de


[...] Nel settembre 2017 si è votato in Germania e anche qui è proseguita la tendenza europea avviata in Olanda e poi seguita dalla Francia. I socialdemocratici tedeschi sono scesi al 20.5 %, il peggior risultato di sempre, il partito di estrema destra anti-establishment AfD con una crescita di otto punti percentuali ha raggiunto il 12.6 % ed è uscito dalle urne come il grande vincitore. Se si votasse oggi, AFD sarebbe la seconda forza politica mentre la CDU con il 33% e la SPD con il 15% per la prima volta nella storia della Repubblica Federale tedesca non sarebbero in grado di formare una "grande coalizione". I tempi in cui la Germania era un'ancora di stabilità sono finiti. Si puo' ipotizzare che soprattutto per la resistenza all'apprendimento della SPD anche qui da noi questo trend si sia rafforzato e che la SPD, come i partiti fratelli in Olanda e in Francia, possa sprofondare nella insignificanza ad una cifra, mentre AfD cresce e diventa la seconda forza del paese.

Domenica anche l'Italia ha imboccato questa strada. Sommando i partiti successori della Democrazia Cristiana e della Socialdemocrazia si arriva solo al 32.8% dei voti e in questo modo piu' o meno agli stessi voti dei "5 Stelle" da soli. Nel 2008 il PdL di Berlusconi e i socialdemocratici del PD insieme avevano raggiunto oltre il 70% dei voti. La Lega allora aveva raggiunto solo l'8.3% e i 5 Stelle non c'erano ancora. Oggi il M5S con il 32.6 % è il partito piu' forte mentre la Lega con il 17.4% è il maggior partito nell'alleanza elettorale di centro-destra, che in realtà avrebbe dovuto essere un'alleanza di Berlusconi. Insieme la Lega e i 5S arrivano esattamente al 50% dei voti. Un italiano su due ha votato per un partito anti-establishment, un governo di coalizione senza queste 2 forze non è possibile.

Solo teoricamente, per paragonare la probabilità delle coalizioni si puo' provare a fare un confronto con le condizioni tedesche. Dove avremmo:

- una coalizione di centro-destra fra CDU/CSU, FDP e AfD, in cui AfD è il partito piu' forte

- un movimento eterogeneo anti-establishment, che si puo' pensare come una miscela fra i Pirati e un nuovo movimento per la pace

- un'alleanza di "centro-sinistra" in cui non ci sono partiti di sinitra in senso stretto e in cui i socialdemocratici si leccano le ferite dopo aver subito delle pesanti ferite

- un'alleanza di sinistra insignificante scesa ad un deludente 3.4%

La SPD andrebbe in un'alleanza con AfD a fare il junior-partner? Certamente no. La SPD sarebbe disponibile a sottomettersi ad un movimento anti-establishment tendenzialmente di sinistra con Ken Jebsen come Cancelliere? Probabilmente no. Una coalizione fra 5 Stelle e Lega è ancora piu' improbabile. Rimane la possibilità di un cambio di partito, alla fine la Forza Italia di Berlusconi e il PD di Renzi non sembrano avere un grande futuro davanti. Oppure ci sono le elezioni anticipate.

Come reagisce l'Europa?

Piu' interessante tuttavia è la questione di come l'Europa giornalistica e politica reagisce a questi sviluppi. Se si esaminano le reazioni piu' significative, come ad esempio l'illeggibile analisi di Stefan Ulrich sulla Süddeutsche, bisogna purtroppo affermare che l'establishment non ha capito nulla, proprio nulla. Chi vota contro l'establishment, secondo l'autore sarebbe "irrazionale" e "antieuropeo" e comunque un "populista". La povertà e la disperazione, che allontanano gli elettori dall'establishment, sarebbero "vittime" di cui il paese ha bisogno "per poter vedere una ripresa". Ma della interminabile politica di riforme che il giornalista si auspica anche a nome delle élite tedesche ed europee, gli elettori purtroppo non vogliono piu' sentire parlare. Le elezioni parlamentari in Italia sono state soprattutto il rifiuto esplicito di un'europa tedesca fatta di austerità e mancanza di alternative che con i suoi esecutori materiali locali mette in pratica questa ideologia. Ancora una volta ha colpito soprattutto i socialdemocratici che in tutta Europa non vogliono capire che i loro elettori chiedono un'alternativa reale e progressista.

domenica 4 marzo 2018

Il collasso italiano secondo gli economisti tedeschi

Anche gli economisti tedeschi di rango non sfuggono ai soliti luoghi comuni sull'Italia e per il dopo elezioni preannunciano un inevitabile collasso dovuto alla presunta irriformabilità e ai soliti eccessi debitori. L'Eurozona sarebbe ricattabile. Dal prestigioso Handelslbatt.com


Il presidente dell'Istituto Ifo di Monaco, Clemens Fuest, teme che l'Italia dopo le elezioni possa precipitare in una grave crisi debitoria. Con il programma di acquisto OMT la Banca centrale europea (BCE) ha dato all'Italia il tempo per riformare l'economia. Il paese pero' non ha utilizzato questo tempo per fare le riforme necessarie. "Vi è la minaccia di un altro aumento strisciante del debito e di un'economia stagnante, che nel lungo periodo potrebbe portare ad una bancarotta dello stato", ha affermato Fuest ad Handelsblatt.

Friedrich Heinemann del Zentrum für Europäische Wirtschaftsforschung (ZEW) mette in guarda dalla possibilità che dopo il voto in Italia si formi un governo che in maniera simile a quanto accaduto in Grecia nel 2015 avvii un corso conflittuale con l'Eurogruppo. "Un governo populista a Roma sarebbe uno scenario politico ed economico ad alto rischio che ci porterebbe in una nuova fase di incertezza economica e politica che metterebbe in pericolo l'esistenza stessa dell'euro", cosi' secondo le ipotesi di Heinemann.

"Ora arriva il conto per aver lasciato che l'Europa non si occupasse di  creare una procedura di insolvenza ordinata per gli stati", dichiara ad Handelsblatt l'economista dello ZEW Heinemann. L'Eurozona in questo modo si è resa ricattabile. "I trasferimenti dall'estero, per ragioni perfettamente comprensibili, offrono agli italiani una soluzione decisamente piu' interessante per la soluzione del problema debitorio, rispetto alla necessità fare le dure riforme con gli annessi tagli".

Fuest ha criticato il fatto che nessuno partito italiano abbia un'idea di come poter superare i problemi economici del paese. "L'Italia ha bisogno di riforme radicali e di tagli alla spesa pubblica, affinché l'economia torni a crescere e l'altissimo debito pubblico inizi a scendere", ha sottolineato il Presidente dell'Ifo. Nessun partito tuttavia ha presentato un piano per farlo, al contrario tutti hanno promesso dei "grandi regali elettorali".

Fuest tuttavia non si aspetta turbolenze sui mercati dei capitali dopo le elezioni, indipendentemente da chi le vincerà. "Perché nelle ultime settimane tutti i partiti italiani hanno alleggerito la loro critica nei confronti dell'euro e delle regole sul debito e nessun partito ha dichiarato che l'Italia nel prossimo futuro dovrà uscire dall'euro".

Anche il presidente del Deutsches Instituts für Wirtschaftsforschung (DIW), Marcel Fratzscher, ritiene che sia molto alta la probabilità che il prossimo governo italiano non persegua alcuna politica anti-europea. "Persino i partiti piu' radicali nel frattempo hanno capito che l'uscita dell'Italia dall'euro sarebbe un suicidio politico ed economico", ha affermato Fratzscher ad Handelsblatt. "Non mi aspetto cambiamenti fondamentali nella politica economica del nuovo governo".

I partiti in campagna elettorale hanno fatto delle promesse "coraggiose e talvolta irrealistiche". "A differenza di quanto accade in Germania, tuttavia, il prossimo governo italiano difficilmente aumenterà la spesa e dovrà attuare ulteriori riforme strutturali", sostiene il presidente del DIW. "Abbiamo tuttavia bisogno di pazienza, perché l'Italia si sta riprendendo solo lentamente e ci vorranno ancora molti anni per liberare completamente il paese dagli effetti della crisi finanziaria".

sabato 3 marzo 2018

Flassbeck: "l'UE e Juncker dovrebbero tenere la bocca chiusa"

Il grande economista Heiner Flassbeck intervistato da DLF sul tema della guerra commerciale scoppiata fra USA ed UE non ha dubbi: l'UE farebbe meglio a tacere perché gli Stati Uniti e Trump hanno pienamente ragione, i tedeschi e gli europei dovrebbero mettere in discussione il loro modello di sviluppo prima che sia troppo tardi. In caso di guerra commerciale sono i paesi in surplus con l'estero ad avere tutto da perdere, la Germania è avvertita. Da deutschlandfunk.de


DLF:  l'UE sta cercando di restituire il colpo, i Jeans potrebbero diventare piu' costosi, tra le altre cose. Potremmo chiamarla schermaglia o disputa commerciale - oppure è l'inizio di una lunga guerra commerciale?

Flassbeck: beh, dovremmo fermarci un attimo. E sarebbe bello se in Europa - abbiamo ascoltato diverse voci - ci si fermasse a riflettere e anche Herr Juncker dovrebbe capire che l'uso della ragione non è un sentimento, ma è qualcosa di indispensabile in questa situazione. E la cosa importante da ricordare è che in effetti gli Stati Uniti e l'Europa si trovano in una situazione completamente diversa, una situazione diversa in riferimento al commercio internazionale. Piu' precisamente, l'Europa ha delle enormi eccedenze, che sono principalmente le eccedenze tedesche, mentre gli USA sono in deficit da oltre 30 anni. Mi piacerebbe vedere cosa succederebbe in Europa se da 30 anni avessimo un deficit commerciale. Questa è la cosa piu' importante di cui dovremmo avere piena consapevolezza.

DLF: la colpa non è dei partner commerciali degli Stati Uniti, ma forse è degli stessi Stati Uniti stessi?

Flassbeck: è una narrazione molto diffusa in Germania che sfortunatamente non corrisponde alla verità. Ad essere responsabili naturalmente non sono i partner commerciali che hanno un deficit, ma c'è sempre un fattore scatenante: in Germania è stata chiaramente la moderazione salariale che da 15 anni ha fatto si' che la Germania diventasse estremamente competitiva sotto la protezione dell'euro, questo perché l'euro resta estremamente sottovalutato...

DLF: ma ora i salari sono tornati a crescere.

Flassbeck: no, no, non stanno crescendo con forza, crescono troppo poco. E questo divario è ancora molto grande, ed è ancora troppo grande rispetto ai nostri partner commerciali in Europa e nei confronti del resto del mondo. Abbiamo una doppia sottovalutazione e su questo sono d'accordo anche persone molto distanti fra loro come Hans Werner Sinn e il sottoscritto, c'è una doppia sottovalutazione della Germania. Ed è per questo che abbiamo delle eccedenze cosi' grandi. E non puoi dire che è colpa degli americani, lo si deve chiamare dumping salariale, è una forma di dumping. 


DLF: si potrebbe anche dire che gli americani dovrebbero offrire dei prodotti migliori, con una maggiore domanda all'estero.

Flassbeck: no, è sbagliato. Vede, questo non ha nulla a che fare con la qualità dei prodotti. La qualità dei prodotti si riflette sempre nel prezzo. Ma se un paese come la Germania offre dei buoni prodotti, che all'improvviso costano il 20% in meno, perché i salari non aumentano, allora questi prodotti vengono acquistati. E questo non ha nulla a che fare con la qualità, ma è molto semplice: per una data qualità il prezzo dei prodotti è del 20% troppo basso.

DLF: ma lei non vorrà seriamente considerare la Germania come un paese a basso salario?

Flassbeck: questo non ha nulla a che fare con il lavoro a basso costo...vede, deve capire, ed è importante, che non c'entrano nulla i bassi salari, si tratta piuttosto di un salario troppo basso in relazione alla produttività, dipende sempre da questo rapporto. La Germania è troppo a buon mercato in rapporto alla propria produttività e non possiamo dimenticarci del tasso di cambio che abbiamo nei confronti del resto del mondo.

DLF: torniamo indietro...

Flassbeck: bisogna guardare a casa propria, prima di parlare di guerre commerciali e simili. E io posso solo consigliare agli europei di tenere la bocca chiusa e di non fare nulla per il momento, invece di darsi un tono come sta cercando di fare Juncker.

DLF: questo significa che le contromisure dell'UE, le tariffe ad esempio sui jeans, il bourbon e le motociclette americane lei le considera eccessive?

Flassbeck: si' le considero sbagliate, perché potrebbero portare ad una escalation. Vede, quando un paese ha dei deficit persistenti, allora alla fine ha il diritto di prendere delle contromisure - e addirittura questo puo' essere fatto nel quadro del WTO. Questo è chiaro ed è perfettamente legale.

DLF: ciò significa che l'UE farebbe meglio ad aspettare e a stare a guardare?

Flassbeck: l'UE dovrebbe tenere per un po' la bocca chiusa, esattamente, e vedere se c'è un'intensificazione oppure no. Al momento è solo una misura di piccola portata, ridicolmente piccola. Voglio dire, considerando la discussione che abbiamo qui in Germania, in cui tutti dicono che i prezzi non hanno alcun effetto sui prodotti, perché i prodotti sono troppo buoni, allora è arrivato il momento giusto di dire: se i nostri prodotti sono cosi' buoni allora i dazi non hanno alcuna importanza! In verità i prezzi hanno un ruolo importante, ma al momento le misure riguardano solo pochi prodotti e misurato sul totale del commercio, sono davvero una piccolezza. Nel complesso posso solo consigliare di non avviare un'azione immediata, sarebbe meglio cercare di parlare con Trump e accettare che la sola misura ragionevole per la Germania è quella di ammettere: si' abbiamo capito, non vogliamo nessuna guerra commerciale, faremo il possibile affinché i nostri surplus commerciali spariscano quanto prima.

DLF: il segretario al commercio degli Stati Uniti, Wilbur Ross, ha portato una lattina di zuppa davanti alle telecamere, ha detto, costa 1.99 dollari. E misurato cosi' il prezzo salirebbe solo di 6 decimi di centesimo. Ha fornito un esempio che non ha nessuna influenza per il consumatore. Quali rischi vede per il consumatore, sia qui da noi che là?

Flassbeck: non sono i consumatori ad essere colpiti, si tratta prima di tutto dei posti di lavoro e Juncker lo ha anche detto. Juncker dice di voler difendere i posti di lavoro europei, Trump dice di difendere i posti di lavoro americani. Ecco di cosa si tratta. La Germania difende i suoi posti di lavoro, ma i posti di lavoro della Germania sono principalmente nel settore dell'export. E questo non può funzionare. Chi ha un surplus commerciale, un gigantesco avanzo commerciale come l'UE oppure come la Germania, sta creando dei posti di lavoro a spese degli altri paesi, questo non puo' essere messo in discussione.

DLF: ne abbiamo già parlato, Herr Flassbeck, ma torniamo ai pericoli da lei individuati.

Flassbeck: nel complesso bisognerebbe dire: signori, abbiamo creato dei posti di lavoro nell'export, ci rendiamo conto che non si puo' andare avanti in questo modo e per questa ragione ora vogliamo un ridimensionamento e faremo in modo che anche voi abbiate la possibilità di riconvertirvi.

DLF: tuttavia molti economisti vedono enormi pericoli in arrivo verso di noi. E ieri gli investitori hanno già reagito e i corsi azionari sono crollati. Si tratta di una reazione eccessiva?

Flassbeck: sì, bisogna guardare tutto in prospettiva, come ho detto. Le reazioni sono sempre troppo veloci, senza un attimo di riflessione. E io sostengo sia necessario sedersi un attimo e riflettere su cio' che negli ultimi 20 o 30 anni è successo. E allora ci si rende conto che gli Stati Uniti non hanno poi così torto. Trump ha fatto molte cose sbagliate, non voglio difenderlo, ma nel complesso non si stanno sbagliando così tanto. E bisogna ricordare che anche Obama aveva criticato le eccedenze commerciali tedesche, e non è solo un fenomeno di Trump. Trump ora è il primo a prendere contromisure. Inoltre gli americani potrebbero sempre cercare di far scendere il corso del dollaro, cosa che avrebbe lo stesso effetto, con un impatto quantitativo molto maggiore. Quindi dobbiamo stare molto attenti. E come ho detto, chi ha un'eccedenza commerciale con l'estero si trova in una posizione piu' difficile rispetto all'altra parte. E chi è in una posizione difficile, non dovrebbe rispondere lanciando delle pietre.

DLF: quando Trump scrive su Twitter che le guerre commerciali sono una buona cosa e sono facili da vincere, ha ragione?

Flassbeck: se siano giuste o meno è un'altra questione, non mi voglio esprimere sul suo linguaggio. Ma che a perdere una guerra commerciale sarà il paese che ha un avanzo commerciale è perfettamente chiaro. E che a vincere sarà il paese con un deficit è altrettanto chiaro e giusto.

DLF: diamo un sguardo all'era Bush, quando c'erano i dazi doganali sull'acciaio e non hanno funzionato. E allora perché pensa che questa volta per gli Stati Uniti dovrebbero funzionare?

Flassbeck: che significa non ha funzionato? Bisogna stare molto attenti, per ora è solo una puntura di spillo, una chiamata: fate qualcosa contro i vostri avanzi commerciali, altrimenti saro' io a dover fare molto di piu'. Al momento è poca cosa. In questo senso la questione è un'altra, in qualsiasi senso funzionerà. La questione centrale, che conta nel rapporto fra Europa e Stati Uniti è la seguente: l'Europa è disponibile a implementare un modello economico diverso, vale a dire un modello in cui, come negli USA, ci si concentra sul proprio mercato interno, invece di annunciare ogni giorno - come fa Frau Merkel - che ora tutti devono diventare piu' competitivi e tutta l'Europa deve migliorare la propria competitvità. E questo puo' accadere solo a spese degli Stati Uniti, l'unico paese nel mondo nei confronti del quale questa Europa possa avere ancora qualcosa da guadagnare. E questa è anche una forma di annuncio di una guerra commerciale di cui qui da noi nessuno parla. E su tutte queste cose dovremmo riflettere con un po' di calma, prima di entrare in una escalation.